BECKENBAUER Franz: il kaiser del calcio tedesco

Prologo

Franz Beckenbauer, Kaiser-Franz per i tedeschi, è senz’altro fra i giocatori che hanno vinto tutto quanto c’era da vincere. Coppe dei Campioni, Coppa Intercontinentale, Coppa delle Coppe, campionati e Coppe di Germania con la maglia del Bayern, Coppa del Mondo e Coppa delle Nazioni con la maglia bianca della Nazionale, Pallone d’Oro come miglior calciatore europeo in due occasioni (1972 e 1976), un palmares ricchissimo al quale si aggiunge il record delle presenze nella Nazionale di Germania (103 di cui le ultime 59 consecutive), ma le cifre non definiscono totalmente ciò che Beckenbauer è stato per il calcio mondiale.

Apparso sulla scena internazionale giovanissimo, ad appena 20 anni nel corso dei Campionati del Mondo d’Inghilterra, Franz fece intravedere capacità tecniche eccezionali. Fu un grande mediano d’attacco dalle caratteristiche ben precise. L’eleganza di palleggio, la perfetta coordinazione della corsa, il lancio preciso e smarcante d’esterno eseguito con una facilità irridente, il tiro rapido e preciso, ne fecero una figura di spicco nella Nazionale tedesca che, complice il guardialinee Bakramov, fu costretta alla resa nella finale dai padroni di casa.

Dopo i Mondiali, Beckenbauer fu inserito nella schiera dei grandi del Continente, ogni sua esibizione toccava i limiti della perfezione, ogni intervento era sempre accompagnato da un misto di tecnica perfetta, da una eleganza e da una coordinazione sempre rispettate, come se sotto l’incedere possente dell’avversario Beckenbauer non potesse rinunciare a nessuna delle sue caratteristiche. Se da mediano raggiunse la caratura che lo collocava fra i migliori nell’arengo mondiale, quando Schoen ebbe l’intuizione di metterlo alle spalle di tutti per toglierli l’assillo della marcatura e dargli spazi più liberi per le sue incursioni, Franz Beckenbauer toccò i vertici delle sue capacità. Perché la sua interpretazione del ruolo di «libero» è quanto di più perfetto si sia mai potuto vedere su di un campo di calcio.

Nasce il “Kaiser”

Il futuro «Kaiser» del calcio tedesco nasce in un paesino nei dintorni di Monaco, Giesing, l’11 settembre del 1945. In una Germania occupata dagli eserciti stranieri, le strade della città colme di macerie, con la miseria presente in ogni casa ed in ogni angolo, i quattro calci ad una palla di stracci erano il divertimento d’obbligo della prima generazione del dopoguerra tedesco. Il piccolo Franz aveva talento, era molto dotato e intelligente, come testimoniano i voti delle sue pagelle.

Il calcio è molto importante per la famiglia Beckenbauer, che dà importanza alle qualità del piccolo Franz. Il fratello più anziano di circa quattro anni, lo segue attentamente quando gioca come centravanti nel
Monaco 1906 e lo sollecita ad impegnarsi a fondo quando sa che alcuni osservatori del Monaco 1860 lo stanno seguendo con attenzione. Ma i casi della vita determinano svolte importanti, e proprio durante una finale di un torneo ragazzi fra Monaco 1906 e Monaco 1860 una rissa generale e un sonoro ceffone, spingono il tredicenne Franz a cancellare la prestigiosa squadra bavarese dal proprio futuro.

Conseguentemente verso la fine di maggio del 1958 il piccolo Franz con alcuni compagni si presenta alla sede del Bayern per sollecitare un provino collettivo e Beckenbauer è fra i pochi che vengono accettati. A quei tempi, il Bayern giocava nella Lega Sud senza grandi risultati, così come grandi cose non aveva mai fatto nel corso della sua lunga storia. Il Bayern infatti fu fondato il 27 febbraio del 1900 e fu costretto per lungo tempo a vivere nell’ombra del più prestigioso Monaco 1860. Prima di assurgere ai vertici del calcio tedesco e poi di quello continentale, il Bayern riuscì a centrare solamente due traguardi che contraddistinguevano piuttosto blandamente il suo blasone. Aveva vinto un campionato tedesco nel 1932 a spese dell’Eintracht di Francoforte e nel ’57 una Coppa di Germania battendo nella finale il Fortuna Dusseldorf.

