Animals, animals per i sudamericani
Per l’incontro inaugurale Ramsey aveva schierato: Banks; Cohen Wilson; Stiles J. Charlton Moore; Ball Greaves B. Charlton Hunt Connelly, ma il «team» mancò di incisività, facendosi irretire nella manovra lenta e metodica degli uruguagi. Nella celeste figuravano autentici fuoriclasse come Pedro Rocha, Nestor Goncalves, il portiere Mazurkiewicz che si era segnalato nel «Sudamericano» giovanile del ’64. Un «equipo» che Ondino Viera aveva preparato con sagacia, che giocava un football difensivo, ma elegante e piacevole e che inchiodando i bianchi sullo 0-0, davanti ad un pubblico scatenato, mostrò di quale tempra era fatto. Gli inglesi conquistarono la qualificazione battendo con il medesimo punteggio (2-0) Francia e Messico, ma sollevarono parecchi interrogativi poiché i due successi furono più sofferti del previsto, la squadra mancava di efficacia in avanti, Greaves sembrava attraversare un periodo di luna storta.
Nel secondo gruppo l’Argentina di Juan Carlos Lorenzo e la Germania di Helmut Schoen riuscirono a superare la resistenza di Spagna e Svizzera, che non conquistò nemmeno un punto. L’ Argentina era arrivata al mondiale sull’onda del successo conquistato un paio d’anni prima nella «Taca das nacoes» che la CBD aveva organizzato a Rio e San Paolo. L’Argentina del tecnico José Minella aveva vinto i tre incontri del torneo battendo Inghilterra (1-0), Portogallo (2-0) e il Brasile di Pelé e Vavà, del trentacinquenne Julinho e di Gerson per 3-0. Nella formazione «blanquiceleste» figuravano autentici campioni come Rattin, Onega, Carrizo che mantenne inviolata la propria porta e Roberto Telch, ventenne del San Lorenzo che sostituì l’infortunato Artime e si incaricò di giustiziare Gylmar con una doppietta decisiva. Alla World Cup gli argentini di Juan Carlos Lorenzo, cominciarono con lo sconfiggere la Spagna Campione d’Europa degli «italiani» Suarez, Del Sol e Peirò, di Gento e Pirri, le «stelle» del Real Madrid, con una doppietta perentoria di Luis Artime un cannoniere irriducibile.
Lorenzo poteva disporre di una formazione ricca di talenti come Marzolini, che fu giudicato fra i migliori difensori del torneo, Rattin e Perfumo, Onega e Luis Artime, del River Plate che stava attraversando gli anni più prolifici della sua carriera, che lo porterà a conquistare grandi successi in Uruguay e in Brasile. Lorenzo sulla scorta dell’esperienza contratta in Italia, dove aveva soggiornato sia come calciatore che come tecnico, aveva allestito un «equipo» molto chiuso in difesa, in grado di resistere a qualsiasi attacco e in avanti Artime, Onega, Rojas potevano trovare, se ben sostenuti, in ogni momento la via della rete. Con la Germania bastava un patto di non belligeranza e la partita terminò senza reti, ma la costante che voleva i sudamericani perseguitati, cominciò a rivelarsi con l’espulsione di Albrecht. Battuta la Svizzera con le reti di Artime e Onega, mentre la Germania affondava la Spagna, il miglior quoziente reti favoriva i tedeschi e obbligava i sudamericani all’impossibile scontro con l’Inghilterra.
Davanti a 85.000 spettatori i 90′ di gioco ebbero un andamento drammatico. Herr Kreitlen non fu certamente all’altezza della situazione. Gli argentini con la difesa chiusa punzecchiavano le retrovie dei bianchi con improvvise sortite, ma sostanzialmente controllavano il gioco sulla loro trequarti mantenendo il possesso della palla; gli inglesi non riuscirono a rendersi pericolosi le poche volte che cercarono di imprimere alle loro azioni il ritmo abituale. La partita correva su binari inusuali per gli uomini di Ramsey, ma alla faccenda rimediò Herr Kreitlen prima espellendo il capitano Rattin che chiedeva chiarimenti circa una ammonizione inflitta ad un argentino, poi concedendo ai bianchi una rete di Hurst viziata da fuorigioco. Fu il futuro baronetto a definire «animals» gli argentini al termine dell’incontro che aveva brutalmente lordato il principio dell’equità sportiva, e lo «slogan» fu immediatamente raccolto dal pubblico, che da allora ha spesso abusato del termine, anche contro calciatori che non facevano altro che il loro dovere.
Ma la persecuzione dei sudamericani non finì all’estromissione dell’Argentina. Anche l’Uruguay pagò un pesante pedaggio nei «quarti» e precisamente nell’incontro con la Germania. E questa volta fu l’inglese Finney ad infierire negando alla celeste un evidente rigore per una parata sulla linea di porta, di Schnellinger, documentata dalle fotografie e dal «ralenty», quando le squadre erano ancora ferme sullo 0-0 e dopo la rete di Haller, allontanando dal campo Troche e Silva, innervositi dall’arbitraggio a senso unico dell’inglese.