DJALMA SANTOS: il difensore gentiluomo

Se lo chiamano il “difensore gentiluomo”, non è solamente perchè nella sua lunghissima carriera non è mai stato espulso dal campo. E’ anche per episodi come quello accaduto in uno stadio di San Paolo molti anni fa. Dagli spalti piovono su di lui insulti razzisti. C’è chi arriva addirittura ad urlargli “sporco negro”, mentre si accinge ad effettuare una rimessa laterale. Sempre lui, l’idiota di turno, gli tira addosso qualcosa ma, allo stesso tempo, perde il suo anello, che finisce in campo. Djalma Santos lo raccoglie, con tutta la calma del mondo, si avvicina al poveretto, glielo consegna e sorridente gli stampa in faccia un “tutto bene”. Un Signore, con la S maiuscola.
La storia del primo terzino d’attacco, di colui che vinse due mondiali consecutivi tra il 1958 ed il 1962 facendo parte di una delle squadre più belle e più forti di tutti i tempi, è piena di episodi come questo, ed inizia nel lontano 1929.

AVIERE O CALZOLAIO…? – Djalma Pereira Dias dos Santos nasce il 27 febbraio di quell’anno, a San Paolo. Il suo sogno, fin da piccolo, è quello di diventare un pilota d’aerei. Come il padre, che già aveva alle spalle una carriera militare. Tuttavia mancano i soldi per poterlo iscrivere ad una scuola di volo e così, il giovane Djalma Santos, inizia a lavorare come calzolaio mentre nel fine settimana dà sfogo all’altra sua passione, quella per il calcio.

Un brutto infortunio alla mano destra gli preclude, di fatto, il sogno di diventare pilota. Ma non tutto il male vien per nuocere. Le sue ottime prestazioni nell’Internacional, piccolo club della provincia di San Paolo, catturano fin da subito le attenzioni dei grandi club. Ypiranga e Corinthians gli fanno fare un provino, ma lui opta per la Portuguesa, per un semplice motivo: non può permettersi di non lavorare ed allora trova un accordo che gli permette di allenarsi di giorno e continuare a fare il calzolaio la notte.

NELLA PORTUGUESA – Nella Portuguesa inizia come centrocampista centrale, con buone qualità tecniche. L’acquisto dell’allora astro nascente brasiliano, Brandaozinho, lo fa traslocare nel ruolo che lo consacrerà come uno dei mostri sacri di questo sport. In quell’epoca i terzini di fascia erano molto bloccati, difficilmente superavano la linea di metacampo; Djalma Santos invece, sfruttando il suo passato da centrocampista dai piedi buoni ed abbinando una forza fisica ed una resistenza fuori dal comune, divenne il primo vero terzino d’attacco. Le sortite offensive erano il suo punto di forza, e le qualità fisiche a disposizione lo rendevano utile anche alla fase difensiva. I suoi lanci ad effetto ed i dribbling all’interno della propria area di rigore, davano la dimensione della sua qualità dal punto di vista tecnico e della sua enorme personalità.
Anche la rimessa laterale divenne una sua arma. Nonostante le condizioni non eccezionali della mano destra, i compagni lo sfruttavano come una catapulta. La sua lunghissima gittata gli permetteva di effettuare dei veri e propri calci d’angolo quando si trovava in prossimità dell’area avversaria.
Con la casacca della Portuguesa si toglie lo sfizio di vincere per due volte il Torneo Rio-San Paolo (1952-1955) tra l’agosto del 1948 ed il maggio del 1959, collezionando ben 453 presenze e 29 reti.

NEL PALMEIRAS – La sua carriera continua nel Palmeiras, dove rimane altri dieci anni tra il 1959 ed il 1968. Anche qui non mancano le soddisfazioni. Ben 491 le presenze, con sole 10 reti all’attivo, ed un palmarès più ricco che comprende tre edizioni del Campionato Paulista (1959, 1963 e 1966) e due Coppe del Brasile (1960 e 1967).
La grandezza di Djalma Santos era, ed è tutt’ora tangibile in tutto il paese carioca. Un sondaggio condotto qualche anno fa tra ben 100.000 supporters del Palmeiras, lo ha visto trionfare come miglior terzino destro della storia della società con il 75% delle preferenze, relegando al secondo posto un certo Cafu.

