Il calcio dei ginnasti e i primi regolamenti

Ancora prima dell’avvio del Campionato di calcio (1898) i primi palloni correvano già nei Concorsi Nazionali di Ginnastica di fine Ottocento. E furono stilati anche i primi regolamenti del nuovo gioco importato da oltremanica.


Gli storici dello sport hanno percorso finora un solo versante della memoria del football in Italia: quello tramandato dalla tradizione ufficiale, e hanno trascurato ogni altra variante delle origini del gioco. E’ così andata smarrita la storia del calcio giocato sotto le insegne diverse da quella della federazione calcistica e in particolare del football praticato dalle società ginnastiche.
Questo scrivevano, nel 1993, gli storici Antonio Papa e Guido Panico. Da allora, alcuni passi in avanti sono stati fatti per il recupero delle vicende del calcio giocato sotto l’egida della Federazione Ginnastica Italiana. Mi riferisco in special modo ai lavori di Sergio Giuntini, Stefano Pivato e Pierre Lanfranchi. Dalla ricerca si evince come “il treno del football”, negli ultimi tre lustri dell’Ottocento e ai primi del Novecento, sia arrivato e abbia viaggiato muovendosi su tre principali linee di irradiazione etnica e geografica:
1) la britannica per i grandi porti e il triangolo industriale Torino-Milano-Genova;
2) la svizzera per numerosi centri urbani del nord;
3) l’austriaca e la germanica, di cultura mittel-europea, per i territori ai confini orientali del paese.

A questi binari se ne deve aggiungere un quarto, quello nazionale ginnastico. Che fu il più importante per la formalizzazione e la codifica del gioco. Molti dei dirigenti protagonisti delle due federazioni – la FIF del 1898 e la FIGC del 1909 – provengono dalle file ginnastiche; e furono gli insegnanti di ginnastica a tradurre i manuali inglesi e a fornire i regolamenti che fecero testo e circolarono in Italia, almeno fino alla I Guerra Mondiale. Di questi regolamenti parleremo, per il periodo che va dal 1895 al 1904, con particolare riferimento al primo.

In generale, l’associazionismo ginnastico cercò di inserire il football nel suo progetto di costruzione del cittadino-soldato, lasciandogli però uno spazio marginale, caricandolo delle sue matrici igieniste, ideologiche e marziali; per contro, il football utilizzò l’associazionismo ginnastico, bene ramificato e strutturato sul territorio nazionale, per insediarsi capillarmente e, in un secondo tempo, rivendicare da esso una completa autonomia tecnica e organizzativa.

La prima società calcistica vera e propria sorse a Torino nel 1891: l’International Football Club. Un miscuglio di britannici e italiani impiegati in filiali di ditte inglesi, uniti ad esponenti della aristocrazia savoiarda. L’anglomania e la moda, il divertimento puro furono i motivi ispiratori di quelle prime corse. Nello stesso anno, a Bologna, il 9 maggio nell’ambito della Festa del ventennale della Virtus, si disputò l’evento inaugurale del calcio ginnastico: la prima esibizione ufficiale del football in Italia. Due squadre di ginnasti virtussini, istruiti dal prof. Daniele Marchetti, diedero vita in piazza VIII Agosto a uno spettacolo piuttosto confuso, un misto di rugby e di calcio, che venne accolto dal pubblico con una salva di fischi. Il campo era delimitato da bandierine, con le porte formate da due pali uniti da una corda. Nulla sappiamo sul regolamento adottato. L’esperimento fu dovuto al presidente della Virtus, il prof. Emilio Baumann, fondatore della scuola bolognese di ginnastica, propensa ad un metodo basato su movimenti naturali. Ad essa si opponeva la scuola torinese, di stampo militaristico e imperniata sull’uso esasperato degli attrezzi. Entrambe agivano nel tentativo di dare nuova linfa vitale alle società ginnastiche, che negli ultimi tempi avevano visto calare il numero degli iscritti.

