Il Presidentissimo dell’Inter a ruota libera all’inizio della stagione 1975-76 (che poi non sarà altro che l’ennesima delusione…)
Sincero come non mai, Fraizzoli parla di tutto
Della moglie, con tenerezza
Di Mazzola, con ammirazione
Di Corso, con nostalgia
Dei politici, con disistima
Dei tifosi interisti, con rispetto
Di pittura, con accenti polemici
Di Allodi, con sufficienza
Dei giornali milanesi, con stanchezza
Dell’Italia, con tristezza
Di sé e dei propri errori, con franchezza
Dei tecnici, poi, ne dice due…
Milano – via Mellerio 5.
Il rag. dott. Ivanhoe Fraizzoli mi riceve nella stanza dei bottoni della Luigi Prada S.p.A. La manifattura è a pianterreno. Al piano nobile riposa Lady Renata nella pinacoteca di famiglia. Un miliardo di quadri (e anche più), da Giotto a Tintoretto. Si dovrebbe parlare dell’Inter, ma si finisce per parlare di tutto, anche di pittura.
«Quindici anni fa — confida il presidente — mi è sfuggito un polittico di Paolo Uccello che era una meraviglia e non sono più riuscito a rintracciarlo. Non l’avevo preso subito perché lì per lì non sapevo dove metterlo, dato che era lungo e stretto. Me ne sono pentito perché era bellissimo. Rappresentava il ritorno del guerriero, in cinque scene. C’erano le armature rinascimentali, raccontava in maniera emblematica la storia di quell’epoca. E io sono appassionato di storia».
— Se ha comprato tutti questi quadri, sarà anche appassionato di pittura.
«La passione me l’ha trasmessa mio suocero. Io forse ho una cultura superiore, anche se non mi intendo di arte perché ho fatto gli studi tecnici. Lui però aveva una grande sensibilità per il colore. Grazie a questa sensibilità ha messo insieme anche una notevole fortuna».
— Comprare quadri dicono che è anche una forma di investimento.
«A me non passa nemmeno per la testa. Non riesco a capire chi compra i quadri e poi li deposita in banca. Per investimento si devono comprare i gioielli, non i quadri. I quadri servono a trasmettere serenità».
— Chissà come le sono servite le opere di Caravaggio quando l’Inter andava male.
«In quei momenti l’Inter l’avrei mollata tante volte se non fosse stato per mia moglie. Le darei un dispiacere troppo grosso se le togliessi l’Inter».
— Ma è vero che comanda Lady Renata?
«Quando lo leggo sui giornali mi metto a ridere perché si tratta di una barzelletta. Renata comanda in casa, perché è giusto che sia così, la casa è il regno della donna. Io ho già tante preoccupazioni con l’Inter e il lavoro e queste gliele lascio volentieri, ma in ufficio comando io».
— E all’Inter chi comanda?
«All’Inter comandano gli allenatori. E se la squadra va bene, il merito è loro. Se invece le cose vanno male la colpa è del presidente che è un pirla. Di me si ricordano solo le coglionate».
— A cosa allude?
«A Massa. Tutti a darmi addosso perché nel Napoli sta giocando bene. Io l’avevo preso perché lo voleva già Heriberto e Invernizzi aveva insistito tanto. Per cedere Massa la Lazio volle assolutamente Frustalupi e Dio solo sa quanto mi dispiacque privarmi di Frustalupi».
— Dicevamo di Massa…
«All’Inter ha avuto prima Invernizzi, poi Masiero, dopo Herrera e ancora Masiero. Tutti lo hanno bocciato. E’ arrivato Suarez e non si opposto alla sua cessione. Voglio dire che Massa è stato valutato da cinque allenatori, ma adesso che fa scintille nel Napoli la colpa è del presidente che l’ha dato via».
— E’ vero che gli ultimi acquisti dell’Inter sono stati suggeriti da Suarez?
«E’ vero ma non è che ci volesse un cervellone per scoprire quello che serviva all’Inter. Lo sapevano tutti che occorreva un centrocampista da affiancare a Mazzola che resta il nostro uomo squadra, poi serviva una punta e un’ala tornante e non è che il mercato offrisse molto».
— Avete insistito invano con la Fiorentina per Merlo.
