GIGI RIVA – LA STORIA DI ROMBO DI TUONO

Capitolo Terzo


L’estate passa in fretta. Riva sogna la Serie A; Non vede l’ora di misurarsi con i celebri assi. Il Cagliari va in ritiro a San Marcello Pistoiese, in Toscana. Gigi fiuta la convocazione nella Nazionale Olimpica. Esce dal suo riserbo per dire ad un giornalista: «Sa una cosa? Di notte sogno Tokio. Sarò matto, ma sarei disposto a qualsiasi rinuncia, pur di andarci. Ci spero. Faccio bene? Ma sì, perché pur essendo entusiasta del Cagliari, so che se dovessi partire per il Giappone la maglia n. 11 andrebbe sulle spalle di Congiu che è il nostro capo ed ha ancora tanta birra e tante finte nelle gambe. Ne ho imparate molte da lui. Aspetto con ansia di sapere qualcosa. Andare a Tokio e tornare fra i compagni con una medaglia, ecco il mio desiderio più grande».
I compagni dicono in coro che Riva merita la maglia azzurra. Ma il sogno di Gigi rimane un sogno anche se, qualche settimana dopo, Fabbri lo convoca insieme con Zoff, Poletti, Longoni, Bercellino, Rosato, Lodetti, Meroni, Traspedini, Muccini e Fortunato a Coverciano per un raduno. Riva segna tre gol, due li fa Meroni. L’indomani i giornalisti scrivono: «Meroni e Riva splendida coppia d’ali». Riva pensa alle Olimpiadi ma tutto sfuma perché la nostra rappresentativa, tra le polemiche, rinuncia a partecipare ai giochi di Tokio: i nostri calciatori sono quasi tutti professionisti.
Cocente è la delusione per Riva: si consola con la serie A. Il gran giorno del debutto per il Cagliari e per Riva avviene in trasferta. Il palcoscenico è quello maestoso dello stadio Olimpico. Un battesimo di fuoco per il Cagliari e per i suoi nove debuttanti. I rossoblu partono con il piede sbagliato e la Roma li batte (2-1). Un autogol e un errore del portiere Colombo condannano lo sfortunato Cagliari alla sconfitta. Riva non suscita molta impressione. In fondo è una sconfitta onorevole. Mentre l’erba sta crescendo sul nuovo tappeto dell’Amsicora, il Cagliari si esibisce ancora lontano dalla Sardegna, a Torino, contro la Juventus. A Torino c’è la colonia sarda e il Cagliari gioca senza complessi d’inferiorità, come a casa sua, e riesce a strappare un pareggio a reti bianche. Su Riva gioca Salvadore ed il pubblico non riesce ad apprezzare le doti di Gigi. Il punto di Torino consente ai rossoblu di presentarsi al «vernissage» all’Amsicora con il morale alto. Silvestri, però, non può schierare la miglior formazione e i suoi uomini pareggiano (1-1) con la Sampdoria, Il gol cagliaritano porta la firma di Riva, è il suo primo gol in serie A.
Nel Cagliari c’è anche Congiu, all’ala destra. L’anziano «capitano» disputa la sua unica partita nella massima categoria. Ormai la gente tifa Riva e solo Riva. Congiu capisce, si tira in disparte: Silvestri ha fatto la sua scelta definitiva. Ma sono tempi duri. Il Cagliari paga lo scotto del noviziato: si sbilancia, gioca all’attacco e viene infilzato. Dopo il successo interno di misura con il Lanerossi Vicenza, deve affrontare un calendario durissimo: pareggia a Mantova, perde a Catania e in casa con l’Inter, pareggia a Messina e riperde in casa con l’Atalanta. Dopo la sconfitta con i bergamaschi, dove Gallardo sbaglia un rigore, Silvestri chiede che la squadra venga multata per scarso rendimento, accusa le ali di non aver dato alcun apporto in fase offensiva e medita l’esclusione di Riva.
