MEISL Hugo: il padre del Wunderteam

Guidò la nazionale austrica per ben 26 anni, dal 1915 al 1937. Il suo nome resta legato all’epopea del Wunderteam, la squadra delle meraviglie, come a lungo venne conosciuta la Nazionale austriaca, capace di dare spettacolo e lezioni di calcio in ogni parte d’Europa.


Hugo Meisl era nato a Moleschau, in Moravia, il 16 novembre 1881, da una famiglia di banchieri viennesi. Si innamorò giovanissimo del calcio, rinunciando in partenza per amore della sfera di cuoio a entrare nel mondo degli affari. Giocava interno nell’FK Austria di Vienna quando incontrò l’allenatore inglese Jimmy Hogan e lo persuase a trasferirsi a lavorare nella capitale austriaca.

Passò all’Admira, poi lasciò il calcio attivo per diventare arbitro, in questa veste alle Olimpiadi di Stoccolma 1912 diresse l’Italia nella partita persa contro la Finlandia negli ottavi di finale. Fino a quel momento aveva mantenuto il posto di funzionario di banca, che lasciò quando accettò il posto di segretario della Federcalcio austriaca: singolare il parallelismo con Vittorio Pozzo, di cui divenne presto grande amico. La differenza, sostanziale, fu che Meisl non abbandonò mai quell’incarico, fino alla morte.

Divenne selezionatore della Nazionale ed assieme a Jimmy Hogan creò il nucleo del Wunderteam, pescando tra i gioielli di una generazione di campioni. La squadra che costruì era un perfetto connubio di qualità tecniche e atletiche: «La squadra austriaca è stata per anni, senza dubbio, la migliore d’Europa» ne scrisse Vittorio Pozzo, più volte rivale diretto; «l’hanno ammirata in Inghilterra e Scozia, paesi dei maestri del football. I suoi giocatori hanno la finezza dei tecnici e la rudezza dei combattenti, sono giocolieri e atleti, formano un complesso raro per armonia e potenza».

Il 5-0 inflitto agli scozzesi il 16 maggio 1931 è considerato il primo vagito di quella straordinaria squadra. Il cui rapporto col calcio britannico visse un capitolo fondamentale il 7 dicembre 1932 allo Stamford Bridge, il campo del Chelsea. Quel giorno i fortissimi “bianchi”, che le avevano suonate alla Germania, alla Svizzera, all’Ungheria, all’Italia e alla Svezia, si misurarono coi maestri, mettendo a confronto due concezioni opposte del calcio in quello che venne definito “il match del secolo”.

Hugo Meisl con la sua Austria 1932
Hugo Meisl con la sua Austria 1932

Ne uscirono sconfitti di misura, al termine di una fantastica battaglia di grande calcio. Gli inglesi, forti della loro tecnica individuale al servizio di lunghi traversoni e gioco in velocità, andarono sollecitamente sul 2-0. Gli austriaci misero in moto il loro football lento e raffinato, fatto di passaggi corti e invenzioni individuali e arrivarono presto a insidiare gli avversari: Zischek, la formidabile ala destra, accorciò le distanze; gli inglesi fecero il 3-1 con Houghton, ma Sindelar segnò ancora e dopo il 4-2 di Crooks ancora Zischek andò a segno, fissando il risultato sul 4-3 per i padroni di casa, che per la prima volta cominciarono a chiedersi se gli “allievi” avessero qualcosa da insegnare ai maestri.

