Cassano e la magica notte al San Nicola

E la tarda serata del 18 dicembre 1999, una data che il San Nicola di Bari non dimenticherà più. Il San Nicola, già. A farci attenzione, intorno alla metà degli anni ’90 avreste potuto notare un ragazzino a bordo campo, vestito della tuta ufficiale del Bari. Sì, ce n’erano tanti, vero, ma uno si dimostrava molto più spigliato e spavaldo degli altri. “Alla fine di ogni partita, correva più forte di tutti a farsi fotografare con il numero 10 della squadra avversaria, perché in quel ruolo voleva giocare“, ci racconta Carlo Regalia, D.S. dei galletti in quel periodo. Si chiama Antonio Cassano e da un po’ è il fiore all’occhiello della società biancorossa, che se lo coccola in attesa di farlo esordire in prima squadra e mostrarlo al mondo.

Antonio non ha una storia semplice alle spalle: figlio di una ragazza madre, l’amatissima Giovanna, era stato costretto a sgomitare subito tra l’intreccio di cunicoli di Bari Vecchia. Bisogna farsi rispettare lì e Anto’, com’era conosciuto da tutti, aveva trovato nel pallone la sua migliore espressione. “Era sveglio, furbo, intelligente. Fin troppo bravo, considerando da dove veniva“, dice Eugenio Fascetti, che aveva con Cassano quello che lui stesso definisce “un rapporto normale con un giocatore al di fuori del normale“.

Bari's Ennynaya and Cassano celebrate at the end of Bari vs Inter Italian first division soccer match in Bari, Italy, Saturday, December 18, 1999. Bari won 2-1. (AP Photo/Vittorio Arcieri)

Ma andiamo back to the originis. Il caso vuole che Cassano giochi le prime partitelle nei dintorni della cattedrale consacrata proprio a San Nicola. Un segno del destino, si direbbe. La gente incomincia ad accorgersi di questo bambino che regolarmente viene invitato ad unirsi a ragazzi di almeno il doppio della sua età. Si accatasta attorno al campo improvvisato e rimane incantata dalla sua classe agile e sfrontata. Gli abitanti di Bari Vecchia non sono gli unici, fortunatamente, a rendersi conto di avere un potenziale campione davanti agli occhi. La voce si diffonde, finché Tonino Rana, presidente della Pro Inter, società locale affiliata ai più famosi nerazzurri, decide di tesserarlo. Un inizio meraviglioso per chi, come lui, è tifoso della Beneamata. “Forse inizia a cambiare qualcosa”, pensa Giovanna. Eh sì, eccome se cambia. E l’Inter c’entrerà ancora.

La Pro Inter, dicevamo. Cassano entra in squadra prepotentemente, come la sua marcata personalità gli suggerisce. “Sono il più bravo, non devo perdere occasione di dimostrarlo”. Qualche gara e non bastano più due mani per contare i goal che segna, con prestazioni inadatte per eccesso al livello con cui si confronta. Sì, di tanto in tanto combina qualche guaio, qualche “cassanata” – termine che conierà genialmente Capello più avanti -, ma il ragazzo è davvero fortissimo. Gli uomini del Bari lo osservano per una, due, tre partite: non possono farselo scappare. Fantantonio, però, è titubante. È convinto che nei galletti stiano soltanto i figli dei raccomandati, lui è tutt’altra cosa, lo sa lui e lo sanno tutti.

Alla fine, si lascia convincere e la storia si ripete. Una rete, un’altra e un’altra ancora, cosi da mettersi il numero 10 sulle spalle e prendersi la fascia di capitano degli Allievi. “Euge’, tra i ragazzetti c’è un fenomeno, vieni a vederlo“, dicono a Fascetti. L’allenatore della prima squadra va e rimane folgorato. Vuole farlo esordire già nel 1998, “ma le cure che stava sostenendo per combattere un’infezione al viso erano troppo invasive. E colpa del dottore se vi siete persi un anno di Cassano“, ride Fascetti. “Notai da subito che era venuto al mondo per giocare a calcio, come lui ne nasce uno ogni tanto e io ho avuto la fortuna che fosse nato a Bari“, continua.

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Stagione 1999/2000. Il Bari incomincia bene in campionato e, soprattutto, ha portato in prima squadra Antonio, benedetto da tutto lo staff biancorosso. C’è grande curiosità nell’ambiente e tra i tifosi: il ragazzo è davvero un fuoriclasse o soltanto un’altra promessa difficile da mantenere? Intanto, Cassano timbra la prima presenza in Sene A in occasione del derby contro il Lecce, giusto il tempo di qualche guizzo e di presentarsi. “La personalità di Antonio fu ben evidente fin da subito. Non si faceva intimorire da partite importanti o giocatori affermati“, spiega Michele Marcolini, centrocampista di quel Bari, “era già pienamente consapevole delle sue qualità, sicuro di sé“. Si, ma tra una settimana c’è l’Inter in casa, gli fanno presente.

