EURUSSIA nel pallone

Storia dell’integrazione calcistica tra il Vecchio Continente e la Russia che fu degli zar, dei soviet e dei post-comunisti. Stalin arbitro imparziale, Dzerzinskij, Gor’kij e Berija tifosi più che eccellenti. Squadre, titoli, sconfitte e trionfi di un’epoca perduta.


SE VOGLIAMO, L’IMPERO RUSSO DEL PALLONE esordì in un torneo ufficiale proprio contro la nostra Nazionale. Nel 1809 la Finlandia era stata conquistata dalle armate dello zar Alessandro I che l’aveva tolta alla Svezia. Essa rimase un granducato autonomo facente parte dell’impero fino al 6 dicembre 1917 quando dichiarò la propria indipendenza dopo la rivoluzione d’ottobre.

Correva il 1912 e nell’ambito delle Olimpiadi di Stoccolma si iscrissero al torneo calcistico undici nazionali di nove Stati europei. Il 29 giugno nel turno eliminatorio, la squadra di Helsinki eliminò l’Italia (3-2, dts), anch’essa all’esordio in una competizione. Il giorno dopo nel derby panrusso, accadde l’incredibile: l’impero eliminò se stesso. I poco più di tre milioni di finlandesi ebbero la meglio sugli oltre centoventi milioni di russi: 2-1. Una vittoria che annunciava l’affrancamento del seguente lustro.

I bolscevichi scelsero successivamente di non partecipare alle Olimpiadi. Essi erano contrari al carattere aristocratico del Cio, e obiettarono che il puro dilettantismo fosse una paratia che impedisse al proletariato la partecipazione negli sport. Solo i ricchi potevano permettersi di gareggiare con attrezzature, equipaggiamenti e fondi per intraprendere trasferte. Lo schema olimpico però figurava un modello che, mutato nei presupposti classisti, sarebbe stato un’arma potente nelle mani del partito-Stato: la manifestazione non come evento sportivo, bensì meramente politico.

Già nel 1913 la II Internazionale aveva allestito una conferenza a Gent fra le associazioni sportive operaie. Poi a Lucerna nel 1920 si tenne il congresso costitutivo dell’Associazione internazionale per gli sport e l’educazione fisica. I socialdemocratici organizzarono tre Olimpiadi operaie estive: Francoforte sul Meno (1925), Vienna (1931), Anversa (1937); e due invernali: Schreiberhau (1925) e Murzzusch-lag (1931). Le estiva e invernale del 1931 furono superiori per partecipanti e spettatori alle omologhe del Cio tenute nel 1932.

Il partito varò l’Internazionale dello sport rosso nel 1921 per opporsi a Lucerna e al Cio, e dal 1923 iniziarono le feste dello sport e dell’educazione fisica. Dal 1927, sul finire della Nep, la teoria staliniana del social-fascismo – critica all’ibrido turn over alla base della politica capitalistica – indusse l’Isr a organizzare la prima spartachiade dei popoli dell’Urss. Il passaggio fonetico Spartakiada / Olimpiada fu voluto in onore non solamente di Spartaco (lo schiavo tracio che si ribellò a Roma dal 73 al 71 a.c.) ma pure del movimento degli spartachisti tedeschi che fu schiacciato dalla reazione socialdemocratica (1919).

La selezione russia presente alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912

La spartachiade si distingueva per l’inserimento di esercizi militari, danze folcloristiche e prove non competitive assieme agli sport tradizionali. Sebbene ai lavoratori e ai soldati fosse concesso uno sconto del 50% sui prezzi dei biglietti, essi mostrarono alto interesse solo per il calcio. In tal modo la spartachiade rivelò una fondamentale contraddizione fra l’idea del partito verso la concezione polisportiva del tempo libero, e quella del proletariato appassionato del pallone e di poco altro.

E infatti uno dei maggiori vantaggi della spartachiade fu la possibilità di vedere squadre straniere giocare con quelle delle repubbliche sovietiche o di Leningrado e Mosca che, per l’isolamento del paese, avevano poche opportunità di giocare contro club occidentali sia pure formati da dilettanti. I comunisti di Germania e Austria non poterono inviare rappresentative per l’interferenza dei propri governi, mentre Finlandia, Inghilterra e Svizzera onoravano gli inviti.