Per Riva è un affronto ma la sua assenza sarà di breve durata. A Roma, con la Lazio, il Cagliari gioca con Cappellaro al posto di Riva e perde 0-1. Silvestri la definisce una sconfitta assurda epperò corre ai ripari richiamando Riva e utilizzando Rizzo come «finta ala». La mossa tattica non funziona a Firenze perché i sardi, come al solito, osano troppo e vengono battuti. Riva è giù di tono ma Silvestri insiste su di lui. A Torino, contro i granata, il Cagliari tocca il fondo. Subisce un umiliante 4-0. Ma il presidente Arrica difende i giocatori dicendo che hanno il morale sotto i tacchetti. Silvestri parla di «complesso del gol», spiega che il Cagliari non segna da sette giornate (eccezione fatta per un gol di Rizzo a Varese), però ha fiducia in una ripresa. «Nel girone di ritorno abbiamo più partite in casa che fuori — sostiene Silvestri —. Speriamo che l’anno nuovo regali ai miei un po’ più di grinta e allora ci rifaremo».
Il Cagliari è ultimo in classifica: la situazione si fa pesante. In 14 giornate ha realizzato sette punti, con otto gol all’attivo e venti al passivo: un attacco sterile e una difesa colabrodo. Silvestri, naturalmente, è messo sotto accusa. Il tecnico, amareggiato, si dimette ma la società gli rinnova la fiducia e gli fa cambiare idea. A Genova, Arrica comunica a Silvestri che il Cagliari gli rinnova il contratto per un’altra stagione. Silvestri lo merita. Rimasto al suo posto cerca di ricaricare la squadra: «La nostra è una crisi psicologica. E’ ora di dire basta!».
E a Marassi, contro il Genoa, il Cagliari conquista un punto (1-1), Il gol è di Riva che un giornalista, nel suo resoconto, definisce «un leprotto, sgusciente come un’anguilla». Silvestri, euforico, si sfoga: ribadisce che in serie A c’è posto anche per il Cagliari. Ha ragione. I rossoblu pareggiano a Cagliari con il Bologna e i giornali parlano di «un grande Cagliari ma sfortunato». Nessun dramma per la successiva sconfitta di San Siro: i rossoneri vincono con un gol di Fortunato e si laureano campioni d’inverno a pieni voti. Perdere con questo Milan, sul suo campo, non è disonorevole.
Il Cagliari è in progresso. L’«escalation», come aveva pronosticato Silvestri, avviene puntualmente. I sardi inaugurano il girone di ritorno battendo la Roma con un gol di Cappellaro su rigore. Erano tredici domeniche che il Cagliari non vinceva. Sulle ali dell’entusiasmo i rossoblu s’impongono anche sulla Juventus, la prima «grande» che cade all’Amsicora. Il gol decisivo è di Riva.
Ormai la crisi è superata. Nel girone di ritorno il Cagliari esplode: realizza 25 punti, si piazza al sesto posto — primo tra le provinciali — a pari merito con il Bologna, campione uscente detronizzato dall’Inter. Silvestri viene priemato con il «Seminatore d’oro»: riconoscimento meritatissimo ad un tecnico tra i più preparati che ha saputo risolvere una situazione delicata.
Riva ha segnato complessivamente nove gol in 32 partite. E’ un’impresa ragguardevole per un novizio della serie A. «E’ persino troppo facile segnare all’Amsicora, la nostra arena — dice Riva —: fare due gol e sudare poco è la stessa cosà». Gigi richiama l’attenzione della Nazionale. Il commissario tecnico, Edmondo Fabbri, lo convoca per una «tournée» con tappe a Malmoe (Svezia), Helsinki (Finlandia) e Budapest (Ungheria). Manca un anno ai «mondiali» in Inghilterra. L’ala sinistra titolare degli azzurri è Pascutti. Gigi sta in tribuna a Malmoe e Helsinki e va in panchina, al Nep Stadion di Budapest. E’ il 27 giugno 1965. In campo si schierano: Albertosi; Poletti, Facchetti; Rosato, Salvadore, Fogli; Mora, Bulgarelli, Mazzola, Rivera, Pascutti. I magiari si presentano con: Gelei; Szepesi, Sovari; Matrai, Nagy I, Sipos ; A. Nagy, Bene, Albert, Rakosi, Fenyvesi.
