GIGI RIVA – LA STORIA DI ROMBO DI TUONO

Capitolo Quarto


Il 6 gennaio, a Londra, c’è il sorteggio per i «mondiali». L’Italia viene inserita nel gruppo 4, con l’Urss, il Cile (è ancora vivo il ricordo degli incidenti di quattro anni prima a Santiago) e la Corea del Nord. Gli azzurri dovranno affrontare i coreani sul terreno più bello d’Inghilterra, lo Ayresome Park di Middlesbrough, ma non sarà una passeggiata. Il sorteggio viene considerato favorevole agli italiani. Fabbri, invece, è cauto: «Ci sono parecchi motivi per essere contenti, tuttavia aspettate a congratularvi». Un presentimento?
Il campionato continua e il Cagliari, all’Amsicora, ubriaca la Roma. Con la regia di Cera, Riva e soci diventano irresistibili. Gigi centra un bersaglio e il Cagliari maramaldeggia (4-0): egli ha ormai fatto l’abitudine al gol. E’ il cannoniere della «nouvelle vague». Sente odor di Nazionale.
«Mai come adesso ho il gol tanto facile — dice —. Credo sia questione di temperamento, oltre a saperci fare. Nel Cagliari si gioca per me, cosi come si gioca per Rizzo o per Greatti. Soprattutto si gioca per il bel calcio ora che la classifica non ci mortifica più. In queste condizioni ve più semplice andare a rete. Se si sbaglia si riprova, anche se poi non c’è bisogno di ritentare perché alla prima occasione il gol è bell’e fatto. Caso mai, dopo il primo gol, c’è il bis. In azzurro, se mi chiamano, è la stessa cosa. Più luci, un palcoscenico più vasto, ma anche una grande esaltazione. La porta, però, è sempre la stessa, la palla anche. Basta ripetere il giochetto: tirare e, se la fortuna ti assiste, gol anche lì. Certo che dopo quel gol… c’è da morirne».
Riva sta diventando l’incarnazione del gol. E’ l’espressione del calcio atletico anche, se non tutti riconoscono le sue doti straordinarie. Due anni in Sardegna l’hanno maturato. Fisicamente è uomo fatto. Il suo fusto legnoso è stato tirato su con le bistecche «gran premio» che avevano già avuto successo con i pugili «europei» Zuddas e Rollo. Passa il suo tempo libero nell’officina di un meccanico, Albino Cocco. Smonta e rimonta i motori. Ha pochi «hobbies»: gli piace, dormire a lungo, la musica. Legge di rado. Dicono ami la solitudine, ma lui afferma: «Non sono un selvaggio. Mi piace la solitudine o la compagnia a seconda degli stati d’animo. Ci sono alcuni momenti in cui me ne sto solo a riflettere ed altri in cui me ne sto con gli amici. Preferisco le ore della sera, quando al termine della giornata di lavoro posso vivere la mia vita di uomo normale, oltre che di calciatore». Con i primi soldi si compra una «Giulia» che fa elaborare. Ha la passione dei motori spinti e della velocità. Se non avesse fatto il calciatore avrebbe voluto pilotare i bolidi da corsa, ma il pensiero dominante è il pallone, il gol.
Dopo le vendemmie c’è la carestia. Il Cagliari chiude a reti inviolate la trasferta di Foggia. Sono sei giornate che il Cagliari non subisce gol (Pianta, subentrato a Mattrel, è imbattuto da quattro domeniche). A Bologna i sardi subiscono una dura lezione (3-1). Il punto della bandiera è di Riva.
Malgrado i successi personali, Riva è ignorato da Fabbri per la «Under 23» che gioca con l’Austria. Gli azzurrini perdono. Perde anche il Cagliari a Firenze (dopo aver pareggiato a Marassi con la Samp). Il riscatto avviene con il Torino: 3-2. Doppiette di Rizzo e Meroni, gol decisivo di Riva. Meroni rivendica una maglia azzurra, Riva ci spera. S’impegna a fondo ma il Cagliari impatta con il Varese, perde a Bergamo e pareggia a Brescia. Viene sconfitto anche in casa dal Milan. Il campionato si ferma per far posto alle rappresentative azzurre e l’unico cagliaritano convocato per la Nazionale B, che deve affrontare il Belgio a Charleroi, è Rizzo.
Riva non figura nella lista e ciò suscita scalpore ma Fabbri subito annuncia che verrà inserito tra i «moschettieri» impegnati a Parigi contro la Francia. Perdurando l’indisponibilità di Pascutti e non potendo fare affidamento su Barison, Appena rientrato in squadra, Fabbri si decide a riprovare Riva in un attacco che comprende anche Rivera e Corso. Il commissario tecnico ha voluto riproporre il tandem tanto discusso. A Coverciano il giorno del raduno. Corso rifiuta di farsi fotografare con Rivera. Il mancino dell’Inter è di pessimo umore, fiuta il vento contrario. Nella partita d’allenamento gli azzurri non convincono. Riva colpisce un palo. Non cerca attenuanti: «Non sono certo emozionato. Se dovessi emozionarmi in allenamento, cosa succederebbe in partita?». C’è Sandrino Mazzola, invece, che parla di Riva in termini lusinghieri: «E’ una grande ala».