«Ho pure supplicato Ferlaino di darmi Esposito ma non c’è stato verso. Senza contare che ogni anno chiedo a Pianelli di cedermi Pulici. Io Pulici lo chiedo da quando esiste. Il primo anno segnò un gol all’Inter lasciando di sasso Burgnich e io capii che sarebbe diventato un grande centravanti. Ogni volta che incontro Pianelli gli dico: me lo dai Pulici? E lui risponde invariabilmente: te lo do quando me ne vado».
—Ma è vero che certi acquisti li impone Lady Renata?
«Mia moglie ragiona da tifosa. Pretenderebbe di non cedere nessun giocatore dell’Inter e insiste per comprare i più bravi delle altre squadre. Se la lasciassi fare, farebbe come i bambini. Fa pure il tifo per le squadre che hanno qualche ex giocatore dell’Inter. Non le dico come tifa per il Genoa da quando il Genoa ha Corso».
— Ma perché, se sapeva di dare un grosso dispiacere a sua moglie, lo mandò via?
«Perché si devono rispettare i programmi degli allenatori. Io avevo già fatto molto a salvare Corso quando Invernizzi, dopo la sconfitta di Torino, venne a dirmi che non l’avrebbe più fatto giocare e che a fine campionato l’avrebbe ceduto. Non potevo accettare il programma di Invernizzi che voleva far piazza pulita tutto d’un colpo. Le vecchie glorie bisogna diminuirle con cautela una all’anno».
— Come andarono esattamente le cose con il «mago di Abbiategrasso?»
«Invernizzi voleva copiare il programma della Juventus quando arrivò Picchi. Ma Picchi chi eliminò? I Sacco e i Leoncini che non avevano vinto nulla. Invernizzi invece voleva mettere al bando gli idoli dei nostri tifosi a cominciare da Corso. Mi disse che tanto non saremo andati in serie B. Ma io gli spiegai che dovevo continuare ad andare allo stadio e non potevo rischiare la pelle per colpa sua».
— Invernizzi risponde che poi l’Inter ha varato il programma che era stato bocciato quando l’aveva presentato lui.
«Tanto per cominciare l’Inter negli ultimi anni ha dovuto cambiare diversi programmi. Avevano varato un programma con Herrera, poi il Mago è stato colpito da infarto ed è saltato tutto. E’ arrivato Suarez e abbiamo dovuto cambiare, fare un programma diverso. Perché è logico che la squadra vada rinnovata. Ragionando col sentimento punteremmo ancora su… Meazza. Suarez voleva effettivamente puntare sui giovani».
— Perché Suarez è fallito come il suo piano?
«Ho sbagliato anch’io ad accettare quel piano e ho pure sbagliato a scegliere Suarez. Non dovevo affidare l’Inter ad un allenatore alla sua prima esperienza. Suarez doveva tornare all’Inter qualche anno dopo. Sì è trovato di fronte ad un ostacolo troppo grosso. Perché doveva realizzare l’«operazione primavera» e al tempo stesso accontentare i tifosi che pretendono risultati e spettacolo».
— Secondo lei è più difficile fare il presidente dell’Inter o il sindaco di Milano?
«So che è difficile fare il presidente dell’Inter, non so che ostacoli debba superare il sindaco di Milano perché sono stato solo consigliere comunale».
— A proposito; perché non ha continuato la carriera politica?
«Perché l’Inter mi porta via tutto il mio tempo libero e perché dagli uomini politici ho avuto troppe delusioni. Prima delle ultime elezioni amministrative diversi partiti volevano mettermi in lista ma io ho rifiutato. Ho spiegato che come presidente dell’Inter non potevo presentarmi con un bottino di vittorie. Mi sarei presentato se avessi potuto varare il centro sportivo che vorrei costruire da anni per legare il mio nome a un’opera importante e per lasciare qualcosa alla comunità di Milano. E’ dal 1972 che la pratica giace in qualche cassetto di Palazzo Marino. L’insensibilità dei politici è veramente grande».
— Ma lei è sempre iscritto alla Democrazia Cristiana?
«Sì».
— A che corrente appartiene?
«Io ho sempre cercato di pensare con la mia testa. Mi sentivo vicino a uomini come Scalfaro, Arnaud e Forlani, soprattutto a quest’ultimo che è uno sportivo e aveva cercato di appoggiare in tutti i modi i miei progetti per la costruzione del centro dell’Inter».
— Pensa che Fanfani sia uscito definitivamente dalla scena dopo la trombatura e il matrimonio o crede che tornerà a galla?
