Ripudiato da un’intera città, accetta le critiche ma non i sospetti gratuiti e spiega per la prima volta la «sua» retrocessione. Finendo con l’Argentina e con un «sogno proibito» dai contorni nerazzurri
Simoni s’Inter… roga
A GENOVA non gli vogliono più bene. Colpevole di aver riacceso nell’animo dei tifosi antiche passioni ormai dimenticate, o forse soltanto sopite, Gigi Simoni è diventato improvvisamente non un nemico ma una persona non gradita. A parte il presidente Fossati nessuno gli è rimasto vicino. A cominciare dal neo-direttore sportivo Riccardo Sogliano che andava dichiarando già un mese prima della fine del campionato che per lui Simoni non era più l’allenatore del Genoa. Gigi Simoni, trentanove anni, di Crevalcore, un paese in provincia di Bologna, allenatore della « new wave » e da sette anni alla corte rossoblu prima come giocatore – è stato un ottimo centrocampista – eppoi seduto sulla difficile panchina di Marassi, si era reso interprete – due stagioni fa – del passaggio del Genoa dalla serie B alla A e, oggi, dalla A alla B. Una persona calma, affabile, che oggi, circondato da un numero indefinibile di figli – ogni tanto ne compare qualcuno – analizza il campionato del Genoa. Freddamente, senza cercare – o almeno questa è la nostra impressione – giustificazioni o scaricare colpe sulle spalle degli altri. Sulla sua faccia assai giovanile, forse troppo, non si leggono i segni del fallimento. E’ chiaro che gli dispiace questa retrocessione, però è un professionista e, come tale, non si abbandona a discorsi di cattiva sorte, si limita ad una analisi di quello che è stato, alla ricerca di eventuali errori da non ripetersi in futuro…
L’INTERVISTA
– Perché il Genoa, una squadra che aveva addirittura «osato» insidiare il primato juventino nel giro di poche domeniche, è finita in serie B?
«Eravamo partiti, tutti d’accordo, per fare un campionato superiore a quello dell’anno precedente. Senza ambizioni di primi della classe, avevamo fatto un ragionamento puramente numerico: notato che la difesa prendeva troppi gol, visto che l’attacco, con Pruzzo, produceva abbastanza, abbiamo fatto una campagna acquisti tutta proiettata sulle retrovie puntando su Berni e Silipo che, fra parentesi, si sono comportati assai bene. Ovviamente gli acquisti che ho proposto erano motivati dalle disponibilità delle società. Non per essere polemico: ma quale allenatore, trovandosi una difesa non troppo solida, non sognerebbe l’acquisto in blocco dei difensori juventini o granata? Partito il campionato siamo andati subito bene: in quattro giornate due vittorie e due pareggi in trasferta. Eppoi vi è stata la malaugurata sosta azzurra. Precedentemente, a Napoli, avevo perso Ghetti, un uomo chiave nello schieramento che avevo in testa e che, l’anno prima, aveva segnato sei utilissimi gol. Eppoi, nella sosta appunto, ho perso nientemeno che Pruzzo. Alla sesta di campionato, a Torino, Basilico ha avuto guai con il menisco e quindi è stata la volta di Rizzo. Tutto ciò per chiarire che, dalla sesta del 9 e 16 ottobre, ho sempre dovuto fare la formazione alla domenica mattina dopo aver sentito il bollettino medico. Il Genoa non ha una tosa di giocatori sufficiente per poter fare un campionato tranquillo qualora subisca così tanti incidenti. Una sola cosa mi conforta: nelle undici partite che la squadra ha potuto giocare al completo (le prime quattro e le ultime sette) abbiamo subito una sola sconfitta, a Vicenza contro il Lanerossi. Io non sono abituato a cercar scuse, però dico – senza paura dì essere smentito – che se avessi avuto meno incidenti le cose sarebbero andate diversamente ».
– Riccardo Sogliano. Si ha la sensazione che lei e il nuovo direttore sportivo non andaste proprio d’accordo. Crede che questo abbia influito sul rendimento della squadra?
«Ho le mie idee su Sogliano. E me le tengo. Posso solo dire che a me Sogliano non ha creato problemi. Se i giocatori hanno avvertito qualche cosa di strano non lo so. Bisogna chiederlo a loro…».
