Italia, Corea e Byron Moreno: complotto?

Attraverso un racconto in stile fiction, ma drammaticamente reale, ecco ricostruite le ore seguenti alla disfatta azzurra ai mondiali nippo-coreani del 2002. Byron Moreno sicario di una manovra partita da lontano, e che con tutta la più buona volontà è impossibile non definire un complotto

Quindici minuti dopo il golden gol di Ahn, Franco Carraro parla febbrilmente al cellulare misurando a brevi passi l’atrio davanti allo spogliatoio azzurro. Va avanti e indietro in cinque metri, e sembra una mosca imprigionata sotto un bicchiere. Sconvolta dalle lacrime, la figlia Alberta esce per un momento nella zona mista, per poi tornare al di là della porta a vetri, accanto al padre. I due hanno appena litigato con la segretaria di Antonio Matarrese, Licia Pellegrino, bersaglio di un’ira diretta al suo principale, accusato di aver tirato le fila del riuscitissimo complotto per far fuori l’Italia.

L’impiegata della Federcalcio, che ha poi mostrato l’intenzione di querelare Carraro, in lacrime ha telefonato dalla Corea per spiegare l’accaduto a Matarrese, che ha confermato tutto: «È tutto vero ed è ufficiale: la mia assistente è stata apostrofata con parolacce dal presidente Carraro in tribuna d’ onore. È stata aggredita verbalmente davanti a tutti. Io mi sono molto rammaricato».

Sono i momenti convulsi che seguono ogni fallimento, ma stavolta i miasmi che escono dal vaso di Pandora scoperchiato da Ahn fanno sinceramente paura, oltre che pena. Carraro ci mette un po’ a rassettarsi, e a salire sul palco per vestire in qualche modo il suo silenzio, mentre il capo delegazione di un’ Italia che non c’è più, Raffaele Ranucci, ha almeno la decenza di chiamare le schifezze con il loro nome. «Questo è stato un arbitraggio in malafede, una cosa che non avevo mai visto in 40 anni di calcio».

La cifra è un tantino esagerata – Ranucci ha soltanto 45 anni – ma rende l’idea di quanto è stato visto dal vivo, decine di milioni di italiani hanno patito davanti alla tv, e centinaia di milioni di appassionati hanno vissuto in tutto il mondo, restando sbalorditi. «Il danno maggiore non l’ha sofferto l’Italia – dice ancora Ranucci, che non riesce a frenare l’indignazione – ma l’immagine del calcio sull’intero pianeta». Il signor Byron Moreno, vergognoso arbitro di Corea-Italia, è stato soltanto il sicario di una manovra partita da lontano, e che con tutta la più buona volontà è impossibile non definire un complotto.

Tre indizi della pesantezza di quelli vissuti in Giappone e in Corea costituiscono la prova della volontà punitiva della Fifa nei confronti dell’Italia, e il fatto che l’esecuzione capitale sia arrivata nel match contro i padroni di casa potrebbe persino essere fuorviante. Nel senso che tutti pensano a un favore (a una serie di favori) fatto alla Corea, nel quale ci siamo andati di mezzo noi. Mentre il vero sospetto, avvalorato dagli sbagli nelle gare con Croazia e Messico, è che il bersaglio grosso da abbattere a ogni costo fosse l’Italia, e che sia stata la modesta Corea – passante ignara e fortunata – a raccoglierne i frutti.

Le motivazioni possono essere tante: dalla guerra a Blatter di Matarrese, al ruolo in qualche modo eversivo dei nostri grandi club all’interno dell’ Uefa (il famoso G-14). Il risultato è che Ranucci lascia il campo gridando un sarcastico «good» a Moreno, autore di un crimine eseguito male ma efficace, e in una difficile telefonata al responsabile tecnico della Fifa, Walter Gagg, apprende che… «Gagg si è detto allibito per l’arbitraggio, e mi ha informato di averne già parlato con Blatter, il quale si è lamentato ancora una volta dei guardalinee. Io gli ho urlato che stavolta è stato l’arbitro a danneggiarci, e lui mi ha dato ragione. Per quello che conta…».

Era dai giorni del ritiro premondiale di Coverciano, o meglio ancora da quando Carraro era stato trombato all’elezione del consiglio dell’ Uefa, che si temeva quel che poi è successo: a livello internazionale l’Italia è odiata, e ci è voluta molta buona volontà per tollerare le due errate segnalazioni del guardalinee danese Larsen, che contro la Croazia ci hanno tolto come minimo un punto. Il precipitoso arrivo di Carraro, sostenitore di Blatter al recente congresso Fifa, aveva fatto pensare a una sistemazione del problema: l’Italia ha già dato, dicevano tutti i dirigenti federali, ora il suo futuro arbitrale è blindato.