Dopo otto minuti Pascutti s’infortuna (stiramento) e Fabbri manda in campo Riva. E’ un debutto del tutto inatteso. Fa caldo ma le gambe gli tremano per l’emozione. Gioca per gli altri, con i quali non è affiatato. Non è ancora un «egoista del gol». Non convince in pieno. Segna Albert, pareggia Mazzola, decide Bene.
Negli spogliatoi i giornalisti interrogano Riva. Gli chiedono cos’ha provato quando ha capito che doveva sostituire Pascutti. «Una terribile emozione — risponde — non riuscivo nemmeno ad allacciarmi le scarpe. Poi, sul campo, non mi convincevo di avere addosso la maglia azzurra. Ad un certo punto ho detto forte: «Guarda Luigi che stai giocando in Nazionale», ed è stato quando ho tirato quella palla che Gelei ha preso appena nell’angolo basso. Se la prende meglio e respinge, io o Mazzola la ribattiamo in porta». Gli chiedono perché, nella ripresa, ha dato una palla-gol a Mazzola quando avrebbe potuto concludere direttamente a rete. Replica deciso: «Certo che avrei potuto tirare, ma se poi avessi sbagliato? C’era Mazzola libero al centro e avendolo visto non potevo non passargli la palla. Lui era piazzato meglio di me. Chissà, se avessi tirato, magari il gol lo facevo. Ma se non lo facevo? Avrei voluto tenermi il pallone del mio debutto. Ma ho ingoiato tanta rabbia per questa sconfitta ingiusta che me lo sarei mangiato, il pallone. In fondo è meglio così».
L’indomani, nelle sue «pagelle», sul «Giorno», Gianni Brera — il più autorevole critico calcistico italiano — da un «sei» a Riva ma, nel resoconti, lo giudica con severità: «…Non basta: la respinta di Gelei capitava sul piede destro di Riva. Il poveraccio, che il destro non sa usarlo se non per reggersi, avrebbe potuto toccare direttamente a rete, ha invece dovuto liberare il sinistro e nel tentativo ha perduto la palla. Così, scandalosamente buttata questa occasione del pareggio, nulla più potevano sperare gli italiani… L’esordiente Riva ha avuto buone occasioni contro una difesa ungherese alquanto bislacca e facilmente superabile come dimostrano le palle-gol non trasformate dagli azzurri. Purtroppo Riva ha un piede solo e questo lo si sopporta negli assi e non nei giovani esordienti ancora lontani dall’aver dimostrato valori internazionali».
Quel primo gettone di presenza in Nazionale frutta a Riva, il primo cagliaritano a vestirsi d’azzurro, cinque milioni in più d’ingaggio nel Cagliari. Ora Gigi non ha più problemi economici. Il suo conto in banca, per quanto ancora modesto, prende consistenza: il futuro è roseo, il passato sembra lontano anche se è proprio il suo passato difficile a stimolarlo.
Sul mercato il nome di Riva fa capolino ma i giornali sono pieni di notizie sui grandi «divorzi» calcistici fra la Juventus e Sivori, fra il Milan e Altafini. Sivori, in lite con Heriberto Herrera, lascia la Juventus dopo otto anni. Un giornale lo definisce il «divorzio del secolo». Sivori va al Napoli. Più tardi lo. seguirà anche Altafini. José è il capro espiatorio di un Milan che andava fortissimo e che poi ha avuto un crollo improvviso e si è fatto rimontare dall’Inter sebbene avesse un vaneggio di sette punti. Altafini era già stato ceduto da Gipo Viani alla Juventus in cambio di Bercellino I e un forte conguaglio in milioni, ma Felice Riva, sconfessando il suo «general manager», aveva mandato in fumo l’affare dirottando il brasiliano al Napoli e creando le premesse per un altro clamoroso divorzio con lo stesso Viani.
