Maradona ai Mondiali 1994: Chi aveva FIFA di Diego?

Diego, sempre lui. Protagonista in avvio del Mondiale, sbattuto fuori da una nuova bufera doping, cui reagì gridando al complotto. Nessuno gli credette, ma è vero che la cacciata di Diego presentò inquietanti lati oscuri?

Vediamo i fatti. Squalificato per 15 mesi per la cocaina trovata nelle sue urine dopo Napoli-Bari del marzo 1991, Maradona rivede la luce nel luglio 1992, ma rifiuta di tornare a Napoli per i problemi con la giustizia italiana e si accorda col Siviglia. Forte del contratto col giocatore, il Napoli si appella alla Fifa, che però è alla ricerca di stelle che facciano decollare il Mondiale ’94 oltre l’indifferenza del popolo statunitense e dunque ha interesse a puntare sul gran ritorno di Diego.

Così dà ragione al giocatore, “costringendo” il Napoli a cederlo in Spagna. Diego tien fede alle promesse: pur rimasto senza squadra, si sottopone nei primi mesi del ’94 ad allenamenti massacranti e a una violenta cura dimagrante, presentandosi ai nastri del Mondiale tirato a lucido come non mai. Prima tuttavia che il suo sinistro prenda a cantare, spara ad alzo zero sull’organizzazione.

E’ il 15 giugno 1994, nei ritiri i giocatori boccheggiano, affranti dalla calura e dalla umidità: “Questa manifestazione” accusa “è stata studiata in modo sbagliato. E assurdo che si giochi a mezzogiorno, in un clima che ti taglia le gambe, che ti sottopone a uno sforzo inaccettabile, che può causare anche malori e drammi. Havelange e Blatter sono egoisti, hanno pensato solo agli interessi legati alle tv. Non acccetto che i calciatori siano sfruttati. Per anni gli industriali che governano la Formula 1 hanno finto di ignorare ì pericoli. Hanno baciato alla pubblicità, ai soldi: poi, quando è morto Senna, hanno cominciato a pensare a come modificare i regolamenti”.

Il discorso non va giù ai maggiorenti del pallone. Diego viene considerato ingrato e pericoloso: dovesse riconquistare carisma, potrebbe mettersi alla testa di un sindacato mondiale dei calciatori, come ha spesso ventilato di fare. E se qualche giocatore dovesse davvero venir colto da malore, scoppierebbe il finimondo.

Dopo qualche giorno Diego ricomincia a incantare il mondo e il suo urlo davanti alla telecamera dopo il gol alla Grecia ne conferma la voglia di rivincita, magari contro chi sbarrò la strada alla sua Argentina nella finale 1990. E a quel punto che scatta l’operazione doping. Sottoposto a controllo dopo il match con la Nigeria, viene incastrato per i dimagranti (Nastisol e Desidex) somministratigli la notte prima di Argentina-Nigeria dal preparatore personale Daniel Rosario Cerrini. Lui piange, si ribella.

Davanti ai cronisti spiega: «Mi sento forte e ben preparato, è stato il lavoro a trasformarmi cosi, non una sostanza proibita e d’altronde non ho certo bisogno di stimolanti per aumentare il mio rendimento. Avevo giurato a mia moglie e alle mie bambine che non mi sarei più drogato e ora giuro sulle mie figlie di non aver preso nulla di quanto mi è stato addebitato. Nel calcio purtroppo c’è anche gente che fa schifo: non si tratta un uomo come mercanzia».

Il giorno dopo, di fronte all’evidenza delle controanalisi, ammette: «Ho sbagliato, è stata una leggerezza. Ma in questo Paese dove prendono tutte le droghe hanno incastrato me per una sostanza che non ti dà la forza nemmeno per fare un passo. Mi hanno usato quando serviva un personaggio da portare ai Mondiali. Poi hanno riempito gli stadi e io non servivo più. Anzi. Magari si aspettavano un Maradona grasso per far ridere la gente, invece hanno cominciato ad avere paura quando hanno visto come giocavo e come giocava l’Argentina. Saremmo arrivati in finale col Brasile e avremmo vinto noi».

Maradona parla due settimane prima che il Brasile arrivi effettivamente in finale. Conclusioni: Diego fu effettivamente incastrato. Sapendo di essere nel mirino, non avrebbe mai assunto consapevolmente sostanze proibite la sera prima di una partita. A meno che qualcuno non gli avesse fornito proditoriamente rassicurazioni poi non onorate. In ogni caso, Diego era diventato scomodo e liberarsene era facile, i suoi precedenti lo rendevano estremamente vulnerabile.

Come raccontavano il dramma del Pibe i giornali dell’epoca:

E’ IL DOPING DEI POVERI

La Repubblica – 01 luglio 1994

di VITTORIO ZAMBARDINO

DALLAS – Ha scelto il doping dei disgraziati, la bomba delle casalinghe depresse, quelle con tanti chili sui fianchi accumulati in notti di bulimia insonne davanti al frigorifero. L’efedrina e le sue sorelle – quello che il medico della Fifa, Michel d’Hooghe ha chiamato il ‘ Maradona-cocktail’ – non è proprio l’ ultima frontiera nella sofisticazione del risultato sportivo. Come frontiera dell’ imbroglio è più vicina all’età della pietra.