Un bottino molto modesto anche se nel dopoguerra era assurto alla carica di presidente del sodalizio, il costruttore edile Wilhelm Neudecker, impresario molto capace e dotato della giusta ambizione per dare impulso alle attività della squadra bavarese. Quando l’11 maggio del ’63 furono designate da parte della Federazione tedesca occidentale, le sedici società invitate a partecipare al primo campionato nazionale (Bundesliga) e il Bayern non era fra le sedici elette a vantaggio dell’odiato Monaco 1860, Neudecker ritenne la scelta altamente arbitraria ed oltre agli esposti alla Federazione che lasciarono le cose come stavano, minacciò le vie legali per ottenere giustizia.

Ma l’esperienza gli servì da stimolo per conquistare in pochissimo tempo la promozione alla serie Nazionale. Assunse Zlato Chaikovskj il grande mediano jugoslavo degli anni ’50 come allenatore e nel giro di due anni conquistò la sospirata promozione, con una squadra molto giovane, dall’età media di circa ventidue anni nella quale quale spiccavano il portiere Sepp Maier, cresciuto nel vivaio assieme a Franz Beckenbauer che giocava al centro della mediana e Gerd Muller arrivato nel 1964 dal Noerdlingen.

L’impatto con la Bundesliga fu abbastanza traumatico per la compagine di Neudecker. Il primo incontro prevedeva nientemeno che il derby con gli odiatissimi rivali del Monaco 1860. Comunque con: Maier; Kunstwadl Olk; Drescher Danzberg Beckenbauer; Nafziger G. Muller Ohlhauser Koulmann Brenninger il Bayern fece il suo ingresso nella Bundesliga, e anche se il primo incontro si chiuse con una sconfitta di misura (0-1) fece subito capire le proprie ambizioni. Allora il Monaco 1860 era molto più forte poiché disponeva di calciatori esperti come Timo Konietka, Brunnenmeier, Kuppers, Radenkovic e Perusic ed infatti l’odiato nemico riuscì a prevalere nella classifica finale con 50 punti nelle trentaquattro partite disputate.

Ma il Bayern non si classificò molto lontano, secondo a pari merito con il Borussia Dortmund a soli tre punti dal vincitore. Le cose però andarono assai diversamente in Coppa di Germania. Fin da allora il Bayern mostrò spiccatissime doti che lo portavano ad accettare il combattimento, preferendo gli incontri ad eliminazione diretta, ove occorrono forza di carattere e lucidità, generosità e freddezza per superare i momenti drammatici della partita. Il Bayern si qualificò per la finale dopo durissime partite e il 4 giugno del ’66 sul terreno dello Stadio di Francoforte sul Meno si apprestava ad incontrare il Duisburg, forte di: Manglitz; Heidemann Sabath; Lotz Muller Bella; Ruhl Kramer Mielke Van Haaren Geks. Il Bayern fu schierato da Chaikovskj con: Maier; Nowak Olk; Rigotti Beckenbauer Kupfer Schmidt; Nafziger Muller Ohlhauser Koulmann Brenniger.

La vittoria arrise ai bavaresi (4-2) dopo novanta minuti combattutissimi nei quali Beckenbauer si guadagnò la qualifica di migliore in campo ed oltre a sostenere da par suo il centrocampo con inimitabili prodezze, segnò anche il gol che tolse al Duisburg ogni speranza di pareggiare. Questo succedeva appena a poco più di un mese dalla disputa dei campionati del mondo d’Inghilterra e quindi dalla prima apparizione di Beckenbauer sulla grande scena internazionale. Chaikovskj, che oltre ad essere stato un grande del calcio ha raggiunto in Germania grandi successi come trainer, fu lo scopritore di Beckenbauer, l’uomo cioè che lo impostò da mediano per sfruttare al meglio l’eleganza di palleggio che già allora caratterizzava il futuro «Kaiser» Franz.

