Giovanni Arpino: Cronache Messicane

6 giugno: Tango per due

Le eliminatorie dei «mondiali» come il nostro campionato di calcio: poiché contano i punti, per andare avanti, Italia ed Uruguay si sono affrontate oggi sull’assolato campo di Puebla con il sin troppo chiaro desiderio di arrivare allo zero a zero. Sarà diverso nei quarti di finale e dopo ancora, dove gli incontri saranno ad eliminazione diretta, ma per ora non c’è troppo da gridare allo scandalo se le squadre pensano ad arrivare alla qualificazione con il minimo sforzo possibile. Italiani ed uruguayani hanno iniziato a tempo di mazurka (lenta) e poi hanno subito frenato: ne è uscito un gioco a passo di tango neppure troppo falloso — altro indice di un istintivo patto di non aggressione — che si è ravvivato un poco in inizio di ripresa grazie, da parte degli azzurri, all’ingresso in squadra di Furino al posto di Domenghini. Il juventino, che attendeva con ansia questa occasione, ha mosso un poco le acque ma senza risultati concreti molto evidenti. L’Uruguay ha attaccato di più e non ha picchiato, come si temeva, salvo che nell’acceso finale quando il ritmo è naturalmente aumentato un poco. Su Riva è andato Ancheta, il «cattivo» TJbinas ha fatto il terzino d’ala avanzando, come dall’altra parte Mujica, a centrare dalle fasce laterali. Il più falloso dei sudamericani è risultato Cortes, che solo nei primi dieci minuti avrà commesso cinque falli sul povero De Sisti, che si guardava intorno senza capire il perché di tanta acrimonia nei suoi confronti. Tutti gli uruguayani, d’altro canto, hanno dimostrato di saper commettere le scorrettezze al momento giusto, quando la manovra azzurra pareva diventare pericolosa. Per il resto si sono adeguati al ritmo della gara, che solo nella ripresa ha avuto sussulti agonisticamente validi. Gli azzurri hanno giocato come di consueto, accentuando ancora di più la posizione prudente di De Sisti, Mazzola, Domenghini (e poi Furino) impegnati a proteggere la difesa. In avanti le solite due punte — Boninsegna e Riva — a lottare come disperati contro un nugolo di difensori fisicamente prestanti: veniva voglia di scendere dalla tribuna per — potendolo — dar loro una mano, ma ormai il nostro calcio è questo, ed il « tutti indietro » diventa una regola rigida a maggior ragione quando il pareggio sembra un risultato utile. Sul piano dello spettacolo, come logico con queste premesse, la gara è stata una grossa delusione, ben inquadrandosi quindi nella insoddisfazione generale di questo inizio della Coppa Rimet messicana. Ci sono, è vero, i goals a grappoli del Perù, gli scatti funambolici del brasiliano Jairzinho (più che del lento Pelé), le coraggiose manovre della Cecoslovacchia, ma il panorama è fiacco. Anche stasera Riva non ha segnato: il nostro cannoniere diventa sempre più nervoso, per lui il gol è una droga, una molla che lo spinge a lottare sempre di più. Ha avuto qualche pallone giocabile, ma i difensori uruguaiani non l’hanno certo lasciato tirare tranquillo, hanno saputo sbilanciarlo al momento opportuno. Il migliore, dopo il nostro pacchetto difensivo, è stato ancora una volta Sandrino Mazzola che ha avuto qualche proiezione offensiva, mentre in avanti più di Riva ha lottato Boninsegna. Certo, al di là dello spirito della gara di oggi, Mandelli e Valcareggi debbono chiarire un poco le idee ai nostri giovanotti: visto che per un caso fortunato Boninsegna è in Messico, tanto vale sfruttarne la grinta e la combattività. Giocare solo per Riva è un errore clamoroso, i tecnici dovrebbero saperlo bene. Ai mondiali non si può barare, e tanto meno sperare di vincere con un solo «asso».