L’amichevole con la Francia si gioca il giorno di San Giuseppe. E’ una delle partite a carattere sperimentale. La formazione è la seguente: Albertosi; Burgnich, Facchetti; Rosato, Salvadore, Pirovano; Domenghini, Rivera, Mazzola, Corso, Riva. La Francia gioca con: Arbour; Bosquier, Chorda; Artelesa, Budzynski, Peri; Baraffe, Herbin, Gondet, Simon, Hausser. I transalpini, come noi, si sono qualificati alla fase finale della Coppa del Mondo ma non costituiscono un banco di collaudo molto indicativo per gli azzurri. Il «test» è decisivo per Corso e per Riva. Corso viene boicottato, Riva è inesperto. Non sa ancora che in certe partite premondiali si gioca per farsi notare dai critici e per assicurarsi un posto: non gioca per sé ma per Rivera e Mazzola. Gli azzurri deludono, gli esprimenti, con buona pace di Fabbri, falliscono. Neppure Lodetti e Meroni (lo scanzonato e anticonformista giocatore «beat» del Torino) che all’inizio della ripresa sostituiscono Pirovano e Domenghini, riescono a farsi apprezzare.
Questa volta i giudizi su Riva si fanno più severi, in certi casi sono addirittura stroncati. Gianni Brera è drastico. Scrive: «Inoltre, alle estreme latitava spesso Domenghini e trepestava sulla lignea gruggia del destro il povero Riva. Quanta pena, povero ragazzo. Mancino, l’hanno messo a sinistra: cosi sul fronte di azione lui non può giocare: e per l’assenza di Pascutti si deve mettere lui in Nazionale. Stiamo davvero dando i numeri da queste parti». Brera è sarà poi il più fervente ed accanito sostenitore di Riva. Per lui ha coniato una definizione che esprime la sua ammirazione: lo ha chiamato «rombo di tuono», come un guerriero «apache», lo ha considerato uno dei più grandi goleadors della storia del calcio mondiale.
La critica boccia Riva, e Fabbri si regola di conseguenza. Probabilmente ha avuto la sfortuna di incontrare troppo presto Gigi. Amareggiato, ma non domo, Riva ritrova a Cagliari il calore, la fiducia e la comprensione dei suoi tifosi. E’ giovane, il tempo gioca a suo favore e si prenderà tante rivincite, con gli interessi. Alla ripresa del campionato il Cagliari, che ha perso un pò il ritmo, cade a Milano con l’Inter, viene addirittura travolto a Ferrara dalla Spai. Cinque gol (a zero) in due partite sono troppi. La strigliata di Silvestri e la multa della società fanno effetto: all’Amsicora il Cagliari ritrova la vena perduta: batte Catania e Juventus. Intanto si parla, sempre con maggior insistenza, del passaggio di Silvestri al Milan. Il tecnico smentisce, ma ha già preso contatti con la sua futura società. E’ un ex milanista e non vuole lasciarsi sfuggire l’occasione di tornare a San Siro sulla panchina rossonera.
Silvestri, prima di andarsene, vuole vedere il Cagliari salvo ma il finale di campionato diventa un calvario per i rossoblu: vengono sconfitti a Roma con la Lazio, pareggiano a Vicenza con un gol di Riva, perdono in casa con il Napoli. Si salvano battendo il Foggia alla penultima giornata. Chiudono con una sconfitta, per autogol di Vescovi, all’Olimpico con la Roma ma il risultato non ha più nessuna influenza sulla classifica.
Silvestri se ne va a Milano. Scopigno, che aveva già seguito, come spettatore, il Cagliari contro il Napoli, assume la direzione tecnica della squadra. Ha metodi molto personali, non adotta tattiche repressive: sette anni nel Lanerossi Vicenza e una breve esperienza nel Bologna. All’ombra delle Due Torri non ha avuto fortuna. Capisce di calcio e conosce la psicologia. Più che un allenatore, però, sembra un antico romano. Invece il «filosofo» dai cappelli grigio-cenere, con frangetta, è un tecnico che sa il suo mestiere. A 28 anni era già in panchina. Contrariamente alle apparenze è energico.
E’ nato a Udine il 20 novembre 1925, un «razza Piave», come calciatore non ha un passato celebre: dopo essere stato atleta (100 e 400 metri) e cestista, ha esordito in Umbria nel football. Poi è passato al Rieti, quindi alla Salernitana. Ha concluso la sua oscura attività agonistica nel Napoli. Come trainer le tappe sono state: Perugia, Rieti, Vicenza e Bologna.
A Cagliari, dove i tifosi lo accolgono con un po’ di scetticismo, Scopigno si appresta a rilevare una squadra che ha già una buona ossatura, con dei giovani di valore ed ha soprattutto Riva. L’attaccante, con 11 gol in 34 partite, è rimasto il cannoniere dei rossoblu. Eppure rimane a disposizione di Scopigno per puro caso. Scopigno, che voleva Vastola, non si era opposto alla cessione di Riva. L’Inter, uscita dalla Coppa dei Campioni, ha rivinto lo scudetto e si è assicurata Riva per 400 milioni. L’operazione rimane segreta (si saprà anni dopo) perché Herrera si oppone. E’ la più grande cantonata del «mago»: se ne pentirà amaramente. Herrera, come Fabbri, ha un debole per Pascutti che considera più forte di Riva. Moratti, che ha soffiato Riva alla concorrenza di Milan e Juventus, cerca di accontentarlo ordinando a Italo Allodi di trattare l’acquisto di Pascutti.
L’Inter offre Riva e 150 milioni ma il negoziato non va in porto. Schiavio, l’ex «nazionale» a cui il Bologna ha affidato la campagna acquisti e cessioni, si oppone energicamente al trasferimento dell’ala, sinistra, minaccia le dimissioni. E’ appoggiato dalla stampa bolognese. Il quotidiano sportivo della città, esce con un titolo a nove colonne in prima pagina: «Pascutti non si tocca!». E Riva, sottovalutato da H.H. e dal Bologna, rimane a Cagliari.