L’esordio a Londra 1966

Ma se «Tscick» fu l’uomo che lo tolse dalle riserve per lanciarlo nell’arengo tedesco a soli diciotto anni, Helmut Schoen ebbe il merito di rendersi subito conto che quell’atletico mediano poteva essere inserito subito nella Nazionale di Germania, senza timori di bruciarlo in una competizione dura e piena di trabocchetti come un campionato del mondo. Quindi per prepararlo adeguatamente al durissimo impegno, Schoen lo inserì nella rosa dei nazionali e quando Franz aveva compiuto da pochi giorni i vent’anni, lo fece debuttare il 26-9-1966 a Stoccolma dove si disputava la partita decisiva per l’ammissione ai campionati del Mondo. Con: Tilkovski; Hottges Schnellinger; Beckenbauer Sieloff Schulz; Brunnenmeier Grosser Seeler Szymanyak Kramer la Germania riuscì a prevalere per 2-1 con reti di Kramer e Seeler e la qualificazione fu raggiunta. Da allora Franz divenne titolare fisso della Nazionale e fu proprio il suo innesto che fece compiere alla Nazionale tedesca quel salto di qualità necessario alle ambizioni di Helmut Schoen. In Inghilterra, Beckenbauer pose le basi del suo futuro. Fin da allora si capì che il mediano tedesco avrebbe percorso una carriera luminosa e costellata di successi.

Nella prima partita con la Svizzera, Franz diede il via al successo tedesco mettendo a segno due fantastiche reti. I suoi erano gol bellissimi scatu-riti da tiri al solito scoccati dai venti metri, con traiettoria tesa, angolatissima, quasi impossibili da intercettare. Fu un grande prota-gonista anche nella partita che opponeva la Germania alla Russia. Dopo la rete in apertura di Haller pareggiata poi da Porkujan, la Germania insisteva in attacco, ma il grande Jascin sem-brava imbattibile tanta era la sua sicurezza nel frustrare le sciabolate di Haller, Seeler, Overath.

Sembrava non ci fosse nulla da fare contro quel portierone dalla faccia buona, tutta vestito di nero per incutere timore e reverenza agli attaccanti. Ma quasi alla metà della ripresa, dopo uno scambio a centrocampo con Haller, Beckenbauer si avventò a grande velocità verso la porta russa. Circa dai venti metri lasciò partire con il sinistro una staffilata a mezz’altezza, un tiro teso, preciso che filava verso l’angolo alla destra di Jascin. Il portierone russo si distese in tutta la sua lunghezza, in un volo acrobatico e spettacolare, ma non riuscì che a sfiorare con la punta delle dita il bolide partito dai piedi del mediano tedesco. Fu il gol che assicurava ai bianchi di Schoen la finale con l’Inghilterra e l’applauso più sentito per la sua prodezza, Franz lo ebbe proprio dall’uomo che aveva battuto, Jascin gli andò incontro battendogli le mani e lo abbracciò anche lui assieme ai suoi compagni di squadra.

Le giornate di vigilia dell’incontro che doveva decidere sull’assegnazione della coppa del Mondo furono dense di interrogativi. La battaglia tattica fra Schoen e Ramsey prevedeva mosse da partita a scacchi, poiché se per il Commissario c’era il problema di neutralizzare la sapiente regia di Bobby Charlton, a sua volta Ramsey non sapeva a che santo rivolgersi per limitare e arginare il raggio d’azione del grande Franz. Dopo tante incertezze, l’enigma fu risolto dai due tecnici che fissarono le marcature affidando proprio ai due uomini di maggior classe il controllo diretto. In pratica i due si eliminarono a vicenda, e quindi l’Inghilterra fu più facilitata a guadagnare l’intera posta, per il maggiore potenziale qualitativo di cui disponeva. Le due squadre infatti si erano affrontate con: Banks; Cohen Wilson; Stiles J. Charlton Moore; Ball Hunt B. Charlton Hurst Peters e i tedeschi con: Tilkovski; Hoetteges Schnellinger; Beckenbauer Schulz Weber; Haller Seeler Held Overath Emmerich.