Anche nella scuola, la ginnastica, resa obbligatoria dal 1878, non incontrava il favore degli studenti. Nel 1893 il ministro della P.I. Ferdinando Martini fece approvare una riforma che scalzò in parte la ginnastica a favore dei giochi “open air”, e tra questi i “giochi inglesi” di carattere sportivo come il football e il lawn tennis. La Commissione che elaborò i programmi seguì i consigli di Angelo Mosso, fisiologo illustre e presidente della SG Torino. Mosso, al pari di De Coubertin, era un entusiasta del sistema educativo britannico, nel quale i giochi di squadra agonistici e discipline come il nuoto, il canottaggio, l’atletica avevano un ruolo centrale.

Coll’adozione dei giochi all’aperto, si aprì una finestra sul sistema edificatore dell’Impero Britannico: from Playing Field to Battle Field – dai campi di gioco ai campi di battaglia. L’eroismo e il sacrificio di sé in un’ottica di lavoro di squadra informava i “games”, sulla scorta del più popolare romanzo per ragazzi e vero manifesto pedagogico della generazione vittoriana: il Tom Brown’s school days di Thomas Arnold. La Gran Bretagna venne vista da alcuni ginnasiarchi come un fratello maggiore da imitare, per la formazione del cittadino-soldato.

L’applicazione dei programmi scolastici del 1893 fallì miseramente. Questo perché la classe politica non inserì la riforma in una legge quadro che risolvesse i problemi di fondo: la mancanza di strutture nelle scuole, la scarsa preparazione degli insegnanti. La FGNI continuò a privilegiare l’aspetto coreografico e militaresco. Tuttavia, lasciò un po’ di spazio agli “sports” – scherma, velocipedismo, pattinaggio – proposti a latere delle kermesse dei Concorsi.

Nel 1895 il III Concorso Nazionale si svolse a Roma, nella sede del Velodromo Salario. Presidente del Comitato organizzatore fu nominato Romano Guerra, uno dei ginnasiarchi più favorevoli alla sportivizzazione. Guerra invitò due società del nord est, la Ginnastica e Scherma Udinese e la Ginnastica Rovigo, a dare una dimostrazione del giuoco del calcio. Le due squadre si esibirono nel pomeriggio del 18 settembre sullo sterrato del Velodromo, alla presenza di ventimila persone compresi il re e la regina. Anche questa volta fu un gran polverone, ma con miglior ordine rispetto a Bologna. Infatti, i ragazzi di Udine e Rovigo da un paio di anni si allenavano seguendo le vere regole dell’Association.

A Udine un regolamento era stato pubblicato nel 1895 a firma del senatore Gabriele Luigi Pecile. In qualità di assessore comunale, Pecile aveva fatto aprire un campo di giuochi per praticarvi il calcio, la palla vibrata e il tamburello. A Rovigo un regolamento era stato pubblicato, sempre nel 1895, dal maestro Francesco Gabrielli, inserito in un manuale Hoepli dal titolo “Giuochi Ginnastici”. Gabrielli, bolognese di nascita, per l’elaborazione prese a modello manuali austriaci e tedeschi. Egli aveva contatti col movimento ginnastico germanico, parlava e scriveva perfettamente la lingua di Lutero. Fu l’organizzatore tecnico dell’esibizione di Roma. Vediamo il suo regolamento, con tutta probabilità il primo mai stampato in Italia.

L’Udinese 1896: vincitrice del primo Campionato Italiano di Calcio, mai riconosciuto dalla Federazione

Nell’introdurre il regolamento, il prof. Gabrielli fa risalire il football agli antichi giochi della palla dei greci e dei romani, poi codificati nel Calcio Fiorentino. L’association e il rugby ne sono, a suo parere, una ulteriore evoluzione, un adattamento ai tempi moderni. L’association va preferito perché meno violento. Così come gli altri giochi sportivi, va praticato in un apposito spazio chiamato “campo dei giuochi”. E’ questa, infatti, la sfida della nuova “educazione fisica”: costruire tanti campi di gioco uno per ogni comune: un po’ quello che cercherà di fare il Fascismo, trent’anni dopo, col progetto “Campi del littorio”. Sul “campo dei giuochi” si delimita lo spazio per il gioco prescelto, marcando il terreno con paletti, bandierine, solchi o strisce di gesso.