Ma l’attrattiva principale era l’Uruguay, la cui scuola dominava il mondo. La Celeste, composta di operai e giornalisti, fu eliminata in semifinale, mentre la Sel. Mosca, battendo l’Ucraina per 1-0, si aggiudicava la manifestazione di fronte a una folla record di 50 mila spettatori. Dal 1930 si avviarono anche le spartachiadi per sindacati, esercito, studenti e aziende agricole, e le grandiose e spettacolari manifestazioni delle annuali parate dell’educazione fisica, vere e proprie celebrazioni estive di massa al cospetto di Stalin che dal mausoleo di Lenin, per tre-quattro ore salutava indicando la via.

Il calcio sovietico precedente la seconda guerra mondiale si può dividere in due periodi: prima e dopo la nascita del campionato (1936: Dinamo M.), coincidente con la costituzione staliniana approvata dopo la fine del torneo. Le sfide tradizionali Pietrogrado-Mosca continuarono nel corso della guerra civile (1917-21), e i club prerivoluzionari Skl e Olls si trasformarono rispettivamente in Mks (1922) e Armata Rossa (1928, attuale Cska). Nel 1935 il presidente del Mks, Nikolaj Starostin, lo ribattezzò Spartak, dopo la lettura della traduzione in russo del libro Spartaco del garibaldino Raffaello Giovagnoli (1838-1915).

Nel 1923, invece, fu fondata la squadra prediletta del partito, la Dinamo Mosca, anch’essa società prerivoluzionaria creata nel 1887 in una fabbrica. La Dinamo fu posta sotto il controllo di Dzerzinskij, creatore e capo della polizia segreta, la Ceka (dal 1922 Gpu), e del commissariato del popolo agli Affari interni. Il primo tifoso della Dinamo, e pure suo funzionario, era lo scrittore Maksim Gor’kij. Due anni dopo nacque la Dinamo Tbilisi che aveva fra i propri sostenitori il georgiano Berija, già ex calciatore e direttore della Divisione politica segreta della Gpu transcaucasica.

La Dinamo Tbilisi del 1926, un anno dopo la sua fondazione

Come abbiamo visto l’isolamento diplomatico impediva al calcio sovietico di misurarsi con quello estero, oltre al fatto che l’Urss non era membro di organizzazioni internazionali sportive. Gli unici incontri erano svolti con club operai, e gli stessi socialdemocratici rifiutavano d’inviare sodalizi. Negli anni Venti si giocò in Estonia e Scandinavia contro squadre di dilettanti. Però i tecnici sovietici si rendevano ben conto dell’inferiore spessore degli avversari.

Furono le decisioni geopolitiche di Stalin a far compiere un grande passo in avanti al pallone rosso. Nel 1934 l’ammissione alla Società delle Nazioni e la politica dei fronti popolari – abbandonata la teoria del social-fascismo – condusse le società sovietiche a confrontarsi a livelli elevati. Dopo una vittoria in Francia contro il Saint-Louis (5-2), il 14 ottobre 1934 la Sel. Mosca superò per la prima volta dei professionisti: lo Zidenica Brno (3-2). Una grande: terza alla fine del campionato 1934-35 di quella Cecoslovacchia vicecampione del mondo quattro mesi e quattro giorni prima, quando fu sconfitta dall’Italia il 10 giugno.

L’anno dopo l’Ucraina surclassò a Parigi la formazione di serie A del Red Star Olympique (6-1). La fortissima Sel. Praga in Urss ottenne due pareggi (Leningrado e Mosca) e una vittoria (Kiev): partite per la prima volta trasmesse per radio. Risultati ottimi, tenendo conto che i sovietici erano del tutto autodidatti. La Sel. Dinamo M./Spartak accettò un invito in terra transalpina e a capodanno 1936 fu superata di misura (2-1) dal Racing Club Parigi che avrebbe vinto lo scudetto e che aveva pareggiato con l’Arsenal, campione d’Inghilterra. Fu questa sconfitta a convincere il partito a strutturare il calcio secondo il sistema occidentale, accettando sottobanco il professionismo (che costò caro allo Spartak che pagava di più) e cercando di arginare le violenze negli stadi manifestatesi sin dal 1926.

Nel 1936 fu istituita anche la Coppa (Lokomotiv M.) e il 21 giugno il Comitato per gli affari sportivi e l’educazione fisica passò sotto il controllo diretto del Consiglio dei commissari del popolo. Nuove squadre stavano conquistando il cuore dei tifosi: quella dei lavoratori dei trasporti Kor (1923, poi Lokomotiv); della fabbrica Zis di automobili, Rdpk (1924, poi Torpedo); Dinamo Kiev (1927); Traktor Stalingrado (1929, poi Rotor); Stakhanovec Stalino (1936, poi Sakhtar), e altre.