L’incontro ebbe fasi alterne, gli inglesi avevano dominato nella prima frazione e a pochi minuti dal termine conducevano per 2-1 quando Weber riuscì a pareggiare. Nei tempi supplementari i bianchi di Ramsey cominciarono a denunciare stanchezza ed infatti sembrava che sotto la spinta di Beckenbauer i tedeschi potessero conquistare la vittoria. Ma una gran botta di Hurst da sei-sette metri, incocciò la traversa e la palla tornò in campo. Gli inglesi gridarono al gol e Dienst che non non aveva visto tanto da poter decidere, si rivolse al segnalinee russo Backramov, che assegnò la rete. L’episodio decise la partita anche se in chiusura Hurst mise a segno la rete che fissò in 4-2 per i bianchi il risultato finale. Le ricostruzioni fotografiche dimostrarono poi che la palla non era entrata, ma il fatto assunse valore marginale poiché gli inglesi in definitiva, avevano meritato la vittoria anche se a far pendere la bilancia dalla loro parte fu forse la decisione di rinunciare all’impiego offensivo di Beckenbauer.

L’esplosione internazionale del grande Franz, mise in moto un colossale movimento speculativo. Si capì che mai prima di allora la Germania aveva potuto contare su di un giocatore delle sue capacità. Beckenbauer riceveva offerte da ogni parte, pubblicità, contratti cine-fotografici, investimenti. In poco tempo Franz seppe costruire un’organizzazione efficace per la vendita di tutto quello che lo interessava direttamente, e si costruì dal nulla una ricchezza valutata in milioni di marchi. Ma non si discostò mai dalla sua figura di giocatore esemplare.

Gli anni d’oro del Bayern

La vittoria nella «Pokalsieger» dei 1966 assicurava ai bavaresi la partecipazione alla Coppa delle Coppe successiva e il Bayern vi prese parte con l’intenzione ben precisa di arrivare il più avanti possibile. E il non porre limiti alle proprie possibilità è stata una caratteristica sempre presente in ogni giocatore tedesco. Il Bayern si fece quindi la sua strada senza timori reverenziali verso nessuno. La squadra che appena due stagioni prima militava nella seconda divisione tedesca, aveva fatto un salto di qualità notevolissimo grazie proprio alle prestazioni sempre scintillanti di Beckenbauer, ai gol rapinosi e puntuali di Muller e alle parate strepitose di Sepp Maier.

E il dar fondo alle proprie capacità portò alla finale, dopo aver superato Tatran e Shamrock Rovers con il medesimo punteggio di 4-3 complessivo, fu battuto di misura il Rapid Vienna (2-1) e nella semifinale con lo Standard di Liegi il Bayern signoreggiò prevalendo per 5-1. Finale quindi a Norimberga con i Rangers di Glasgow, il 31 Maggio del ’67, tedeschi con: Maier; Nowak Kupferschmidt; Roth Beckenbauer Olk; Nafziger Ohlauser Muller Koulmann Brenninger e scozzesi con: Martin; Johansen Provan; lardine McKinnon Greig; Henderson Smith A. Hynd Smith D. Johnston.

Fu una battaglia durissima conclusa da Roth nel secondo tempo supplementare, ma alla fine il Bayern riuscì ad avere ragione della strenua resistenza degli avversari conquistando quella caratura internazionale tanto ambita dai giocatori bavaresi, e la loro quotazione, le loro capacità dovevano ancora raggiungere l’apice massimo. Da quella data, 31 Maggio 1967, all’ultimo grande successo del Bayern, conquista della Coppa Intercontinentale di Club, il 22-12-1976 a Belo Horizonte, passano poco più di nove anni, e per questo periodo la squadra bavarese è sempre stata al livello di preminenza nel calcio internazionale.

