STOJKOVIC Dragan: il Pixie jugoslavo

Alla fine degli anni 50, la mitica coppia Hanna-Barbera creò due personaggi che tutti gli appassionati di cartoni animati ricorderanno sicuramente, Pixie e Dixie; i due topolini entrarono nel cuore di tutti i bambini americani, per poi espandersi a livello mondiale. Alcuni anni dopo, a molti kilometri di distanza, nacque un altro Pixie, anche lui destinato ad essere ricordato: Dragan Stojkovic viene alla luce il 3 marzo 1965 a Nis, allora appartenente alla Jugoslavia.

Quando arrivò il grande appuntamento mondiale in Italia nel 1990, con i suoi 25 anni Stojkovic si trovava al culmine della sua carriera calcistica. La Jugoslavia si era qualificata con grande autorità alla rassegna iridata, ed era formata da una generazione di giocatori che vinse il Mondiale giovanile in Cile tre anni prima, come Darko Pancev, Davor Suker e Robert Prosinecki. Inoltre, annoverava tra le sue file veterani di lusso come Safet Susic, Zlatko Vujovic e il portiere Tomislav Ivkovic. Nel suo insieme, non era una Nazionale nel suo pieno apice ma Ivica Osim aveva a disposizione un grupo capace di qualsiasi impresa. Per grande disgrazia, pochi anni dopo, la guerra nei Balcani distrusse una squadra che poteva diventare Campione d’Europa in Svezia nel 1992, ma questa è un’altra storia.

Stojkovic arrivava a quel Mondiale da stella della Stella Rossa di Belgrado, anche se dopo il Mondiale si sarebbe trasferito all’Olympique di Marsiglia. Il destino gli riservò una partita molto impegnativa dal punto di vista psicologico. Da giocatore del Marsiglia gli toccò sfidare la sua amata Stella Rossa nella finale della Coppa dei Campioni in quel di Bari nel 1991. Una delle finali più noiose degli ultimi 30 anni, finita ai calci di rigore. In quella partita, Stojkovic partì dalla panchina ed entrò nel secondo tempo. Fu uno dei prescelti dall’allenatore Raymond Goethals per tirare uno dei rigori, ma lui si rifiutò. La Stella Rossa vinse la lotteria dei rigori, e la stampa francese inferocita gli diede tutte le colpe. Dragan si scusò con una frase che rimane scolpita negli annali del calcio:
Se da jugoslavo lo sbaglio, i marsigliesi mi uccidono in campo. E se segno, non potrò più ritornare al mio Paese“.

Però torniamo indietro di un anno e concentriamoci sul nostro mondiale. Stojkovic era il leader di quella Jugoslavia, con il numero 10 sulla maglia e partendo dalla tre quarti era il grande creatore del gioco e delle occasioni da rete della sua squadra; quella nazionale era un mix incredibile di talento nella zona offensiva, con Dragan, Susic, Prosinecki e il Genio Dejan Savicevic come principali artiglieri. Dopo il rovescio iniziale dato dalla sconfitta 4-1 contro la Germania futura vincitrice, arrivarono i trionfi contro la Colombia e gli Emirati Arabi. La Jugoslavia si qualificò agli ottavi insieme alla Germania e affrontò la Spagna al Benegodi di Verona.

Nella piena afa veneta, la Jugoslavia giocava quella partita senza essere la favorita. La Spagna l’aveva battuta poco tempo prima in un’amichevole giocata a Ljubljana grazie a un gol di Butragueño e c’era la sensazione generale di una vittoria iberica. Però stava per arrivare la grande sorpresa, cioè la grande prestazione di Stojkovic che segnò due reti d’alta scuola: nella prima dribblò il difensore Manolo Jimenez e segnò dopo una danza dentro l’area di rigore; il secondo arrivò su punizione durante i tempi supplementari, giunti dopo il pareggio di Julio Salinas; la parabola superò la barriera e lasciò di stucco Zubizarreta. In Spagna accusarono il portiere di essersi girato, però la punizione era pressochè perfetta. Vi lasciamo un video di quella partita, dove vi potete gustare un focus su Dragan Stojkovic.