Il calcio europeo basava gran parte del suo prestigio sulle amichevoli. La Dinamo Mosca ne svolse diverse in Cecoslovacchia, ma il clou si ebbe quando la Sel. di Euzkadi, nei quali giocavano calciatori dell’Athletic Bilbao, campione di Spagna 1936, nonché il basco Isidro Làngara Galarraga, giunse a Mosca il 16 giugno 1937 come segno di gratitudine per l’aiuto che l’Urss prestava alla causa repubblicana. Lo squadrone iberico nacque dall’iniziativa del presidente del governo basco José Antonio Aguirre y Lecube, già calciatore dell’Athletic Bilbao. Affluirono nella capitale sovietica richieste per ben due milioni di biglietti, e tutte le partite furono radiotrasmesse.

I baschi batterono il Lokomotiv (5-1 e 5-0), la Dinamo M. (2-1 di fronte a 90 mila spettatori, e 7-4) e la Dinamo Kiev (3-1). A Tbilisi, 2-0 contro la Dinamo e 3-1 con la Georgia, e vittoria con la Dinamo Minsk (6-1). Pareggio con la Dinamo L. (2-2). L’Izvestija scrisse che «i nostri campi non hanno mai visto un gioco di così alta classe». Salvò l’onore lo Spartak che batté 6-2 gli avversari ormai stanchi, grazie a un rigore sul 2-2 contestato pure dai tifosi locali che fiaccò gli iberici (l’arbitro era un funzionario del club sovietico). Quell’anno lo Spartak vinse pure il torneo calcistico dell’Olimpiade operaia di Anversa.

1945: la Dinamo Mosca entra a Stamford Bridge nel corso della storica prima tournee in Inghilterra

Conclusasi la stagione 1945 il partito si mosse in due direzioni geopoliticamente opposte. Decise di accettare l’invito degli alleati di Londra per una tournée presso i maestri del calcio, e poi di mandare una forte rappresentativa sulle coste del Mediterraneo. La trasferta britannica del novembre 1945 fu affrontata nella massima cautela. La Dinamo Mosca si portò il cibo da casa e man mano lo consumava in ambasciata per timore di inconvenienti. La Dinamo inferse al calcio britannico la prima delle sei grandi umiliazioni da esso subite.

Pareggio col Chelsea (3-3) davanti a quasi 100 mila spettatori; la Dinamo sbagliò un calcio di rigore, e The Guardian scrisse: «The result was a draw of three goals each but on the day’s play Dynamo should have won with a comfortable margin to spare». In seguito 10-1 al Cardiff City (40 mila spettatori). Poi la grande vittoria contro l’Arsenal (4-3; 55 mila spettatori), la quale aveva chiesto rinforzi ad altre squadre, col pretesto che alcuni suoi calciatori fossero fuori forma per la guerra o sotto le armi, suscitando la protesta della Dinamo che a quel punto sosteneva di doversi incontrare con la Nazionale inglese.

In ciò i sovietici riscossero il sostegno del Times: «The Russians also have been at war, but their football is not bad in consequence». Chiuse il pareggio col Rangers Glasgow (2-2; 90 mila spettatori). Un trionfo del calcio sovietico, trasmesso pure da Radio Mosca. Le nubi, però, s’addensavano sull’orizzonte. Il discorso di Fulton di Churchill il 5 marzo 1946 sulla «cortina di ferro», provocò la risposta di Stalin sulla Pravda del 14. Era iniziata la guerra fredda, e il precedente lungo telegramma di Kennan da Mosca il 22 febbraio, sarà pubblicato su Foreign Affairs solo nel luglio ’47.

Ora spostiamoci sulle rive del mar nostro. Contrariamente a quanto pensino i fan di Tito, la Jugoslavia non si liberò da sola dai nazisti, ma ebbe un decisivo aiuto dall’Armata Rossa sovietica, come le pubblicistiche moscovita e non c’insegnano. Il primato spetta unicamente ai comunisti albanesi e a nessun altro. E fu per questo motivo che Mosca, dopo Fulton, volle darsi una visibile presenza ufficiale a Tirana che andasse oltre il semplice edificio ambasciatoriale e nel contempo marcasse una presenza geopolitica pure nello Ionio.

Nell’aprile 1946 lo Spartak si portò in Albania, e il primo maggio tenne a battesimo la Nazionale locale vincendo per 2-1 grazie anche a un rigore iniziale concesso da Nikolaj Latisev. Trentuno giorni prima, a Belgrado, la II Conferenza balcanica dell’educazione fisica aveva già stabilito il calendario delle balcaniadi che si dovevano tenere in Albania dal 6 al 13 ottobre 1946 e che mostrarono la vitalità della diplomazia sportiva sovietica e degli organizzatori locali. Il primo campionato internazionale sia calcistico (VIII ed.) che di atletica (XIII ed.) allestito in un continente ancora sanguinante dal conflitto.