Il campo del Gabrielli è abbastanza in sintonia con i regolamenti britannici dell’International Board. Ma non completamente. Vi sono influenze del Calcio Fiorentino e altre modifiche apportate sulla scorta delle esperienze personali maturate dal professore nella sua piccola “Coverciano” di Rovigo. Tutte le misure sono cambiate dalla iarda al metro, arrotondate in più o in meno. La misura consigliata per il terreno, possibilmente un prato, è di m.110×74: la stessa dell’IB per i match internazionali. Paletti segnalano i quattro angoli, che intersecano le linee di fondo e di fallo; poi ci sono le linee di punizione di rigore, le linee del principio del gioco, la linea del mezzo, che divide i due “compartimenti”. Il centro del campo è segnato, ma non ha un cerchio all’intorno; nel regolamento dell’IB c’è invece il cerchio con un raggio di 10 iarde (9,5 m). Le porte sono formate da due pali di circa 6 cm di diametro distanti m.7,30 (8 iarde), alti m.2,50 e collegati da una corda bianca. L’IB prevedeva dal 1882 la traversa di materiale rigido, e proprio nel 1895 stabilì in 10-12 cm il diametro dei sostegni della porta, provvista di rete.

Osserviamo, in questo dipinto del 1893 relativo a un Aston-Sunderland, la qualità delle porte inglesi. Non ha rete, invece, la porta dei ginnasti. Davanti ha i due semicerchi di m.5,5 (6 iarde), tracciati a partire da ogni montante e congiunti al centro, per indicare l’area utile al rinvio del portiere. La linea di punizione di rigore è posta a 11 metri, corrispondenti a 12 iarde. Non è contemplata la linea delle 18 iarde, che serviva a tenere i giocatori alla distanza di 5,5 metri mentre si batteva la punizione di rigore. Consideriamo che la regola del penalty kick era stata introdotta appena nel 1891.

La “palla da calcio”, per il Gabrielli, è una vescica di gomma rivestita di cuoio, del diametro di 21-25 cm e il peso di 380-440 gr. Per l’IB, il peso variava da 340 a 435 gr. I giocatori che compongono un “partito” sono 11 “per le gare d’importanza”, ma si può arrivare fino a un massimo di 31. Lo schieramento è quello classico della “piramide Preston”, nome preso dal famoso team del Preston North End e che rimarrà tattica principe fino agli anni ’20: 5 primi, 3 secondi, 2 terzi, 1 custode (portiere).

La nomenclatura adottata dal Gabrielli è del tutto ginnastica, nel senso che non corrisponde alla terminologia inglese, che parla di forwards, half-backs, backs e goalkeeper. Corrisponde, in realtà, alla necessità dei ginnasti, mentre eseguivano il loro gioco sportivo, di dividersi per “squadre”, cioè per linee sul terreno, guidate ciascuna da un caposquadra agli ordini del capopartito, il capitano, cui tutti erano tenuti ad obbedire. Questo perché nel calcio ginnastico non c’era solo il momento del confronto agonistico, ma anche quello esecutivo, dell’esibizione, la cosiddetta “gara di classificazione”. La formazione operava il gioco al cospetto di una giuria che assegnava i voti, e decideva se farla partecipare alla competizione vera e propria. Un artificio che serviva a fornire ai ginnasti la possibilità di dimostrare la propria preparazione, senza rischiare di essere umiliati da uno score molto pesante nel confronto con una formazione più esperta.

Per quanto riguarda i singoli ruoli e i movimenti sul campo, Gabrielli raccomanda che ognuno tenga sempre la posizione, assolvendo la propria parte in cooperazione con gli altri. L’unico che può e deve muoversi ampiamente è il capitano, posto al centro della seconda riga. Il custode può prendere la palla con le mani ma non può fare con essa più di un passo. Durante il gioco, gli è lecito scambiarsi di ruolo con un compagno. Come ricordava ai suoi allievi il prof. Alberto Alberti, capitano della Mediolanum che si allenava dentro il cortile del Castello Sforzesco, la palla andava “colpeggiata”, cioè toccata a colpi leggeri, passata al compagno più vicino oppure “cacciata”: gli si sferrava un calcione per mandarla il più lontano possibile, tattica propria dei difensori della terza linea.

