Mondiali 1954: GERMANIA OVEST

Rapsodia ungherese

L’Ungheria 1953, l’anno d’oro dell’Aranycsapat. In piedi da sinistra: Gyula Lóránt, Jenő Buzánszky, Nándor Hidegkuti, Sándor Kocsis, József Zakariás, Zoltán Czibor, József Bozsik, László Budai Accosciati da sinistra: Mihály Lantos, Ferenc Puskás, Gyula Grosics

I disastri della guerra non impedirono all’Ungheria una certa attività fino a tutto il novembre 1943. Ma la magnifica formazione che aveva infiammato le folle europee nel ’38 era giunta all’apice appunto in quell’occasione e la decadenza si avvertiva nei sinistri scricchiolii di pesanti sconfitte. Nel ’41 una formazione nella quale figurava ancora Lazar, che schierava Sarosi, Kincses, Zsengeller e Bodola fu sconfitta a Colonia con un umiliante 0-7 e un paio d’anni dopo Nordahl Gren e Carlsson, conquistarono la prima vittoria svedese in terra magiara, frantumando con un pesante 7-2 quel ch’era rimasto di una grande scuola. Una generazione tramontava senza riuscire più a vincere ed il ricambio stentava ad affermarsi per le difficoltà inerenti al conflitto.

L’occupazione sovietica e le devastazioni della guerra non ostacolarono la pronta ripresa dell’attività calcistica in Ungheria. Budapest fu affrancata dall’occupazione nazista nel febbraio del ’45 e poco tempo dopo l’Ujpest riprese l’attività con le altre società della tradizione budapestina. Nell’agosto Austria e Ungheria schieravano le risorte rappresentative nazionali in un doppio confronto che vedeva prevalere i magiari per 2-0 e 5-1. Nella seconda delle due partite faceva il suo debutto con la maglia granata e nello score della nazionale un giovane del Kispest, dal fisico solido e dal tiro potente, Ferenc Puskas. L’«aranycsapat», la squadra d’oro era sbocciata quel giorno anche se molte traversie dovranno essere affrontate e superate felicemente, prima da Tibor Gallowitch, ex-portiere che fu nominato selezionatore e poi da Gustav Sebes, che nel 1949 gli successe nella carica. La vocazione offensiva dei magiari si esprimeva e si rinnovava con la comparsa di grandissimi talenti. Come non ricordare Mike e Nyers, che vennero a giocare in Italia, Kubala che espatriò attirato dai dollari e sopra tutti «Bamba» Deak, un centravanti strepitoso, che nel campionato ’45-’46 segnò la bazzecola di 66 reti e che fu allontanato dal giro della nazionale, perchè si ribellò alla traformazione delle società imposta dai nuovi ordinamenti introdotti nel ’49.

Ferenc Puskas

Tutti questi campioni furono sostituiti grazie al rigoglioso vivaio che aveva ripreso e funzionare a pieno regime. La squadra d’oro s’era venuta delineando negli anni. Hidegkuti aveva debuttato in nazionale nel ’45, Grosics, Bozsik e Zakarias nel ’47, Kocsis e Lorant nel ’48, Budai, Czibor e Lantos nel ’49. Dal ’45 al ’50 (14-5-1950 sconfitta a Vienna 3-5) la nazionale magiara aveva giocato 27 volte segnando 105 reti, la squadra disponeva già di una notevole intelaiatura, pur tuttavia la federazione ungherese non aderì alla Coppa del Mondo di Rio per ragioni finanziarie. Nel ’49 con l’adattamento della repubblica magiara ai principi delle democrazie popolari ad ispirazione sovietica, anche lo sport fu riformato ed i vecchi, liberi sodalizi furono trasformati in associazioni sportive, legate ai processi di produzione o ai servizi sociali e pubblici. I trasferimenti furono imposti d’autorità e si formarono, per volere del Ministero dello Sport, due entità di maggior prestigio: Honved squadra dell’esercito, che succedeva nella struttura societaria al Kispest, ed arruolava Kocsis, Budai, Czibor, Lorant, Grosics da schierare accanto a Puskas e Bozsik e l’ex-MTK, che fu ribatezzato Textiles, poi Bastya Bp., ed infine Voros Lobogo, ove figuravano Geller, Lantos, Borzsei, Palotas, Zakarias ed Hidegkuti. Dopo la sconfitta con l’Austria del 14 maggio 1950 la nazionale magiara iniziava il ciclo delle partite senza sconfitta che si prolungherà fino al 4 luglio 1954; un quinquennio di imbattibilità, 32 partite internazionali che valsero il primato che apparteneva all’Italia Campione del Mondo del periodo 1935-1939, con 30 incontri.

La formazione storica della squadra d’oro: Grosics; Buzanski Lantos; Bozsik Lorant Zakarias; Budai Kocsis Hidegkuti Puskas Czibor, si venne modellando nel corso delle Olimpiadi di Helsinki, con l’unica eccezione del ruolo di estrema destra, che in quella competizione venne ricoperto alternativamente da Budai, Csordas, Hidegkuti con Palotas al centro. Nella capitale finlandese, i magiari conquistarono una serie di successi senza discussioni. 2-1 alla Finlandia al primo turno, con il tradizionale nervosismo che ogni compagine denunzia al primo passo verso la grande impresa. Poi 3-0 ai nostri azzurri, 7-0 ai turchi nella città di Kotka, fra Helsinki e Leningrado, 6-0 ai Campioni 0limpici svedesi nella capitale finnica, davanti a 40.000 spettatori, primato assoluto di presenze ad una partita di calcio in quella nazione. Fu uno spettacolo indimenticabile. Vittorio Pozzo disse di non aver mai visto un calcio eguale ed il periodico tedesco «Kicker» lamentava che i minuti fossero troppo brevi per un football così meraviglioso.