Con queste premesse, la designazione del brasiliano Simon per la gara decisiva col Messico era vissuta sottovoce come una garanzia: poche ore prima che la notizia arrivasse, a Sendai lo si definiva la migliore delle opzioni possibili. Marchiano errore di valutazione, visto che il fischietto brasiliano, con la collaborazione di entrambi i guardalinee, annullava altre due reti regolari agli azzurri: fino al gol di Del Piero, se l’Ecuador non avesse incredibilmente battuto i croati, la nostra corsa nel Mondiale sarebbe finita già a Oita..

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Il terzo tentativo è riuscito, anche se se è giusto ricordare che gli azzurri fallisce tesori di palle-gol sia sull’ 1-0, sia nei supplementari. L’Italia voleva un arbitro europeo, forte del fatto di aver accettato un sudamericano nel match con i messicani, e invece la Fifa – su richiesta coreana – designa Byron Moreno. Pensate soltanto a questo particolare: il potentissimo Senes Erzik, il turco che dirige gli arbitri dell’Uefa, ha regalato alla sua nazionale, impegnata contro i padroni di casa del Giappone, la massima garanzia dell’arbitraggio di Collina (e infatti la Turchia è passata). Noi, invece, abbiamo dovuto trangugiare il fenomeno ecuadoriano e le chiacchiere illuse dell’ambiente azzurro: Ecuador, Ungheria (guardalinee Szekely) e Argentina (guardalinee Rattalino) sono federazioni schierate con Blatter, che invece nel congresso Fifa è stato duramente combattuto dai coreani. Vuoi vedere che…

Abbiamo visto, e in realtà lo si era pure pensato prima. Per quanto la federazione argentina possa essere dalla parte di Blatter, il guardalinee Rattalino (origine italiana? Beh, dev’essersela scordata…) aveva già dato prova della sua bravura in Corea-Portogallo, contribuendo in maniera decisiva all’espulsione dei due lusitani. L’ungherese, poi, era quello dei disordini di Roma-Galatasaray: evitò a Totti la squalifica, questo sì, ma a prezzo di una totale cecità verso le intemperanze dei turchi. Il mitico Erzik non avrebbe potuto chiedere di meglio. Ranucci dice di aver rivissuto il film «Totòtruffa», ma stavolta senza ridere, e racconta di aver calmato a fatica i giocatori, impegnati in un’accurata opera di devastazione degli spogliatoi.

Corea del Sud-Italia 2-1: ecco l’elenco della vergogna

SUBITO GIALLO: Italia-Corea del Sud, 18 giugno, Daejeon, ottavi di finale di Coppa del mondo: l’ arbitro Moreno dopo tre minuti, ammonisce Coco per un’ entrata energica, ma non dura su Park. IL RIGORE: Dopo cinque minuti, Moreno fischia un rigore a favore della Corea del Sud per una trattenuta in area di Panucci su Seol (parata di Buffon).
AMMONIZIONE: Al 22′ Totti viene ammonito per un fallo veniale su Kim. Ed è un cartellino giallo che a gioco lungo peserà moltissimo sui destini azzurri della partita.
PERDONO: Al 7′ della ripresa, Moreno si limita a richiamare Kim Tae Young e Del Piero. La moviola dimostra che il colpo di braccio è soltanto del coreano, che però è già ammonito (dal 17′ p.t.) e che dunque verrebbe espulso, lasciando la Corea in inferiorità numerica.
ESPULSIONE: Al 13′ del primo tempo supplementare, Totti riceve la seconda ammonizione, del tutto ingiustificata: il romanista va a terra in area dopo essere stato toccato dal numero 22 coreano. Se non è rigore, non può mai essere simulazione. L’Italia resta in dieci.
GOL ANNULLATO: L’ episodio decisivo avviene a 5 minuti dalla fine, quando il guardalinee Rattalino annulla il golden gol dell’ Italia, una rete regolare firmata da Tommasi. Su lancio di Vieri, si alza la bandierina del guardalinee, quando in posizione centrale difensiva c’è un coreano (il numero 9 Seol), perfettamente in linea con il romanista e forse qualche centimetro più indietro.