Il goal è chiamato “partita”, e si ottiene in due maniere: spedendo la palla dentro la porta oppure per la cumulazione di due falli lateral; regola derivata anch’essa dal calcio fiorentino e, come potete immaginare, assolutamente inesistente nel football association. Diversa anche la durata dell’incontro. Dal 1871, con la prima Coppa d’Inghilterra, i britannici l’avevano fissata in 90 minuti più l’intervallo. Gabrielli la fa dipendere dagli accordi intervenuti tra i capitani col consenso dei giudici.

Questo dei giudici è un altro aspetto peculiare. Come s’è detto, nel calcio ginnastico è prevista una giuria per le gare di classificazione. Nelle competizioni vere e proprie, partite di solito fissate a due tempi da 30’, la giuria sovrintende l’operato del Direttore di Gioco, che ha a disposizione due assistenti lungo i confini laterali. E’ la classica terna arbitrale, introdotta dall’IB nel 1891. Però, mentre nei regolamenti inglesi il referee, aiutato dai linesmen, esercita i suoi poteri in maniera definitiva, col fischietto, nel calcio ginnastico il Direttore di Gioco ha ancora e solo una funzione di arbitrato sui reclami dei capitani. Suona bizzarro, abituati come siamo alla mancanza di fair play del calcio d’oggi, ma i pionieri del calcio ginnastico riuscivano a non litigare: commesso un fallo, il capitano del partito che l’aveva subito attirava l’attenzione dando un trillo con un fischietto. L’azione si fermava all’istante, il Direttore valutava al volo la motivazione del reclamo e decideva se concedere o meno la punizione; allo scopo, soffiava in un “cornetto”. Se non dava il segnale, il gioco riprendeva come se nulla fosse accaduto. In caso d’interruzione straordinaria, faceva riprendere scodellando il pallone.

Le punizioni concesse erano di due tipi: semplice o di rigore. Con nessuno dei due si poteva segnare direttamente un goal: un’altra divergenza rispetto all’IB, che aveva il calcio diretto per il penalty kick. L’off side, le rimesse laterali e dal fondo, le scorrettezze che portavano alle punizioni erano sostanzialmente quelle previste dall’IB, se pure meno dettagliate nella formulazione. Nella parte Preliminari del suo manuale, Gabrielli parla del vestiario, consigliando l’uso di casacche di diversi colori o di un berretto per distinguere compagni da avversari. Poiché negli esercizi di esibizione era importante giudicare i ginnasti per la loro disciplina nel mantenere le posizioni, un contrassegno numerato poteva essere incluso, coi numeri divisi per linee. Non si fa, invece, alcun accenno a calzature, calze, calzoni e parastinchi.

L’ultima cosa, e forse la più interessante, che si può dire su questo primo manuale italiano del calcio, è che in esso non v’è traccia di termini inglesi. La traduzione è completa, in omaggio all’orgoglio nazionalistico e ai principi che informavano il movimento ginnastico. Ecco, quindi, nascere la nomenclatura tecnica a noi ben nota: i termini porta, punizione semplice, fallo, calcio libero o di rigore, fuori di gioco, rimessa in gioco, centro del campo, difensori, il neologismo terzini come evoluzione del termine terzi e in analogia coi giochi del pallone e del tamburello, la linea di fondo, la linea mediana, la linea e la rimessa laterale, il calcio dall’angolo. Altri nomi saranno invece sostituiti: così il compartimento diventerà la metà campo, il partito la squadra, la partita il gol o punto; il custode si tramuterà in portiere; i secondi in mezzi e poi in mediani, i primi in avanti, distinguendosi in ala sinistra, destra e centravanti. Probabilmente, le prime cronache sui giornali aiutarono anche in questo processo.