La finale opponeva Ungheria e Jugoslavia, due formazioni parimente forti e il gioco per tutti i 90′ fu alterno. Puskas fallì un rigore, ma al 71′ rimediò portando in vantaggio i suoi con un tocco d’abilità che ingannava Beara. Poi Czibor all’80’ fissava il punteggio sul 2-0 e durante la premiazione, con Puskas sul gradino più alto a ricevere gli osanna del pubblico e l’alloro Olimpico, Stanley Rous, presidente della Football Association avvicinò Sebes per invitare quei magnifici atleti ad esibirsi nel tempio del football inglese: il Royal Wembley Stadium. Sebes non aspettava altro. Lasciò scegliere agli inglesi tempo e luogo. E la F.A. fissò la data del 25 novembre 1953, quando i magiari erano a fine stagione, pronti al letargo invernale e gli inglesi si esaltavano nell’umida bruma autunnale, con il terreno allentato ed il clima pungente che sollecitò la «performance» atletica.

Sandor Kocsis

Nel giro di 90 anni, gli inglesi avevano custodito gelosamente l’«Home record», l’imbattibilità casalinga che aveva resistito agli assalti dell’Austria e dell’Italia, ma quello che nel giro di quasi un secolo era sembrato impossibile, divenne realtà nel giro di 90 secondi. Alle 14,17 ora di Londra, l’olandese Horn aprì le ostilità e dopo appena un minuto e mezzo, sugli sviluppi di un’azione di Lorant proseguita da Bozsik la palla perveniva ad Hidegkuti, che liberatosi di Johnston saettava in rete dal limite alla destra di Merrick. Gli inglesi non avevano ancora toccato la palla! Al 16′ pareggiava Sewell con una rapida azione di contropiede, ma Hidegkuti poco dopo riportò i suoi in vantaggio. I «bianchi» speravano ancora, si battevano gagliardamente anche se il pallino era nelle mani dei magici magiari. Al 25′, nel corso della partita del secolo, Puskas segnò il gol del secolo e fu chiaro che per Wright e compagnia non c’era nulla da fare. Sulla fascia destra d’attacco perveniva la palla a Czibor, che l’allungava in profondità verso l’accorrente Puskas affiancato da Wright. Circa sul vertice dell’area piccola alla sinistra di Merrick, i due incrociarono la palla, Puskas la bloccò con il piede sinistro e Wright, ingannato, proseguì la corsa verso il fondo. Il colonnello dell’esercito magiaro eseguì una rapida giravolta lasciando partire una fucilata verso l’alto che si spense nella rete di Merrick.

Il pubblico rimase ammutolito, ma la lezione non era finita. Segnarono ancora Hidegkuti, Puskas e Bozsik e gli inviati dei giornali sportivi di tutto il mondo sanzionarono la fine dell’imperio britannico, salutando l’Ungheria come la più grande squadra mai apparsa sui campi di calcio. Quell’incontro è ricordato nel nome di Hidegkuti non solo perchè quel giorno segnò tre reti, ma soprattutto perché la posizione di centravanti arretrato rispetto agli interni (centravanti alla Hidegkuti divenne una locuzione del gergo calcistico) sembrò essere stato alla base dell’imbarazzo creato dagli attaccanti magiari ai difensori inglesi, della crisi dello schieramento a WM, e della fine della quasi secolare egemonia britannica.

Terminò 6-3 e la replica sei mesi dopo a Budapest si chiuse 7-1 a favore dei magiari. Niente da dire, la superiorità della squadra d’oro era assoluta. La formazione storica disponeva di Gyula Grosics fra i pali, un grande portiere, Buzanscki e Lantos erano i difensori esterni, al centro stazionava Lorant, un campione, coperto dal modesto Zakarias, che operava come quarto difensore. A centrocampo dirigeva Bozsik, una personalità spiccata, dalla favolosa abilità tecnica coadiuvato da Hidegkuti che arretrava risucchiando in avanti lo stopper avversario e così favorendo l’ingresso in area dei due cunei laterali Kocsis e Puskas, due mattatori, 75 reti in 68 partite il primo, 83 su 84 il secondo. Sulle fasce laterali operavano il veloce Budai e l’estroso Czibor che arretravano e incrociavano il gioco in continuazione. Un 4-2-4 ante-litteram che si trasformava in 4-4-2 all’occasione, ma che diveniva una armonica macchina da gioco e da gol per l’immensa personalità tecnica dei quattro giocatori fondamentali, Bozsik, Kocsis, Hidegkuti e Puskas, che in grazia alla sovrapposizione dei ruoli nella zona nevralgica, davanti alla porta avversaria, riuscivano a scardinare qualsiasi sbarramento difensivo. Ad una tale macchina che produceva spettacolo per la vocazione chiaramente offensiva, non poteva non andare il favore del pronostico in vista della Coppa del Mondo. La prima partita servì a Kocsis per prendere l’aire nella classifica marcatori; 9-0 alla Corea del Sud e tre centri dell’interno destro. 8-3 alla Germania Federale davanti a 30.000 tedeschi accorsi a Basilea e quattro reti di Kocsis, ma con il corollario di una distorsione alla caviglia sinistra di Puskas, causata da un maligno intervento di Mebus, che obbligava il capitano ad una decina di giorni di riposo.

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