Nel primo incontro con i brasiliani del Cruzeiro (Monaco 24-11-1976) i tedeschi sì presentarono con: Maier; Andersson Horsmann; Durnberger Schwarzerbeck Beckenbauer; Torstensson Rumenigge Muller Kapellmann Hoeness e i sudamericani con: Raul; Morais Nelinho; Piazza Ozires Vanderley; Jairzinho Eduardo Palinha Zè Carlos Joaozinho e non fu facile per i tedeschi aver ragione della strenua ed abile difesa degli ospiti. Solo all’80 Muller riuscì a perforare la difesa con uno dei suoi diabolici gol e tre minuti dopo Kapellmann raddoppiava, cogliendo un’attimo di smarrimento negli infreddoliti ospiti.

A Belo Horizonte (22-12-1976 0-0) per il ritorno, il mandato di difendere il risultato acquisito poggiava sulle spalle del grande Franz, e a nulla valsero le diavolerie di Jairzinho, Palinha e Dirceu Lopes, Beckenbauer fu l’assoluto signore dell’area di rigore e la stampa brasiliana lo esaltò come il più grande giocatore Europeo di tutti i tempi. Nel periodo citato il Bayern di capitan Beckenbauer aveva vinto un po’ su tutti i campi del mondo, raccogliendo in pratica quella eredità lasciata vacante dal Santos di Pelé. Beckenbauer e C. giocavano una novantina di partite per stagione, si giocava dovunque vi fosse qualcuno interessato a vedere le prodezze dei calciatori tedeschi, dal Giappone alla Corea, dalla Turchia al Kuwait. E non è che tale dispendio di energie facesse dimenticare agli uomini di «Kaiser» Franz il culto della propria invincibilità. Quando c’era da battagliare per vincere qualcosa che servisse a mantenere alto il blasone della società e nello stesso momento la cifra d’ingaggio per ogni prestazione estera, Beckenbauer e C. traevano da chissà quale nascondiglio, l’energia necessaria a prevalere su di ogni campo.

Questo discorso serve ad introdurre il capitolo relativo alla Coppa dei Campioni. Il Bayern che in Germania dominava nettamente la Coppa per le caratteristiche di squadra più adatta agli scontri diretti che alla cura della classifica, riuscì comunque a conquistare il titolo nazionale nel ’69. In Coppa Campioni stava delineandosi il dominio delle squadre olandesi Feyenoord e Ajax Amsterdam e al primo impatto con la grande manifestazione Europea, il Bayern fu sbattuto fuori in malo modo al primo turno dal Saint Etienne (2-3). Rivinse il torneo nazionale nel 1972 e questa volta fu proprio l’Ajax di Cruijff ad avere ragione delle loro ambizioni nei quarti di finale (2-5).

Ma l’anno successivo anche se gli ostacoli furono durissimi come l’Atvidaberg che grazie a Torstensson, futuro compagno di squadra di Beckenbauer, riuscì a rendere la vita assai difficile ai bavaresi, e poi il Dresda e l’Atletico Madrid che li costrinse ad una doppia finale. Nel primo incontro di Bruxelles infatti (15-5-1974) il Bayern di: Maier; Hansen Breitner; Roth Schwarzenbeck Beckenbauer; Hoeness Torstensson Muller Zobel Kapellmann fu messo alla frusta dagli spagnoli dell’Atletico di Madrid che con: Reina; Melo Capon; Adelardo Heredia Eusebio; Luis Garate Ufarte Irureta Salcedo, grazie ad una rete di Luis, messa a segno nel corso del secondo tempo supplementare stavano portando in porto il risultato quando proprio all’ultimo minuto Schwarzenbeck riuscì a riportare in pareggio la sua squadra. Due giorni dopo musica diversa. Il maggior fondo di energie di Beckenbauer e C. fece come al solito miracoli ed un bruciante 4-0 fu imposto agli spagnoli. Il dominio nella massima Coppa Europea si protrasse per tre anni, 1974, 1975, 1976.

