Mondiali 1958: BRASILE

La rivoluzione brasiliana

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Il nuovo Brasile di Feola

Abbiamo lasciato il Brasile di Zezé Moreira sconfitto ed indignato, negli spogliatoi del Wakendorf dopo la rissa con i magiari. Al ritorno in patria le polemiche furono tacitate, si parlò di congiura antibrasiliana e la «torcida» si convinse di quanto le veniva riferito. La formazione «auriverde» riprese l’attività 1′ anno seguente disputando il Trofeo Bernardo O’Higgins con il Cile e la Coppa Osvaldo Cruz con il Paraguay, vinte regolarmente. Nella prima partita con il Cile (1-1) aveva debuttato Garrincha, con il Paraguay (secondo incontro 2-2), il santista Zito, la CBD passava in rassegna le forze con l’obiettivo ancora lontano del ’58 e di passaggio, sempre con lo scopo di sondare e selezionare il ricchissimo materiale che il vivaio forniva, partecipava al «Sudamericano» del ’56 vinto dall’Uruguay e al Panamericano di Messico City, che gli «auriverdi» vincevano meritatamente con una formazione di giovani (debutto di Cinesinho). Poi una lunga «tournée» europea con due sole sconfitte: a Milano 0-3 con gli azzurri e a Wembley 2-4 dall’Inghilterra.

Per il «Sudamericano» di Lima del 1957 il tecnico Silvio Pirillo, disponeva oramai di un complesso forte, collaudato al fuoco delle esperienze europee, nel quale spiccavano i due Santos, Zozimo, Didi, Dino Sani e Zizinho mostrava gli ultimi bagliori della sua carriera. L’obiettivo era uno solo: vincere in Perù per poi preparare adeguatamente la trasferta svedese. Ma sulla strada degli artisti brasiliani, incrociò l’Argentina di Maschio – Angelillo – Sivori e furono guai tremendi: nella partita decisiva i «portenhi» vinsero 3-0 e la CBD si trovò nelle mani i cocci di tre anni di duro lavoro. I guai erano sempre i soliti: individualismo esasperato, scarsa serietà professionale, fragilità fisica e morale di fronte alle avversità.

Sulle tracce di questa ennesima triste esperienza ed in previsione della Coppa del Mondo la CBD nominò Vicente Feola «Director Tecnico General» e sollecitò le strutture calcistiche ad una energica revisione degli errori commessi, imponendo alla base di ogni processo di rinnovamento l’applicazione delle discipline scientifiche moderne. Gerente di questa rivoluzione, Paulo Machado de Carvalho che collaborò con il tecnico, incrementando la «Junta medica» della CBD. Vicente Feola, per lunghi anni, pacioso e saggio «trainer» del San Paolo e del Botafogo, numero uno fra i tecnici brasiliani, passò al vaglio quasi 200 calciatori che poi affidava alla «Junta medica». Raggi X, analisi di laboratorio, esami clinici, esami generali, cuore, circolazione periferica, muscoli, ossa, articolazioni, dermatologia, endocrinologia, capacità respiratoria, odontologia, psichiatria, tutte le branche della medicina contribuirono a selezionare i calciatori. Non venne tollerata la minima imperfezione fisica e nomi celebri caddero dal setaccio come Zequinha e Luisinho, ritenuti troppo fragili fisicamente per le grandi battaglie e lo stesso Zizinho, ormai agli sgoccioli di una lunga carriera.

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Gli allenamenti del Brasile in terra svedese

Alla fine rimasero 33 elementi fra i quali figuravano tutti i giovani che Silvio Pirillo aveva mandato al battesimo del fuoco nella graticola del Maracanà: Altafini, Zito, Garrincha, Pepe, Bellini ed ultimo della serie Edson Arantes do Nascimiento detto Pelé, che aveva debuttato fra gli «auriverdi» il 7/7/1957 con l’Argentina per la Taca Roca, come componente del trio Luizinho – Altafini – Pelé per il quale vennero immediatamente proposti paragoni con il famoso trio del ’50 Zizinho – Ademir – Jair. Pelé aveva 17 anni all’epoca del suo debutto e già a 16 era titolare nel Santos. Alla notorietà nazionale era arrivato in occasione della Coppa Morumby del giugno ’57 quando in una formazione mista Vasco de Gama-Santos, aveva vinto la classifica marcatori con 6 reti evidenziando uno scatto bruciante da centometrista, un dribbling fantastico e irresistibile, il tiro forte e preciso, il tutto corroborato dal genio e da un fisico solido e resistente alla fatica.

Per un tecnico brasiliano che debba allestire una formazione degna della Coppa del Mondo i problemi che deve affrontare non sono quelli degli altri comuni mortali. A detta dello stesso Feola, in quel 1958 il Brasile avrebbe potuto presentare due formazioni diverse di pari valore. Presunzione? Forse. Però rimane la constatazione che nella preparazione di quel mondiale, Feola era orientato verso un attacco così formato: Joel -Moacyr – Altafini – Dida – Zagalo, con Altafini del Palmeiras inserito fra le due coppie del Flamengo, che a quel tempo era la miglior squadra brasiliana e che giocava un calcio collettivo, sacrificando in parte l’individualismo dei solisti. Moacyr si faceva preferire a Didi per i lanci in profondità millimetrici, Dida sembrava più completo di Pelé e Mane Garrincha era stato definito dallo psichiatra: «carente sul piano intellettuale, infantile», e quindi Joel partiva con i galloni di titolare. Per la difesa non c’erano problemi; nelle 6 partite di preparazione Feola aveva alternato i portieri Gilmar e Castilho, come difensori esterni De Sordi e Nilton Santos, con Dyalma Santos e Oreco di riserva, e i terzini centrali erano Bellini e Orlando e laterale a sostegno Dino Sani, con Mauro, Zozimo e Zito come rincalzi.

Con questo assetto i reparti arretrati risultarono sempre all’altezza della situazione concedendo agli attaccanti avversari solamente due reti. Gli «auriverdi» sulla strada per la Svezia passarono per Firenze e Milano dove batterono viola e nerazzurri con il medesimo punteggio di 4-0, lasciando negli occhi dei tifosi italiani spettacoli indimenticabili di gioco. Pelé non aveva giocato nelle due città italiane poiché durante un incontro di allenamento con il Corinthians era stato toccato duro ad un ginocchio.