FINALE ROSSONERO – Sul finire di carriera passa all’Atletico Paranaense. Il presidente del club rossonero Jofre Cabral, in cerca di rinforzi, trova l’accordo economico con lui e gli strappa la promessa di portarlo con sè. Il trasferimento si chiude sul finire del 1968 e Djalma Santos tiene fede al suo accordo nonostante la morte del presidente.
Ormai si avvia verso i quarant’anni, ma non li dimostra. In campo dà sempre il cento per cento e sfrutta anche l’enorme esperienza accumulata negli anni. Si narra che quando incontrasse un’ala sinistra avversaria troppo veloce, decidesse di scambiarsi di posizione con Julio (allora terzino sinistro dell’Atletico) andando a giocare sull’out mancino.
Con lui in squadra, insieme agli ex compagni Dorval e Bellini, l’Atletico conquista il Campionato Paranaense del 1970. Il suo addio al calcio arriva il 21 gennaio del 1971 dopo una gara contro il Gremio. Anche all’Altetico Paranaense sono innamorati di lui, come dimostra il fatto che la tifoseria rossonera lo ha eletto come il miglior giocatore del XX secolo che ha vestito la casacca del club.

VERDEORO – Il primo successo importante con la maglia della Seleçao arriva nel 1958, quando conquista il Mondiale di Svezia. La curiosità sta nel fatto che gioca solamente la finale, in sostituzione dell’infortunato De Sordi, ma tanto basta per essere definito come il miglio terzino destro della competizione.
E per lui si tratta del secondo riconoscimento. Già al Mondiale svizzero di quattro anni prima infatti, venne indicato come il migliore nel suo ruolo, nonostante il Brasile venga eliminato ai quarti di finale dall’Ungheria finalista.
La collezione di Mondiali continua nel 1962 quando vince il titolo in Cile battendo in finale la Cecoslovacchia.
Con la nazionale verdeoro disputa anche il Mondiale inglese del 1966 e vince il Campionato Panamericano nel 1955, in Cile. In tutto colleziona 98 presenze e 3 gol. La sua partita di addio si gioca il 9 luglio del 1968, contro l’Uruguay, ed è l’ideale passaggio di consegne tra lui e colui che ne raccoglie la pesante eredità, Carlos Alberto Torres.

PIU’ INSEGNANTE CHE ALLENTORE – Appese le scarpe al chiodo sceglie di diventare allenatore proprio dell’Atletico, per poi proseguire la sua breve carriera in Bolivia e Perù. Tuttavia non è questa la sua dimensione, e così accetta di andare ad insegnare calcio ai bambini prima in Arabia Saudita, poi in Italia, precisamente nei dintorni di Bassano del Grappa dove, con l’ex compagno Cinesinho, decide di fondare ed avviare una Scuola Calcio.
In Brasile, nel comune di Uberaba, fonda un’altra Scuola Calcio per i ragazzi poveri del paese. Bambini e bambine alle quali decide di dare una possibilità nello sport, a patto di rispettare gli impegni negli studi. La professionalità e l’umiltà mostrata durante tutta la sua carriera, la mette al servizio degli altri anche al termine di essa.

LE SUE PAROLE – In un intervista realizzata in Brasile da Globoesporte, in occasione del suo ottantesimo compleanno, Djalma Santos lascia trasparire tutto ciò che è. Una persona umile, educata e corretta. Un “vecchietto” dal fisico invidiabile che non si fa mai mancare la partitella tra amici la domenica mattina al Country Clube di Uderaba: “Per evitare la ruggine” dice lui.
Sul Mondiale del 1958 vinto giocando una sola partita e, nonostante questo, inserito nella top 11 del torneo, racconta: “Ho saputo solo due giorni prima della finale di giocare. La notizia mi ha un po’ sorpreso, ho parlato con De Sordi che mi disse che non ce la faceva a giocare. Essere inserito nella formazione dei migliori del torneo è stata una grande sorpresa. Chi ha scelto era un mio amico…
Il discorso poi scivola sul Mondiale inglese del 1966: “Avevo 37 anni, il fisico non rispondeva più come prima. Probabilmente c’erano giocatori che avrebbero potuto rendere di più“.
Inserito dall’ex compagno di squadra Pelé all’interno del FIFA 100, la speciale classifica che include i migliori giocatori di tutti i tempi, muore il 23 luglio 2013 è morto a Uberaba per una grave forma di insufficienza respiratoria e polmonite.