Un gravissimo infortunio blocca per sempre la carriera della giovane promessa bolognese Franco Liguori. Tanti rimpianti per un campione mancato.
Campionato 1970-71, il Bologna allenato da Edmondo Fabbri è la squadra sorpresa dell’avvio, grazie soprattutto all’innesto di due giovani: il maratoneta Adriano Fedele, terzino sinistro fluidificante (come si dice all’epoca) proveniente dalla C (Udinese), e un mediano di tocco nitido e ottima visione di gioco, Franco Liguori, napoletano di 24 anni prelevato in B, nella Ternana, nelle cui file è cresciuto, e già nel mirino di Ferruccio Valcareggi, Ct della Nazionale.
Il 10 gennaio 1971 il Bologna quinto in classifica fa visita al Milan capolista. Al quindicesimo del primo tempo l’interno destro del Milan, il poderoso Romeo Benetti, entra in evidente ritardo su Liguori, colpendolo dall’alto in basso sul ginocchio destro. Il giocatore urla dal dolore, viene portato in barella nello spogliatoio. Le condizioni della sua articolazione appaiono subito gravi, nonostante l’arbitro Bernardis avesse addirittura fischiato una simulazione contro il Bologna.
Di ritorno nel capoluogo emiliano, Liguori viene ricoverato a Villa Erbosa, ove il professor Bartolini immobilizza l’arto e non nasconde la gravità della situazione: la carriera è in pericolo. Edmondo Fabbri, allenatore del Bologna, commenta: «È stato un fallo fa codice penale!».
Il padre del giocatore decide di trasferirlo a Lione nella clinica del professor Albert Trillat, luminare del ramo, che il 15 gennaio interviene sull ‘articolazione, riscontrando: lesione del legamento collaterale mediale, lesione del menisco, lesione dei due legamenti crociati e della capsula posteriore.
Un disastro. «La restaurazione» spiega Trillat al termine dell’intervento «è andata bene, ora non resta che aspettare». In realtà, per un incidente del genere la chiusura della carriera viene data pressoché da tutti gli osservatori come inevitabile. Il 31 gennaio 1971 Liguori torna a casa sua, a Terni. Il 22 febbraio è di nuovo a Lione, dove il giorno dopo Trillat toglie l’ingessatura e riscontra che il ginocchio non è gonfio né bagnato. «Tornerai a giocare» assicura il chirurgo al giocatore, «meglio di così non poteva andare. Tra due mesi e mezzo potrai cominciare a palleggiare: disputerai il prossimo campionato».
Liguori commenta: «Non intendo abbandonare il calcio, ma o torno quello di prima, o non rientro più…». La convalescenza sarà lunghissima. Franco Liguori torna in campo a distanza di un anno: il 16 gennaio 1972 indossa la maglia numero 8 nel pareggio casalingo col Napoli (2-2): gioca discretamente, opposto al regista partenopeo Juliano. Alla vigilia Benetti ha dichiarato: «Sono contento di questo ritorno. Io personalmente non gli ho mai serbato rancore per la campagna denigratoria scatenata contro di me in seguito a quel disgraziato incidente. Porgo a Liguori i miei migliori auguri». In realtà, la carriera del giocatore è agli sgoccioli.
Gioca altre tre partite in quella stagione e appena sette riesce a metterne insieme l’anno successivo: la sua azione è appesantita, i continui malanni muscolari non ne agevolano la ripresa. Nel 1973 si trasferisce al Foggia, in B, nel 1974 è al Brindisi, dove gioca con continuità, ma a fine stagione decide di chiudere precocemente la carriera, in sintonia coi propositi. Nel 1975 alla guida dell’Elettrocarbonium Narni avvia una discreta parabola come allenatore. Il luminoso avvenire di campione si era chiuso per lui nel terribile schianto col “carrarmato” Benetti.