«Le confesso che non ho seguito molto le ultime vicende del mio partito. Preferisco pensare all’Inter».
— L’anno scorso per l’Inter è stato un anno disastroso.
«Hanno parlato di deserto di San Siro per il misero incasso di una partita che non aveva importanza, registrato quando a Milano pioveva da quattro giorni. Ma sa a chi appartiene il record dell’incasso in campionato? A Inter-Juventus e l’abbiamo realizzato l’anno scorso, in precedenza, poi, c’erano almeno tre partite con incassi inferiori al nostro».
— Però la squadra non ha funzionato, questo è innegabile.
«Ma in trasferta abbiamo finito a meno due e con questo quoziente di media inglese la Juventus ha vinto lo scudetto. Noi abbiamo perso 13 punti in casa, sia per il dramma di Suarez, sia perché il pubblico non ha voluto capire che il nostro programma era proiettato nel tempo».
— Che cosa rimprovera a Suarez?
«Tanto per cominciare, di avermi abbandonato. Io passo per un mangiallenatori. Ma Invernizzi volle andarsene, Herrera è stato colpito da infarto e Suarez ha dato le dimissioni».
— Con Invernizzi adesso siete ai ferri corti. Perché non lo fa riammettere al Circolo dell’Inter?
«E’ tutta colpa della sua intervista. Ho ancora quel «Guerino», qui nella mia scrivania. Ma io non sono capace di odiare nessuno. Mia moglie ogni tanto mi dice: Ricordati cosa ti ha fatto questo e cosa ti ha fatto quest’altro. Ma io non sono capace, è il mio temperamento. Se Invernizzi fosse venuto da me e mi avesse detto lealmente: Presidente ho sbagliato, l’avrei perdonato. In quell’intervista rilasciata a Taranto, non si limitava a criticarmi, arrivava a offendermi. Bella riconoscenza. Perché è in fondo una mia creatura».
— Aveva litigato con Foni per promuoverlo allenatore in seconda.
«E prima ancora l’avevo promosso responsabile del settore giovanile, quando detti il benservito al dottor Giulio Cappelli. Quando fu licenziato Heriberto i giornali scrissero che i giocatori volevano Masiero ma io preferii puntare su Invernizzi proprio perché credevo in lui».
— Ma è vero che in seguito avrebbe voluto riportarlo all’Inter?
«Dissi a Ferlaino che se avessi potuto, l’avrei ripreso volentieri, ma gli consigliai di portarlo al Napoli e Ferlaino era venuto qui da me a chiedere referenze, e io gli dissi che poteva prenderlo ad occhi chiusi. Poi Lauro gli impose Vinicio».
«… io Renata, vogliamo bene a tutti i grandi giocatori dell’Inter, e in particolare a Mazzola che è stato molto sfortunato. Prima l’hanno messo contro tutti i centravanti del momento, poi hanno creato un dualismo con Corso, infine in Nazionale l’hanno posto in antitesi a Rivera. Se nonostante tutto questo, Mazzola ha resistito è perché è veramente un ragazzo superiore…»
– E con Vinicio il Napoli è arrivato a un passo dallo scudetto.
«Ma proprio Ferlaino mi ha detto che il boom del Napoli di Vinicio è arrivato con una squadra che era stata costruita da Chiappella. A Napoli tutto è facile, sono arrivati secondi e hanno toccato il cielo con un dito. Sembravano tutti impazziti dalla gioia. Quando siamo arrivati secondi noi, è come se non avessimo combinato nulla. Il pubblico di San Siro è fatto così, ha il palato fino».
– Polemiche a parte, quale è il suo giudizio su Invernizzi?
«Errori me ne ha fatti commettere anche lui, perché quando gli telefonai per dirgli che la Fiorentina era disposta a darci Chiarugi e ad aggiungere Ferrante se avessimo ceduto Burgnich (Ugolini e Ignesti erano seduti su quel divano lì) lui rifiutò poi per Chiarugi mi presi tutte le colpe io. Le confido una cosa che non ho mai confidato a nessuno: Invernizzi non volle nemmeno Savoldi»
– Sul serio?
«Può chiedere conferma a Montanari. Il Bologna offriva Savoldi o Fedele più cinquanta milioni per Magistrelli e Invernizzi non volle saperne. In compenso mi segnalò Bettega quando nessuno parlava ancora di lui. Ma nel Varese era solo in prestito e non ci fu verso di farselo dare dalla Juventus».