– Nel ritiro di Asti, dopo la sconfitta interna con l’Atalanta, deve essere successo qualcosa. Molti hanno scritto che lei ha rifiutato per l’ennesima volta di firmare il contratto e Sogliano se n’è tornato a Genova dichiarando che, per lui, Simoni non era più l’allenatore del Genoa.
« Sogliano, ad Asti, non s’è nemmeno visto! Eppoi io, con Sogliano, non ho mai parlato di contratto. E’ meglio chiarire una volta per tutte che io ho avuto rapporti esclusivamente con il presidente Fossati. Rapporti telefonici per di più, prima ancora che Sogliano fosse ingaggiato. Quindi, dopo l’assunzione del nuovo direttore sportivo (dopo la partita con la Fiorentina -n.d.r.) ho letto su “Il Secolo XIX” che Sogliano mi aveva dato trenta giorni di tempo per decidere se firmare o meno. Io, agli ultimatum, non ho mai risposto. Figurarsi poi se rispondevo a uno che manco conoscevo, e che non sapevo se, una volta firmato il contratto, fosse una persona con la quale avrei potuto andare d’accordo… ».
– Si dice che lei non abbia voluto firmare il contratto perché aveva avuto proposte assai più allettanti…
« Sì, di proposte buone ne avevo avute: Fiorentina, Bologna e altre compagini mi avevano contattato, ma così come non ho voluto firmare il contratto con il Genoa, altrettanto mi sono comportato con le altre squadre. Primo perché sono una persona seria e secondo perché… amo Genova. Ho sempre dichiarato che se il Genoa fosse retrocesso me ne sarei andato ma che, se si fosse salvato, sarei rimasto volentieri. Per me sarebbe stato molto semplice firmare il contratto che Fossati, fino alla penultima giornata, mi ha proposto: i soldi erano parecchi eppoi io avrei sempre potuto stracciarlo dicendo che non me la sentivo eccetera. Quindi firmare il contratto con un’altra squadra. Avrei potuto farlo, no? Non sarebbe stato un vantaggio per me? Eppure qualcuno… ».
– Crede ci sia qualcuno che alimenta le polemiche?
« Certamente! Dopo la partita con la Fiorentina, ad esempio, ho detto a Sogliano dì riferire al presidente se potevo prendermi qualche giorno di ferie. Ero amareggiato e non volevo andare in panchina per un paio di incontri. Fossati ha detto che andava bene, potevo rimanere a Crevalcore. Subito c’è stato qualcuno che ha detto che Simoni si era dimesso. E allora mi sono arrabbiato e mi sono presentato a Genova. Ecco, io son qua, ho detto. Le dimissioni non le ho mai date. Solo quando scadrà il contratto non sarò più l’allenatore del Genoa ».
– Qualcuno la ritiene in parte responsabile – insieme a Silvestri, l’ex d.s. – di aver contribuito a far precipitare il bilancio rossoblu…
«Anche queste sono manovre di “qualcuno”, sempre quelli a cui, evidentemente, non sono simpatico. Ogni anno parlavo con il presidente, lui mi diceva che e’ erano “tot” milioni a disposizione per la campagna acquisti e io mi regolavo in conseguenza. D’ altronde non credo che la situazione finanziaria del Genoa sia così disastrosa. In fondo quando Silvestri ha preso la direzione sportiva il Genoa era in serie C, adesso invece è in B. Pruzzo nessuno lo conosceva, adesso vale un miliardo e mezzo e credo che il capitale societario, da quando il Genoa era in C, sia nettamente aumentato. Certo, alcuni acquisti sono stati sbagliati, ma altri si sono rivelati un vero affare».
– A proposito di Pruzzo, è stato scritto che sia lui che altri sono stati per alcuni mesi senza stipendio…
«Balle! Noi siamo sempre stati pagati regolarmente. Magari qualche volta Fossati ci ha chiesto, visti gli incassi poco soddisfacenti, di aspettare un po’. Ma gli stipendi non hanno mai tardato più di quindici giorni. Le altre “voci” sono soltanto pettegolezzi messi in giro da gente che vuole rovinare la società ».
– A proposito di stipendi, quanto guadagna un allenatore?