Esatto, proprio quell’Inter. L’Inter “dei milioni”, come viene definita dopo le spese incontrollate di Moratti, che nell’estate precedente aveva strappato Lippi alla Juventus e portato alla Pinetina un giocatore come Vieri, pagato 60 miliardi. Anto’, abituato a lottare anche soltanto per un pranzo, non sa nemmeno quanti zeri servano per scrivere una cifra del genere. A lui, del resto, che importa? E’ tranquillo e Fascetti conferma. “In ritiro si guardava ogni partita possibile alla televisione. Conosceva tutte le squadre e i giocatolr e mi diceva: “Mister, questo è forte, questo no“. Non si scompone nemmeno quando lo informano che, causa le assenze congiunte di Masinga, Spinesi e Osmanovsky, partirà titolare insieme ad Enniynaya, Nemmeno 35 anni in due, ma “in Serie A non è mai buona soluzione schierare un solo attaccante“, prosegue l’ex allenatore dei galletti. Cosi sia. Il calendario recita “18 dicembre 1999”.

“E chi sono questi?”, avranno pensato all’ingresso in campo i difensori nerazzurri. In effetti, chi erano? Un esile diciassettenne imberbe con l’aria da guascone da una parte, dall’altra quello che sembra un centometrista centroamericano, con una sola primavera in più rispetto al compagno di reparto. Pronti, via. I due, veloci come trottole, creano subito scompiglio nella lenta retroguardia interista. Sesto minuto: Jugovic sbaglia un retropassaggio, la palla rimbalza in maniera legnosa sui 30 metri dalla porta vicino ad Enniynaya. Bene, ma che vuoi che combini Enniynaya da li? Combina un goal indimenticabile, ecco che combina. Uno spiovente maledetto che Peruzzi, sorpreso fuori dai pali non può controllare. 1 a 0. Il San Nicola è un catino sul punto di crollare, mentre il nigeriano corre quasi asfittico verso la bandierina. Sembra essere sopraffatto dall’emozione e così è. Sviene, vinto da una felicità inesprimibile. Le immagini di repertorio testimoniano come i compagni cerchino di rianimarlo con qualche schiaffetto, risveglio che avviene dopo qualche secondo di preoccupazione.

Fu il tipico coniglio che soltanto un campione può tirare fuori dal cilindro“, commenta Fascetti, “ci permise, in una gara che sulla carta era persa, di chiuderci e correre meno pericoli”. Peccato che dall’altra parte ci sia l’Inter e i pericoli, infatti, non tardano ad arrivare. Georgatos scende sulla corsia mancina, serve in mezzo Vieri che libera un sinistro angolato. Mancini, compianto portiere dei biancorossi, riesce a toccare, ma Zamorano distende la gamba con l’intenzione di insaccare. La palla, però, è ancora bizzosa e arriva tra le gambe di Bobone, che questa volta non sbaglia. Pareggio. Il freddo secco di Bari scende spietato nel petto del tifosi di casa a ripulirne gli entusiasmi. Gregori deve entrare al posto di Mancini, infortunatosi in occasione del goal. Il Bari è scosso. La partita cammina senza pretese verso l’intervallo, con la Beneamata appollaiata in attesa dì colpire nel secondo tempo. Bene, ma Cassano? Arriva, arriva.

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Fino a quel momento Antonio non s’è visto tanto, a dire il vero. Pochi palloni giocabili, iniziative non troppo convincenti e c’è chi incomincia a credere che si debba ancora aspettare per vedere esplodere la sua stella. Nella seconda frazione, con i biancorossi più aggressivi, il genietto di Bari Vecchia ha un paio di occasioni a tu per tu con Ferron, subentrato a Peruzzi, ma, imbrigliato dai crampi, spreca. Forse Fascetti dovrebbe sostituirlo. Forse. Perché al minuto 88 scende sul San Nicola, come un soffio dall’Empireo, il miracolo. Regalia ricorda tutto alla perfezione: “Perrotta arpiona un pallone nella nostra metà campo e fa un lancio di 40 metri per Cassano, che controlla di tacco, aggiusta la palla con la testa, finta a rientrare. Blanc e Panucci, si scontrano e Antonio incrocia alla destra di Ferron. Goal“.

Gli spalti ospitano ora non più tifosi, ma cuori elevati ad una condizione olimpica. Fantantonio, privato di qualsiasi contatto con la realtà contingente, si toglie la maglietta e corre a bordo campo, sotto la curva. Questa volta ha scavalcato i tabelloni dal campo, non dalla pista d’atletica, come faceva fino a qualche tempo prima per scattare una foto insieme a Baggio o Totti. Braschi, restio, lo ammonisce. Poco importa: termina il match. Tutti sono Antonio e Antonio è tutti. Se gli uomini fossero partite, di certo Antonio Cassano sarebbe Bari-Inter 2 a 1.