– A Suarez cosa rimprovera?
«Ad esempio di non aver collaudato Catellani. Molti tecnici ritenevano Catellani superiore a Bellugi e anche per questo avevamo dato Bellugi al Bologna. Ma Suarez come stopper ha poi impiegato Facchetti così quando è venuto Chiappella mi ha detto che lui Catellani non lo conosceva. E siccome voleva uno stopper-marcatore, abbiamo dovuto prendere Gasparini dal Verona».
– Dica la verità: è vero che nell’Inter ci sono i clan?
«Clan è un termine che fa comodo ai giornali, ma nell’Inter ci sono i clan come ci sono in tutte le squadre, perché è umano che vengano formati gruppetti tra i giocatori. Solo che nell’Inter ci sono giocatori di grossa personalità e allora vengono definiti «padrini» come se si trattasse davvero di mafia».
– E’ vero che farà di Mazzola il Boniperti della situazione?
«Non diciamolo più, perché porta jella: l’avevo già detto di Invernizzi. Io però vorrei fare quello che aveva fatto Masseroni ai suoi tempi. Cioè vorrei portare nel consiglio dell’Inter i più bravi degli ex giocatori: (ho già cominciato con Rovati, che fa parte dei probiviri), perché in un consiglio non ci vogliono solo gli amministratori, sono necessari anche i tecnici, così si evitano certi errori».
– Adesso il suo pupillo è Mazzola?
«Noi, cioè io Renata, vogliamo bene a tutti i grandi giocatori dell’Inter, e in particolare a Mazzola che è stato molto sfortunato. Prima l’hanno messo contro tutti i centravanti del momento, poi hanno creato un dualismo con Corso, infine in Nazionale l’hanno posto in antitesi a Rivera. Se nonostante tutto questo, Mazzola ha resistito è perché è veramente un ragazzo superiore. E siccome ha anche una certa preparazione culturale, dico che dovrà restare nel calcio con cariche importanti».
– Che cosa pensa della troika azzurra Bernardini-Bearzot-Vicini?
«Non ho seguito molto la cosa, aspettiamo di vederli all’opera».
– Lei pensa che la Nazionale debba restare alla Federcalcio o vorrebbe che la pigliasse la Lega?
«Quando se ne parlò in Lega il problema fu male impostato. Perché dissero che si trattava di una patata bollente che la Federazione voleva togliersi di mano. E’ vero che essendo la FIGC al vertice dell’organigramma, la Nazionale deve appartenere alla Federazione, ma la FIGC raggruppa anche i semi-professionisti e i dilettanti che vanno senz’altro aiutati ma hanno fini diversi. E io allora dico che siccome la Nazionale è formata da giocatori della Lega professionisti, dovrebbe essere la Lega a gestirla».
-Lei è anche per la riapertura delle frontiere, non è vero?
«Certamente, perché solo così si potrebbe offrire nuovamente lo spettacolo e si calmierebbero certi prezzi delle “speranze” che ora dobbiamo comprare a peso d’oro perché il mercato non offre molto. L’ho detto anche a Onesti, che ho costretto tra l’altro a rimangiarsi la definizione di “ricchi scemi” che ci aveva affibbiato. Tutto lo sport italiano vive con i proventi della schedina, cioè del calcio. Ebbene, tutte le federazioni mantenute dal calcio possono importare gli stranieri, persino la pallavolo, solo al calcio è proibito. Tutto questo è assurdo».
– Ma la maggioranza delle società sono contrarie.
«Questa è una decisione che va presa al vertice, perché è logico che l’Avellino l’Ascoli Piceno preferiscano il regime attuale, ma è la Federcalcio che deve imporre l’importazione degli stranieri, anche nell’interesse del calcio italiano. Pigliamo le due più forti squadre europee, Germania e Olanda: hanno le frontiere aperte, possono importare tutti i giocatori che vogliono».
– Come vede il futuro del calcio italiano?
«Bisogna fare qualcosa per superare questo impasse. Oggi ci sono almeno otto squadre che hanno ambizioni di scudetto. Queste squadre non cedono i loro uomini-chiave e quindi è un giro vizioso. Ai tempi di Moratti era molto più facile costruire lo squadrone».
– L’Inter ha sbagliato spesso la campagna acquisti…
«Ma errori ne hanno commessi tutti, compreso Allodi. I primi mesi rimase al mio fianco. Ricordo che mi sconsigliò di prendere Albertosi e fu lui, inoltre, ad acquistare Salvemini, visto che Foni voleva un attaccante in più».