«Non lo so. Ho letto che Vinicio guadagna 100 milioni ».
– Insomma, molto o poco?
«E va bene: parecchio! Diciamo sui quaranta-cinquanta milioni l’anno. Però mi creda, anche se son molti soldi, sono meritati. Se sì considera tutto quello che un allenatore deve sopportare sia in campo che fuori, con i giocatori, con la società, con il pubblico. Amarezze, accuse, astio di alcuni giocatori. E il rischio di venire licenziati non appena le cose volgono al peggio. Perché è ovvio che il primo a rimetterci è proprio l’allenatore ».
– Che ne pensa del Corso allenatori di Allodi?
«Sono favorevole perché da Coverciano escono uomini veramente preparati sotto ogni profilo. L’unico fatto che mi lascia perplesso è la mancanza di esperienza o la pretesa di quelli che escono dal Corso di andare ad allenare subito una squadra di serie A. Mi tiro la zappa sui piedi perché io stesso sono arrivato alla A senza alcuna esperienza e, ogni giorno che passa, capisco di avere ancora da imparare qualcosa di nuovo, qualcosa di indispensabile. E per questo direi che gli allenatori, anche quelli che escono da Coverciano, dovrebbero fare un po’ di gavetta ».
– Qual è l’allenatore che ritiene più valido nel nostro campionato?
«Castagner. Perché credo che raccolga in sé una glande preparazione e una personalità fortissima, indispensabile per un allenatore. Ho parlato molto con lui e mi sono reso conto che è veramente il più in gamba di tutti. In più è uno che crede in quello che fa: non è un presuntuoso, è solo uno che crede in se stesso e riesce a trasmettere questa forza ai suoi giocatori ».
– Liedholm, Vinicio, Pesaola, Puricelli, tra questi allenatori stranieri, qual è quello che preferisce?
«Vinicio e Puricelli per la loro mentalità offensivistica, Pesaola e Liedholm per la loro esperienza nei rapporti umani ».
– A lei, Simoni, piacciono i soldi?
«Per niente. Non mi frega nulla dei soldi: bastano quelli che mi permettono di far star bene la mia famiglia ».
– Che squadra le piacerebbe allenare, oggi?
«L’Inter. Prenderei volentieri il posto di Bersellini perché considero la società nerazzurra quella meglio strutturata, con un vivaio interessantissimo e due persone, Beltrami e Mazzola, veramente in gamba. La Juventus? Certo è una grande squadra, ma io preferirei l’Inter ».
– Lei è bolognese, il Bologna non l’interesserebbe?
«Certo, mi piacerebbe allenare il Bologna ma nessuno è profeta in patria… ».
– Perché l’anno scorso non avete voluto vendere Pruzzo?
«Non è mai stato detto che Pruzzo era incedibile. Solo che non abbiamo avuto contropartite tecniche valide. Alla Juve, per esempio, avevamo chiesto le comproprietà di Paolo Rossi e Cabrini, ma non hanno accettato. Tutte le altre erano più o meno offerte svantaggiose, quindi… ».
– Alla luce della recente partita con la Jugoslavia e dell’allenamento col Deportivo, come vede il cammino della Nazionale in Argentina?
«Gravoso, anzi gravosissimo. Ci sono dei giocatori che sono mesi e mesi che non vanno e non credo che possano ritrovare la forma in pochi giorni ».
– E allora Bearzot?
«Beh, Bearzot parte con delle idee e le porta avanti fino in fondo. In più non dimentica quegli uomini che gli hanno dato delle soddisfazioni, che gli hanno fatto il risultato. Ciò, a mio avviso, è sbagliato. Fino al giorno della convocazione nessuno deve “essere sicuro” di giocare. Altrimenti può sedersi, lasciarsi un po’ andare. Eppoi, scusate, come si fa ad aver dei dubbi su gente come Paolo Rossi? Come si fa a non convocare nemmeno Filippi? Sarà vecchio, brutto o che ne so, però è stato il migliore quest’anno e aveva diritto ad essere preso in considerazione non ieri, ma cinque, sei mesi fa. Nella Nazionale che è in Argentina ci sono degli ” spompati” e lo sapevamo già da tempo, o no? Quindi auguri, anzi auguroni ».