La corona del Mondo

Ma le imprese che hanno contribuito alla leggenda di Beckenbauer non si limitano solamente alle conquiste effettuate con la maglietta del Bayern. Beckenbauer ci rimarrà per sempre nel ricordo per le grandi prestazioni della nazionale tedesca, a cominciare dai Mondiali del Messico, quando nei favolosi tempi supplementari che videro i tedeschi sconfitti di misura dai nostri azzurri, il grande Franz con un braccio al collo per un incidente spingeva i suoi all’attacco della porta difesa da Albertosi. Oppure nella tremenda finale di Monaco dei Mondiali del 74, con gli olandesi schierati con: Jongbloed; Suurbier Krol; Jansen Rijsbergen Haan; Rep Van Hanegem Cruijff Neeskens Rensenbrink e i bianchi di capitan Franz, con: Maier; Vogts Breitner; Bonhof Schwarzenbeck Beckenbauer; Grabowski Hoeness Muller Overath Holzenbein e i drammatici minuti dell’inizio con Cruijff lanciato a rete e Vogts costretto al rigore realizzato da Neeskens.

Gli olandesi apparivano più forti sotto la spinta del grande Cruijff, ma al «Kaiser» ambiva la corona più prestigiosa del calcio mondiale, era riuscito a farsi perdonare la sconfitta subita ad opera della Germania Est, non poteva mettere a repentaglio ancora una volta il proprio prestigio. E perciò si affidò all’estro delle giornate migliori, con il suo gioco scintillante di ogni finezza tecnica e nello stesso tempo preciso ed efficace. Non ci fu scampo per gli uomini dell’ambizioso Cruijff, la Coppa finì nelle mani di Beckenbauer che coronava così con la massima conquista la sua carriera internazionale. Kaiser Franz con la sua nazionale disputerà ben 103 incontri, tutti tra il 26 settembre 1965 ed il 23 febbraio 1977 (ultima partita, contro la Francia).A trentadue anni, sazio di successi, esce di scena, ma ancora non abbandona il calcio giocato. Nel 1977 si trasferisce in America, dove gioca con la squadra di New York (al fianco del redivivo Pelè) e comincia a vincere anche oltre oceano; dal 1977 al 1980 arrivano i trionfi nel campionato di calcio statunitense con la maglia dei Cosmos. Rientrato in Germania, Franz conclude la carriera con due stagioni ad Amburgo.

Nel 1984, lasciato il calcio giocato, Beckenbauer è ambito da giornali ed emittenti televisive, fino a quando gli viene offerta la possibilità di allenare la nazionale maggiore. Succede così a Jupp Derwall come commissario tecnico della Germania Ovest. La scommessa è vincente: dopo un secondo posto ai Mondiali messicani del 1986 (sconfitti in finale dall’Argentina del Pibe De Oro Diego Maradona), la nazionale tedesca si prende la rivincita sugli argentini quattro anni più tardi, nei mondiali di Italia ’90. Beckenbauer entra nella storia: nessuno fino a quel momento vantava un mondiale vinto da giocatore ed uno da allenatore.

Lasciata la panchina della nazionale nel 1993, dopo una breve parentesi come allenatore dell’Olympique di Marsiglia, torna al Bayern come vicepresidente. Nel 1994 allena la squadra in cui ha speso la sua vita, portandola a vincere il campionato. Poi ne diviene presidente coronando un altro sogno. Nel 1998 Franz Beckenbauer, persona seria che ha sempre concesso poco al gossip, è nominato “giocatore tedesco del secolo” e contemporaneamente boccia l’idea del regista Tony Wiegand di un film sulla sua vita. D’altronde, quale pellicola potrebbe ricreare la sua immensa classe? Quella miscela di grazia e di eleganza, unite ad un fisico atletico e all’ottima visione di gioco, che gli hanno dato la possibilità di sfruttare ogni errore delle difese avversarie e di diventare un giocatore assolutamente unico nel ristretto panorama dei veri fuoriclasse.