Nella crisi tecnica e dirigenziale del Milan rimane coinvolto anche il Cagliari. I rossoblu hanno ottenuto il rinnovo della comproprietà di Gallardo (ovviamente le trattative sono state condotte con Viani) ma Felice Riva noti riconosce valido l’accordo. Ci vuole l’intervento di Artemio Franchi, vicepresidente della Figc, per comporre la vertenza. Gallardo rimane in forza al Cagliari. Purtroppo Silvestri s’illude che il peruviano esploda. «Dispongo di un grandissimo campione — dice Silvestri, — quello, nei piedi, ha la classifica-cannonieri». Ma Gallardo, che in Perù era un asso, continuerà a non segnare, neppure a porta vuota.
E Riva? C’è la Juventus che lo vuole ma le offerte del club bianconero sono ritenute molto allettanti dal Cagliari che giudica Riva incedibile. L’unica trattativa che va in porto sull’asse Cagliari-Torino, è lo scambio fra portieri: Colombo diventa il vice di Anzolin e Mattrel diventa rossoblu mentre viene riscattata la comproprietà di Nené. Da Modena arriva il terzino Longoni, tutto sinistro come Riva e come Gigi dotato di un tiro notevole.
Nel raduno di San Marcello Pistoiese, Riva si presenta in ritardo. Firma il contratto storcendo un po’ la bocca ma si accontenta. L’ultimo ad arrivare è Gallardo, il più atteso. Gigi pensa sempre alla maglia azzurra. La breve e casuale esperienza di Budapest deve avere un seguito. «Voglio disputare un grosso campionato — dice — affinché Fabbri non si dimentichi di me. L’avventura di Londra mi affascina assai». S’illude.
La partenza in campionato del Cagliari è scoraggiante: perde a Bologna, pareggia in casa con la Sampdoria, riperde all’Amsicora con la Fiorentina. A Torino, contro i granata, Mattrel compie alcune parate strepitose e il Cagliari conquista un prezioso punto. A Varese i rossoblu colgono, finalmente, il primo successo (3-1). Riva mette a segno due gol decisivi. Mentre il Cagliari ritrova il suo cannoniere, a Bologna sta per verificarsi qualcosa che avrà riflessi molto importanti sul futuro della società sarda. Il Bologna licenzia Scopigno e assume Carniglia. A fine stagione Scopigno passerà al Cagliari.
Anche se non mancano le delusioni, il Cagliari comincia a girare a pieno ritmo. Contro l’Atalanta fa 0-0 perché l’arbitro Gonella fa ripetere un rigore calciato da Rizzo per la posizione irregolare di Riva. Al secondo tiro dal dischetto, Rizzo fallisce il bersaglio. Longoni trasforma invece la massima punizione e il Cagliari, la domenica seguente, si afferma sul Brescia. La paura di osare impedisce ai sardi di battere il Milan a San Siro: si debbono accontentare di un 2-2 dopo essere stati in vantaggio di due gol. Riva ha le polveri bagnate e Fabbri non lo chiama neppure come rincalzo per l’amichevole con la Polonia. L’ala sinistra è Pascutti.
Dopo la pausa, il campionato riprende e il Cagliari procede a corrente alternata: perde a Milano con l’Inter, travolge la Spal e si fa sconfiggere a Catania dopo aver segnato per primo con Riva. Silvestri fa un «cicchetto» ai suoi giocatori i quali passano imbattuti sul campo della Juventus. Ancora una volta Mattrel è il protagonista del pareggio. L’aria di casa gli fa bene: para anche un rigore di Del Sol.
Riva si scatena con la Lazio (2 gol) e segna con il Lanerossi Vicenza, Dopo due 3-0 consecutivi, l’euforia del Cagliari viene ridimensionata dal Napoli che, al San Paolo, ritrova un grande Altafini e stende i sardi con due rigori.