Mondiali 1966: INGHILTERRA

Animals, animals per i sudamericani

Per l’incontro inaugurale Ram­sey aveva schierato: Banks; Co­hen Wilson; Stiles J. Charlton Moore; Ball Greaves B. Charlton Hunt Connelly, ma il «team» mancò di incisività, facendosi irretire nella manovra lenta e metodica degli uruguagi. Nella celeste figuravano autentici fuoriclasse come Pedro Rocha, Nestor Goncalves, il portiere Mazurkiewicz che si era segna­lato nel «Sudamericano» giova­nile del ’64. Un «equipo» che Ondino Viera aveva preparato con sagacia, che giocava un football difensivo, ma elegante e piacevole e che inchiodando i bianchi sullo 0-0, davanti ad un pubblico scatenato, mostrò di quale tempra era fatto. Gli inglesi conquistarono la qualifi­cazione battendo con il medesi­mo punteggio (2-0) Francia e Messico, ma sollevarono parec­chi interrogativi poiché i due successi furono più sofferti del previsto, la squadra mancava di efficacia in avanti, Greaves sem­brava attraversare un periodo di luna storta.

Nel secondo grup­po l’Argentina di Juan Carlos Lorenzo e la Germania di Hel­mut Schoen riuscirono a su­perare la resistenza di Spa­gna e Svizzera, che non con­quistò nemmeno un punto. L’ Argentina era arrivata al mon­diale sull’onda del successo con­quistato un paio d’anni prima nella «Taca das nacoes» che la CBD aveva organizzato a Rio e San Paolo. L’Argentina del tecnico José Minella aveva vinto i tre incontri del torneo battendo Inghilterra (1-0), Por­togallo (2-0) e il Brasile di Pelé e Vavà, del trentacinquenne Julinho e di Gerson per 3-0. Nel­la formazione «blanquiceleste» figuravano autentici campioni come Rattin, Onega, Carrizo che mantenne inviolata la propria porta e Roberto Telch, venten­ne del San Lorenzo che sostituì l’infortunato Artime e si incari­cò di giustiziare Gylmar con una doppietta decisiva. Alla World Cup gli argentini di Juan Car­los Lorenzo, cominciarono con lo sconfiggere la Spagna Campione d’Europa degli «italiani» Suarez, Del Sol e Peirò, di Gento e Pirri, le «stelle» del Real Madrid, con una doppietta pe­rentoria di Luis Artime un can­noniere irriducibile.

Lorenzo po­teva disporre di una formazio­ne ricca di talenti come Marzolini, che fu giudicato fra i migliori difensori del torneo, Rattin e Perfumo, Onega e Luis Artime, del River Plate che stava attraversando gli anni più pro­lifici della sua carriera, che lo porterà a conquistare grandi successi in Uruguay e in Brasi­le. Lorenzo sulla scorta dell’e­sperienza contratta in Italia, do­ve aveva soggiornato sia come calciatore che come tecnico, aveva allestito un «equipo» mol­to chiuso in difesa, in grado di resistere a qualsiasi attacco e in avanti Artime, Onega, Rojas potevano trovare, se ben soste­nuti, in ogni momento la via della rete. Con la Germania ba­stava un patto di non bellige­ranza e la partita terminò sen­za reti, ma la costante che vole­va i sudamericani perseguitati, cominciò a rivelarsi con l’espul­sione di Albrecht. Battuta la Svizzera con le reti di Artime e Onega, mentre la Germania af­fondava la Spagna, il miglior quoziente reti favoriva i tedeschi e obbligava i sudamericani all’impossibile scontro con l’In­ghilterra.

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Inghilterra-Argentina: Hurst risolve il match

Davanti a 85.000 spet­tatori i 90′ di gioco ebbero un andamento drammatico. Herr Kreitlen non fu certamente all’altezza della situazione. Gli ar­gentini con la difesa chiusa pun­zecchiavano le retrovie dei bian­chi con improvvise sortite, ma sostanzialmente controllavano il gioco sulla loro trequarti man­tenendo il possesso della palla; gli inglesi non riuscirono a ren­dersi pericolosi le poche volte che cercarono di imprimere alle loro azioni il ritmo abituale. La partita correva su binari inu­suali per gli uomini di Ramsey, ma alla faccenda rimediò Herr Kreitlen prima espellendo il ca­pitano Rattin che chiedeva chia­rimenti circa una ammonizione inflitta ad un argentino, poi con­cedendo ai bianchi una rete di Hurst viziata da fuorigioco. Fu il futuro baronetto a defini­re «animals» gli argentini al termine dell’incontro che aveva brutalmente lordato il principio dell’equità sportiva, e lo «slo­gan» fu immediatamente raccol­to dal pubblico, che da allora ha spesso abusato del termine, an­che contro calciatori che non facevano altro che il loro dove­re.

Ma la persecuzione dei sud­americani non finì all’estromis­sione dell’Argentina. Anche l’U­ruguay pagò un pesante pedag­gio nei «quarti» e precisamen­te nell’incontro con la Germa­nia. E questa volta fu l’inglese Finney ad infierire negando al­la celeste un evidente rigo­re per una parata sulla linea di porta, di Schnellinger, docu­mentata dalle fotografie e dal «ralenty», quando le squadre erano ancora ferme sullo 0-0 e dopo la rete di Haller, allonta­nando dal campo Troche e Sil­va, innervositi dall’arbitraggio a senso unico dell’inglese.

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Germania Ovest-Uruguay: passano i bianchi con notevole aiuto dell’arbitro inglese Finney