Giovanni Arpino: Cronache Messicane

2 giugno: Tutti ci attendono come protagonisti

La lunghissima vigilia è finita. L’Italia scende domani in campo a Toluca contro la Nazionale svedese. I professionisti azzurri sono considerati un autentico squadrone, i critici stranieri di ogni lingua e tendenza non esprimono affatto nei nostri confronti le riserve, i timori, i dubbi che spesso nutrono tanti giudizi italiani sulla nostra Nazionale. Riva, Mazzola, Rivera, Facchetti, sono attesi come protagonisti di un torneo che fin dalle prime , battute ha dimostrato molta prudenza da parte dei giocatori e ha alzato la bandiera del più realistico difensivismo. Gli azzurri devono vincere. Non soltanto per conquistare due indispensabili punti, non soltanto per «farsi» un morale adeguato, ma anche per non deludere milioni di appassionati che in questa squadra ripongono legittime speranze. Una delusione è, a detta di molti, impensabile. I giocatori sono distesi, tranquilli, consapevoli. Sanno di dover affrontare una compagine seria e concentrata. Gli svedesi allenati da Bergmark (che conosce assai bene i metodi e i giocatori italiani) non hanno mai messo in tavola tutte le loro carte, sia durante le partite primaverili di collaudo sia durante gli allenamenti in Messico. Costituiscono un « undici » che ha i suoi punti di forza in Eriksson e Svensson, laboriosi uomini di centrocampo, e nel centravanti Kindvall, un giocatore molto rapido e di modernissima intuizione. Gli azzurri dovranno imbrigliare il gioco degli avversari e sfruttare le propulsioni di Riva e Boninsegna. Ma dovranno saper proteggere molto bene la propria difesa, che presenta degli esordienti e non è più la formidabile trincea conosciuta al tempo dei Castano e dei Picchi. La tradizione non ci è favorevole con la Svezia. La abbiamo incontrata sette volte in sessant’anni, in quattro occasioni ne sono usciti dei pareggi, in altre due abbiamo subito sconfitte, e una volta sola (nel lontano 1912) vincemmo con un misero gol di scarto. Le tradizioni nel calcio pesano come la cattiva coscienza, e a volte riescono a confondere un esame logico delle forze opposte. I L’incontro di domani è determinante anche perché tutte le previsioni sottolineano l’asprezza della prossima battaglia con gli uruguaiani, a soli tre giorni di distanza. Sperare in Riva è normale: anche durante gli allenamenti in altura il nostro goleador ha dimostrato forma, vivacità, invenzioni fulminee, oltre a una concentrazione di umori che rasenta persino la tristezza, tipica del campione prima dello scontro. Ma Riva in Messico sarà marcato come il nemico numero uno, e i temi d’attacco della nostra squadra andranno nutriti di possibilità che non riguardino la sola ala sinistra azzurra. Gli svedesi cercheranno di imporre il loro ritmo e la loro prestanza atletica. Quanto questa prestanza conti in Messico è ancora da stabilire, l’altitudine fa discutere molto e spreme i giocatori in modi diversi. Dopo uno scatto è molto difficile recuperare, il debito di ossigeno contratto ha bisogno di una minima unità di tempo per essere pagato. Il gioco di manovra è quindi importante, come lo scatto breve e lo sfruttamento di precisi lanci, poiché la palla nella diminuita pressione atmosferica corre più velocemente. Conviene tirare da lontano quasi sempre, senza esaurirsi in scambi eccessivi. L’assetto della nostra squadra è sufficientemente solido. Se i vari reparti sapranno tenere il campo come conviene (senza gli arruffamenti visti a Madrid e a Lisbona) la partita non dovrebbe sfuggirci. A meno di imprevedibili incidenti o collassi nervosi, che però non sembrano verosimili, vista la serenità della squadra, che appare matura e volonterosissima. Malgrado il titolo di campioni d’Europa, non bisogna tuttavia dimenticare la disfatta con la Corea e i conseguenti pomodori. Sono ricordi che debbono essere cancellati domani, a Toluca, a oltre 2600 metri d’altezza, manovrando con astuzia, usando il rallentatore quando è necessario e il colpo di spada appena si intravede una possibilità. Ogni campionato del mondo riserva, per qualcuno, una sorpresa negativa. Stavolta non dovrebbe proprio toccare a noi.