Sempre nel 1946 l’Urss fu accolta nella Fifa. Stalin intanto preferì rinviare l’esordio olimpico poiché non v’erano le condizioni per una partecipazione dignitosa a Londra, e il Cc del partito alla fine del ’48, in una pubblica risoluzione, richiese agli sportivi la vittoria e non solo la partecipazione alle competizioni esterne.

Dal ’46 al ’48, Torpedo, Dinamo Mosca e Armata Rossa collezionarono spettacolari vittorie in Ungheria, Svezia e Cecoslovacchia: tutt’e tre futuri vicecampioni del mondo. Le tournée ripresero nel 1950 quando lo Spartak giocò in Norvegia. In seguito i club di Mosca presero a fronteggiarsi con le nazionali dell’Est, anche perché la Federcalcio sovietica non aveva ancora convocato una propria Nazionale in pianta stabile. L’ultimo capitolo del periodo pre-competitivo si svolse a Tirana nel giorno del XXXIV anniversario della rivoluzione d’ottobre: Albania-Spartak 1-1 (7 novembre 1951).

Dopo l’esordio internazionale della nazionale sovietica alle Olimpiadi del 1952, quattro anni più tardi a Melbourne arriverà la medaglia d’oro

Il 21 aprile 1951 ebbe vita il Comitato olimpico sovietico e il 7 maggio entrò nel Cio. L’Urss partecipò alla XV Olimpiade. La Nazionale esordì contro la Bulgaria (2-1) poi s’incontrò con la Jugoslavia (Gianni Brera testimone sul campo). La partita finì 5-5, con i sovietici che a 15′ dalla fine erano sotto di quattro reti. Lo spareggio lo persero (1-3), e molti pagarono di persona: l’Armata Rossa fu esclusa dai campionati 1952 e 1953. Non si poteva perdere contro Tito!

L’alloro inaugurale fu colto a Melbourne 1956, vendicandosi della Jugoslavia (1-0). Quattro anni dopo fu la volta dei primi campionati europei, ancora contro la Jugoslavia (2-1, dts), in porta il grandissimo Lev Jasin. Per poi chiudere con le Olimpiadi di Seul 1988 ai danni del Brasile (2-1, dts). Non dimentichiamo il quarto posto ai Mondiali 1966, quando in finale il guardalinee sovieto-azero Tofik Bakhramov fece convalidare l’inesistente rete dell’Inghilterra contro la Germania Federale. Favore restituito agli inglesi che li avevano accolti a Londra nel 1945.

Visto il buon esito dei Mondiali, i sovietici salirono alla ribalta delle coppe europee. Furono l’Inter di Angelo Moratti e l’Ofk Belgrado a battezzare rispettivamente la Torpedo nella Coppa dei campioni e lo Spartak nella Coppa delle coppe (28 settembre 1966). Nella Coppa delle Fiere l’Unione Sovietica rifiutò di partecipare non condividendo il presupposto capitalistico delle esposizioni campionarie. E nel 1971-72 l’Urss esordì con ancora lo Spartak alla stessa competizione organizzata per la prima volta dall’Uefa. Nella medesima stagione la Dinamo Mosca pervenne alla finale di Coppa delle coppe contro il Rangers Glasgow (2-3). Partita memorabile, la più grande finale della storia delle coppe. La sconfitta che trasforma in leggenda l’unico grande club russo-sovietico senza trofei.

Poi arriveranno le vittorie nella stessa manifestazione di Dinamo Kiev contro il crepuscolare Ferencvàros Budapest (3-0) nel 1974-75; di Dinamo Tblisi (1980-81) e ancora Dinamo Kiev (1985-86). Crollerà l’Urss, ma l’Armata Rossa, questa volta russa, vincerà la Coppa Uefa 2004-05, e lo Zenit non più di Leningrado, lo stesso trofeo nel 2007-08.

Il calcio sovietico è stato l’emanazione di un irrealizzato sogno politico collettivo. I nomi di Dinamo Mosca, Spartak, Torpedo e Armata Rossa resteranno per sempre scolpiti nella memoria di tutti. In definitiva lo sport ha rappresentato l’unica affermazione che il socialismo reale possa accampare sul capitalismo: la vittoria in ben cinque su otto scontri diretti olimpici nei confronti degli Stati Uniti. Se si sia trattato di un successo o di un’illusione, sarà solo la storia a deciderlo.

Testo di Giovanni Armillotta