Il rivale nei quarti fu l’Argentina di Maradona. Diego giocò quel mondiale con la caviglia in disordine e grazie ad infiltrazioni in ogni partita. Bilardo firmò un’opera maestra in quella competizione, partendo dagli ottavi dove gli argentini sconfissero gli odiati brasiliani fino alla gran finale persa per colpa di un gol di Andreas Brehme. L’Argentina era una squadra dura, aggressiva, con grande fiducia nei propri mezzi e con due grandi campioni davanti: Maradona che creava calcio e Caniggia che concludeva a dovere le invenzioni del Pibe de Oro.

Contro la Jugoslavia all’Artemio Franchi di Firenze fu una partita apatica, senza grandi occasioni. Infatti si dovette arrivare fino ai calci di rigore. Ivkovic fece la sua parte, parando il rigore a Maradona; già lo aveva fatto durante la stagione precedente con la maglia dello Sporting Lisbona nei trentaduesimi della Coppa Uefa. Però Stojkovic tirò il suo rigore sulla traversa, e sbagliarono anche Brnovic e Hadzibegic. Questi tre rigori condannarono la Jugoslavia che dovette fare le valigie e tornare a casa. Quella fu lultima grande competizione di quella nazionale unita.

Nel maggio del 1990 era successo un fatto considerato come il simbolico anticipo della Guerra dei Balcani. Si stava giocando uun match di campionato tra la Dinamo Zagabria e la Stella Rossa. 3000 tifosi della Stella Rossa viaggiarono a Zagabria, liderati da un ancora sconosciuto Zeljko Ranatovic alias Arkan, che sarà poi indagato con laccusa di aver compiuto crimini di guerra. Durante la sfida, gli ultras della Dinamo Zagabria, conosciuti come i Bad Blue Boys, iniziarono a cantare linno nazionale croato, i serbi della Stella Rossa rispondevano con insulti, e il tutto finì con una battaglia gigantesca in campo e sulle tribune. Ci furono più di 100 feriti da arma da taglio.

La polizia federale jugoslava, sotto il controllo serbo, intervenne caricando i tifosi croati con grande violenza. Molti giocatori si rifugiarono negli spogliatoi. Ma uno rimase lì: un giovane Zvonimir Boban, uno dei leader di quella squadra che vinse i Mondiali Giovanili in Cile nel 1987. Il giocatore, vedendo come un poliziotto infieriva su un tifoso a terra, rifilò un calcione al poliziotto stesso che cadde al suolo. Il popolo croato lo idolatra da quel giorno e lo farà per sempre. Per colmo della ragione, risulta che quel poliziotto era un bosniaco musulmano. La Federazione Calcio Jugoslava punì Zvone Boban con l’esclusione dai Mondiali. Pochi mesi dopo, iniziò il conflitto bellico tra Slovenia e Croazia, per poi estendersi a tutta la Repubblica.

Stojkovic, che aveva giocato l’Europeo in Francia nel 1984 e che era stato medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Los Angeles quella stessa estate, non avrebbe più disputato nessuna grande competizione difendendo i colori della Jugoslavia unita. Partecipò al Mondiale del 1998 e all’Europeo del 2000 come membro della Serbia e Montenegro, anche se realmente la Nazionale si chiamava Repubblica Federale della Jugoslavia (denominazione mantenuta fino al 2003).

A livello di Club, Dragan giocò una stagione nell’Hellas Verona prima di tornare a Marsiglia due anni prima di emigrare in Giappone dove giocò sette anni nel Nagoya Grampus, club nel quale rimase poi come allenatore. Le sue magnifiche punizioni e la sua grande capacità di lanciare lungo e in profondità rimangono scolpite nella storia del calcio.

Per rivivere e non seppellire la storia, è rimasta una delle magliette della Jugoslavia che indossò, disponobile nello store on line Retrofootball.
Dal nostro collaboratore, Retrofootball