Abile nella tessitura tattica della squadra, Meisl possedeva grandi qualità umane, ma anche un polso di ferro contro i giocatori che non davano il massimo in campo. Non amava il gioco inglese, fondato sul Sistema, e in un articolo scritto nel 1935 ribadiva i suoi concetti-cardine: «L’avvenire appartiene alla combinazione fluente ed al giuoco veloce. Il nostro calcio non deve diventare un giuoco di rapida corsa con il pallone, per quanto attraente possa parere: non un giuoco alla Arsenal, incurante di stile e di scuola. Il nostro giuoco non deve basarsi per l’80 per cento sul caso e per il 20 per cento sui fatti coscientemente voluti, ma, al contrario, per l’80 per cento su quelli e per il 20 per cento su quello. Noi dobbiamo conservare la nostra “combinazione”, che è superirore per estro e per stile a quella inglese, perché la nostra obbedisce a una volontà direttiva e non dipende dalla foga dei giocatori, dalla debolezza della difesa avversaria, da tiri potenti ma casuali. Per noi continentali il Metodo è il giuoco di gran lunga più conveniente e più efficace è quello consistente nel creare sicure occasioni dì segnare attraverso combinazioni precise, intelligenti, abilmente intessute, scientemente elaborate, distìnte dalle “sciabolate ” tirate a casaccio. Così non si perde di vista lo scopo principale di ogni partita di calcio, che è quello di dare un vincitore e un vinto: ma nello stesso tempo si arricchisce il giuoco di quella bellezza tecnica e di quel contenuto artistico che soddisfano ed addirittura entusiasmano lo spettatore. Però la nostra “combinazione”, che possiede estro, anima e sostanza, deve essere eseguita con maggiore velocità e decisione che non attualmente perchè possa diventare efficace e redditìzia al massimo grado. I terzini, i mediani egli avanti dovranno abituarsi, naturalmente tenendo in considerazione il giuoco degli avversari, a passare la palla immediatamente a volo, o con la maggiore rapidità possibile, ma sempre con precisione, ai compagni meglio piazzati, specialmente a quelli che stanno per scattare».

All’epoca tuttavia già la sua fama aveva preso a offuscarsi. Poco prima del Mondiale 1934, che avrebbe dovuto consacrarne la stella tramandando al massimo albo d’oro la leggenda del suo Wunderteam dei miracoli, Meisl si era ammalato. Aveva recuperato, ma non completamente, e la sconfitta contro l’Italia nella manifestazione iridata gli procurò le prime contestazioni, che non giovarono alla sua serenità. Vittorio Pozzo, nelle sue memorie, scriveva: «Ricordo gli ultimi anni di commissariato austriaco di Hugo Meisl. Era stato in carica molto meno di me. Ma aveva l’animo esacerbato per la campagna che gli facevano contro. Perché non se ne andava mai. Era diventato lo zimbello di molti. Ricordo le parole di alcuni parenti prossimi suoi. Non potevano concepire come un uomo intelligente potesse rimanere così a lungo in posizione esposta: a fare da bersaglio ai gelosi, agli ambiziosi, ai maneggioni».

Simultaneamente alla sua attività sul campo, Hugo Meisl diede il suo contributo anche dalla sua scrivania di segretario generale della ÖFB. Fu sicuramente la più importante figura di dirigente austriaco negli anni compresi tra le due guerre mondiali: contribuì a fondare la federazione nel 1904, ne promosse l’ingresso nella FIFA nel 1907 e si adoperò per ospitare il congresso della federazione internazionale nel 1908.

Fu inoltre un convinto assertore della necessità di introdurre il professionismo nel gioco del calcio: in tal modo l’Austria divenne, nella stagione 1924 – ’25 il primo paese dell’Europa continentale ad avere una lega professionista. Meisl fu importante non solo per la storia del calcio austriaco, ma anche per quello internazionale. Fu infatti l’ideatore e l’anima organizzativa dei primi grandi trofei sovranazionali regolarmente disputati: la Mitropa Cup per squadre di club e la Coppa Internazionale per squadre nazionali. La prima, per il prestigio assunto, fu la vera e propria antesignana della Coppa dei campioni, mentre la seconda fu la base per il futuro Campionato europeo per nazioni organizzato dall’UEFA.

Meisl morì improvvisamente nel 1937, appena cinquantaseienne, a causa di un attacco cardiaco. La sua scomparsa gli impedì di vedere, di lì a pochi mesi, il suo paese annesso dalla Germania nazista e il suo Wunderteam smembrato per confluire nella nazionale del paese invasore.