– Ma a volere Salvemini fu Foni o Allodi?
«Veramente noi volevamo Riva e Scopigno era disposto a darcelo a patto che gli procurassimo Vastola che allora giocava nel Varese, poi invece di Riva il Cagliari ci dette l’opzione che ho ancora in cassaforte. Per darci Vastola, il Varese voleva assolutamente Achilli e Foni mi chiese un attaccante di rincalzo. Facemmo la cernita delle punte disponibili, avremmo preferito Barison ma naturalmente non era certo possibile smuoverlo da Napoli. Così ripiegammo su Salvemini, che tra l’altro ricordo con piacere, perché era un bravo ragazzo».
– L’Inter attuale cosa farà?
«Io ho fatto tutto quanto mi è stato possibile per accontentare l’allenatore, ora tocca a Chiappella».
– Lei crede alla decadenza di Milano?
«La decadenza di Milano è cominciata trenta-quarant’anni fa, quando poco a poco tutti gli uffici burocratici sono stati trasportati a Roma, ma in campo industriale Milano è sempre all’avanguardia».
– Alfa Romeo e Innocenti sono in cassa integrazione.
«Ma perché producono automobili e il mercato automobilistico è in crisi dappertutto».
– I tifosi che hanno una busta paga ridotta dovranno rinunciare allo stadio.
«Anche per questo noi e il Milan per i popolari abbiamo lasciato i prezzi dell’anno scorso. Ma Milano può contare su un hinterland ricco, non ci sarà crisi, naturalmente se le squadre gireranno a dovere».
– Cosa pensa dei casi di Rivera e di Chinaglia?
«Ho già tante rogne con l’Inter, non voglio preoccuparmi anche di quelle degli altri».
– E’ vero che ha il complesso del «Corriere della Sera»?
«Questa è un altra storia che è stata messa in giro sul mio conto. Io sono milanese e i milanesi da sempre hanno tre cose: il duomo, il panettone e il Corriere».
– Ma il «Corriere», secondo lei, è cambiato?
«E’ cambiato eccome, ma lasciamo perdere queste cose, parliamo di calcio. Io non amministro l’Inter come privato cittadino, l’amministro per conto della città, e devo quindi tener presente anche quello che pensa la opinione pubblica. E siccome la opinione pubblica è orientata dal “Corriere” devo preoccuparmi di quello che scrive il “Corriere”. Come di quello che scrivono gli altri giornali milanesi, a cominciare dal “Giornale Nuovo” che è scritto da persone che hanno dato lustro anche al “Corriere”. Siccome poi si tratta di sport, devo dare credito anche alla “Gazzetta dello Sport”, perché ai miei tempi la “rosea” era un po’ l’organo ufficiale del calcio italiano. Però non mi lascio influenzare da nessuno, faccio sempre di testa mia».
– Non segue nemmeno i consigli di Lady Fraizzoli?
«Se avessi dato retta a mia moglie non avrei certo dato via Corso».
– Cosa pensa di questa Italia dove i rapimenti sono all’ordine del giorno?
«Viene un senso di tristezza e ho passato brutti momenti, quando sono stato minacciato anch’io, ho perso la mia privacy, perché bisogna circolare con le guardie del corpo ed evitare di uscire di sera».
– Il suo parere sul rapimento di Sannella?
«Io mi auguro che non l’abbiano rapito».
– Ma è vero che era inguaiato?
«A me non deve nemmeno una lira quindi io non posso che dirne bene. Però non dovete continuare a scrivere che ha scoperto Jair. Sannella ha portato Cinesinho ma non Jair. Ero in Brasile, ho seguito tutta la vicenda. A segnalare Jair fu un certo Ricci, amico di un agente della Mondadori. Jair venne segnalato a Mondadori che allora era presidente del Verona, allora Sannella curava una pubblicazione che si stampava a Verona. Mondadori girò la soffiata a Moratti e Sannella andò in Brasile per conto dell’Inter a prelevare quel Jair che però non aveva mai visto e che era stato segnalato dal Ricci».
– Ha più rivisto Herrera?
«L’ho visto qualche mese fa quando abbiamo giocato l’amichevole a Treviso».
– Crede nel suo recupero?
«Se avessi creduto nel suo recupero, Herrera sarebbe ancora all’Inter…».