“Mi rifiuto perfino di pensare che un medico possa avergli prescritto una cosa simile” dice Gianni Benzi, farmacologo e ricercatore dello sport italiano. Ma che Diego Maradona abbia fatto da solo non è pensabile. Il perché lo ha spiegato d’Hooghe. “Non c’è un prodotto in commercio che raccolga tutte e cinque le sostanze per le quali è stato trovato positivo, quindi deve aver mescolato più preparati” ha detto il medico (le sostanze sono: l’ efedrina, la norefedrina, la pseudoefedrina, la norpseudefedrina, la metaefedrina).

C’è allora uno “stregone” alle spalle di Diego, come indica Antonio Dal Monte, il medico che in Italia ha seguito la sua preparazione per i mondiali dell’86? Lo “stregone” c’è quasi sempre, a meno che non si tratti di ciclisti della domenica, di “tapascioni” di periferia e calciatori di quarta serie. Eppure anche in quel caso, guarda un pò, sempre di stimolanti si tratta: Maradona si è servito del loro doping di serie C. Uno “stregone” si è anche costituito, ieri, nella persona di Fernado Signorini, preparatore atletico e amico di Maradona. E’ andato davanti ai signori della Fifa e ha detto di aver dato a Diego il “Desirex”, contenente efedrina. Peccato che il Desirex tutto quel ben di Dio del “cocktail” non lo contenga e si limiti alla sola efedrina. Quindi quello era un tentativo di limitare i danni. Avrebbero potuto salvarlo prima: bastava dichiarare, prima della partita (e del sorteggio avvenuto nell’ intervallo), che avevano dovuto usare farmaci proibiti per curarlo.

Nelle prime ore dalla diffusione della notizia, c’ è anche chi ha buttato giù un altro paio di credibili ipotesi. La prima: molti ex cocainomani usano l’efedrina, spray o in gocce, per aiutare una respirazione resa difficile dalla mucosa nasale distrutta. E ancora: un uomo che esce dalla coca, che ha una tendenza a sentirsi perseguitato, fino al punto da imbracciare il fucile per mettere in fuga cronisti petulanti, non avrà bisogno di qualcosa che aiuti la sua concentrazione, la sua capacità di applicarsi a un compito di qualsiasi tipo?

Tutte ipotesi corrette, ma non alla luce della rivelazione di d’Hooghe. Difficile capire se si è trattato di ignoranza o presunzione. Di incompetenza madornale nel fare doping sportivo da parte di un medico oppure del tentativo di buttare giù, com’è veramente successo a Maradona, una quindicina di chili in pochi giorni. Il 4 giugno camminava per le strade di Zagabria, sede di un’ amichevole Croazia-Argentina, un Maradona visibilmente più grasso di oggi: si parla di sedici chili in meno nel giro di tre-quattro settimane. Una pubblicità involontaria di tutti i bibitoni del dimagrimento a rotta di collo pubblicizzato negli autobus.

Il punto è che sempre di doping si tratta: manipolazione della salute di una persona per migliorare le sue prestazioni fisiche. “Quello che mi meraviglia è che avrebbero potuto tirarlo fuori da qualsiasi stato depressivo in modo molto più efficiente e rapido e con farmaci che sfuggono ad ogni controllo o che non sono compresi nelle liste” dice Carlo Tranquilli, medico responsabile dell’ antidoping della Federcalcio. Cioè avrebbero potuto raggiungere meglio il loro effetto terapeutico, se di cura e non di “bomba” si trattava. Qui – fra cura e doping – è il confine sottile, dove da sempre si muovono medici e “stregoni”, gente che lavora pulito per non far ammalare chi si allena duro e quelli che imbrogliano alla Ben Johnson.

E nel mondo scientifico c’è una grande preoccupazione. Perché ancora una volta l’effetto potente della fama di Maradona è destinato a realizzare una istantanea campagna informativa, un lavaggio del cervello di massa. Chi toglierà dalla testa della gente che l’ efedrina fa segnare un gran gol o ti fa urlare di godimento come ha fatto Maradona davanti a una telecamera? “E’ ancora una volta una sconfitta scientifica di chi combatte il doping, ma stavolta la colpa non è di Maradona ma degli incompetenti, o peggio, che stanno al Cio e alla Fifa” sostiene Benzi. Il ricercatore di Pavia pensa all’eritropoietina, all’ormone della crescita, agli interventi che non fondano su un farmaco o sui farmaci ma sulla manipolazione biochimica dell’organismo. Tutta roba che va al galoppo nello sport, in tutti gli sport, dal ciclismo all’atletica. E del resto è credibile che ci siano solo tre casi di doping nella storia dei mondiali? “E’ ridicolo. Abbiamo beccato il teppista che con la fionda in mano cerca di scassinare una banca. Però il teppista ha un nome illustre. E’ questo il nostro guaio, noi guardiamo lui e i criminali veri fuggono col malloppo”