Il primo a coniare il termine ala sinistra e ala destra fu Pecile, nel suo libello molto meno completo del Gabrielli. Nel Pecile la traduzione è letterale: il goalkeeper è il “guarda meta”, i backs gli “addietro”, gli halfbacks i “mezzi” e i forwards i “fronti”. Nel novembre del 1895 la FGNI invitò le società a formare squadre per i tre giochi ginnico-sportivi da lanciare: calcio, tamburello e palla vibrata. Questo fatto stimolò Gabrielli a editare un manuale dedicato esclusivamente al calcio, del quale ancora non è stata trovata una copia ma che, indicativamente, emendava gli errori commessi nell’opera precedente. Quel manuale fu utilizzato nella prima Gara Nazionale dei Giuochi Ginnastici, svoltasi a Treviso sotto la supervisione di Gabrielli nel settembre del 1896. Lo vinse la SGS Udinese davanti ad una squadra della SG Ferrara e ad una composta da liceali trevigiani. Nell’agosto 1898, al IV Concorso Nazionale di Torino, Ferrara vinse il torneo battendo la SG Torinese e Udine.

Francesco Gabrielli (1857-1899)

Nel 1899 Gabrielli morì e l’anno dopo, in un consiglio federale a Vicenza, la FGI deliberò di tenere in tutti i principali concorsi delle gare riservate ai tre giochi ginnici suddetti. Così, dal 1901, in occasione del V Concorso Nazionale a Bologna, ogni anno fu giocato un titolo di campione ginnastico del calcio. Tornei che si esaurivano in poche partite, ma che stavano allo stesso livello tecnico dei campionati della FIF, partiti nel 1898. Ad eccezione del Genoa e di pochi altri sport club, le protagoniste dei due movimenti – Federazione Ginnastica e Federazione Football – furono praticamente le medesime: la SG Torinese, l’Andrea Doria, la Mediolanum, soprattutto il Milan Cricket and Football Club, che si aggiudicò consecutivamente il titolo ginnastico dal 1902 al 1907, anno in cui lasciò la Federazione. Anche la Juventus, l’AC Vicenza, la Pro Vercelli, la Sampierdarenese, la Bentegodi Verona, la Podistica Lazio e una ventina di altre società ginniche organizzarono sezioni per il calcio. Ancora nel 1909, anno in cui la FIF mutò la denominazione in FIGC, su 55 club affiliati ben 14 erano iscritti alla FGI; tutti localizzati nell’Italia settentrionale e centrale. Il ritardo storico del calcio meridionale, dunque, fu dovuto anche a questa minore presenza delle società ginniche sul territorio a sud del Lazio.

A partire dal 1911, la Pro Vercelli, formata interamente da ginnasti di primo livello, fornì l’ossatura delle formazioni azzurre. Umberto Meazza, già capitano della Mediolanum e decano degli arbitri, fu il primo direttore tecnico della Nazionale e fondò l’AIA. Un altro esponente della Mediolanum, Luigi Bosisio, governò la FIGC. E fu sempre Bosisio a redigere il primo regolamento perfettamente corrispondente al regolamento IB, pubblicato nel 1903 sul bollettino federale “Il Ginnasta” , come risultato di una lunga e controversa discussione avvenuta nella palestra della SG Forza e Coraggio di Milano. Nel febbraio del 1904 il regolamento Bosisio fu ripubblicato in una versione stilisticamente migliorata e inserito nel libello federale dei tre giochi sportivi da adottarsi in ogni concorso. Il Bosisio 1904 fu l’ultimo di nove manuali e/o regolamenti del calcio stampati in un arco di dieci anni.

Oltre a Gabrielli, Pecile e Bosisio, si cimentarono i professori Eugenio Benucci (1896), Daniele Marchetti (1899, 1903), e il manualista generalista della Hoepli, Giulio Franceschi (1903). Questi testi costituiscono il patrimonio originale per quanto concerne i regolamenti in lingua italiana. I regolamenti usati nei primi campionati FIF erano, infatti, quelli inglesi dei giocatori del Genoa. Se mai furono tradotti, comunque non ebbero l’onore della pubblicazione, e di essi non è rimasto nulla. La memoria scritta dei regolamenti del calcio italiano, è, pertanto, quella ginnastica.

Milan ed Andre Doria posano prima della finale del Concorso Nazionale di Ginnastica disputato a Venezia il 10 maggio 1907. I rossoneri si aggiudicheranno l’incontro per 2-1