Il Capocannoniere Paolo Rossi
Verso le dieci di sera dell’11 luglio 1982 il signor Rossi si appoggiò ansimante a un cartellone pubblicitario dello stadio Bernabeu di Madrid. Intorno a lui un mare in tempesta fatto di mani e bandiere, un’onda che si ingrossa fin quasi a lambire quel serpente azzurro che si snoda intorno al campo. Davanti a tutti c’è una figura mitologica che diverrà francobollo: metà Zoff, metà coppa del Mondo. Dietro, gli altri eroi dell’ultima impresa del nostro calcio.
Meno il signor Rossi, che ha chiuso il suo giro d’onore dopo pochi metri su quel cartellone.
Non è stanchezza, non è commozione: Paolo Pablito Rossi, campione del Mondo e capocannoniere di Spagna ’82 con 6 reti, contempla quel finimondo e – misteri dell’animo umano – si scopre triste: «Guardavo la folla, i compagni e dentro sentivo un fondo di amarezza. “Adesso dovete fermare il tempo, adesso”, mi dicevo. Non avrei più vissuto un momento del genere. Mai più in tutta la mia vita. E me lo sentivo scivolare via. Ecco: era già finito».
Rossi sapeva cosa vuol dire fermare il tempo. A lui era già capitato, ma nel momento sbagliato. Esattamente due anni e un mese prima, l’11 giugno dell’80 la Commissione Disciplinare della Lega lo aveva squalificato per tre anni, poi ridotti a due dalla Caf. Calcioscommesse: la parola, ancora oggi, rimanda al più grave scandalo del calcio italiano. E quello scandalo, ancora oggi, ha la faccia di Paolo Rossi, il giocatore più famoso tra i diciotto squalificati.
Quando il tempo si fermò, Rossi aveva 24 anni e un destino da star. Italo Allodi lo aveva pescato, sedicenne, in una squadretta di Prato. Ala fragilina, ma di gran classe, aveva così potuto perfezionare il suo talento alla miglior scuola italiana, la Juventus. A Torino Rossi conferma i suoi pregi, ma anche la sua fragilità. Vittima di due gravi infortuni, subisce l’asportazione di tre menischi: roba che a diciott’anni può anche costare la carriera.
Così Boniperti, nel 75, fa la prova del nove: Paolo va in prestito al Como, dove però Bagnoli gli preferisce un altro Rossi, Renzo. Un campionato fatto di sei misere apparizioni significa dover ricominciare dalla B. Ma Vicenza è la tappa decisiva: GB Fabbri tutto sommato non sa che farsene di un’ala. Ha bisogno di un centravanti e prova a vedere se quel ragazzino dalla consistenza del cristallo ha per caso il fiuto del gol: 21 in 36 partite, può bastare? Se è per questo, un bottino del genere e la partenza lanciata nel successivo campionato di Serie A bastano anche a Bearzot, che nel dicembre del 77 lo fa esordire in Nazionale. Come se la cava il bomberino tra i grandi? Così: 24 gol al primo anno di A, capocannoniere del campionato, uomo-simbolo del mirabolante Real Vicenza che si piazza secondo alle spalle della Juve. Che a questo punto riscatterebbe volentieri la comproprietà. Farina però non molla l’osso: si va alle buste. Nella sua Boniperti infila 875 milioni. Resta di stucco quando scopre che nell’altra ci sono addirittura due miliardi e 600 milioni. L’Italia dei benpensanti grida allo scandalo, ma intanto Farina si gode il suo gioiello, mentre Rossi invocato a furor di popolo, prende parte alla spedizione italiana in Argentina (un gol al debutto contro la Francia).
Goleador di razza, Paolino resta in quota (15 gol) anche l’anno successivo. Purtroppo però è il Vicenza a sgonfiarsi: l’ebbrezza del secondo posto conduce direttamente alla retrocessione e Farina non può fare altro che “affittare” il gioiello al Perugia. È con la maglia dei Grifoni che Rossi gioca quell’Avellino-Perugia che diventa scottante dossier per gli inquirenti. Quando il fruttivendolo Cruciani, organizzatore del giro di scommesse clandestine tra i giocatori, snocciola l’elenco delle partite truccate e dei relativi protagonisti compiacenti, parla proprio di quell’incontro del Partenio, di Della Martira e del suo compagno di squadra più famoso, Paolo Rossi. Che, pur avendo firmato una doppietta, avrebbe sottoscritto l’accordo illecito per il pari. La partita in effetti era finita 2-2. «Quando Della Martira mi presentò Cruciani, mi dissero solo che l’Avellino era d’accordo per il pari. Risposi che ne avrei parlato col resto della squadra, tutto qui. Non sapevo nulla delle scommesse: pensavo al classico pareggio accettato da due squadre che non vogliono farsi male. Seguii il processo come qualcosa di irreale, come se ci fosse un alto al posto mio. Capii che era tutto vero quando tomai a casa e vidi le facce dei miei».
Due angeli custodi nel suo personalissimo viaggio all’inferno: Boniperti, che lo riacquistò quando Rossi aveva ancora un anno di squalifica da scontare, e Bearzot che nell’82 lo convocò per il Mondiale nonostante i mugugni dell’opinione pubblica. A 26 anni Rossi raggiunge proprio in Spagna (tripletta al Brasile, doppietta alla Polonia, gol d’apertura alla Germania) l’apice della sua carriera. Coronato l’anno col Pallone d’Oro, resterà in bianconero altre tre stagioni, fino all’amaro successo in Coppa dei Campioni nella tragica notte dell’Heysel.
A 29 anni Rossi, coi guai fisici che si ritrova, è un giocatore in declino. Dopo un incolore passaggio al Milan, chiuderà la carriera nell’87 a Verona, portandosi dietro il cruccio di aver fermato il tempo nel momento sbagliato.
LA CLASSIFICA MARCATORI
6 reti: Rossi (Italia);
5 reti: Rummenigge (Germania Ovest);
4 reti: Boniek (Polonia), Zico (Brasile);
3 reti: Giresse (Francia), Kiss (Ungheria), Armstrong (Irlanda del Nord), Falcão (Brasile);
2 reti: Tardelli (Italia), Robson e Francis (Inghilterra), Genghini, Platini (1 rigore), Six, Rocheteau (Francia), Nyilasi, Poloskei e Fazekas (Ungheria), Panenka (Cecoslovacchia, 2), Wark (Scozia), Assad (Algeria), Littbarski e Fischer (Germania Ovest), Socrates, Serginho e Eder (Brasile), Schachner (Austria), Bertoni e Maradona (Argentina), Hamilton (Irlanda del Nord);
1 rete: Conti, Graziani, Cabrini e Altobelli (Italia), Smolarek, Lato, Buncol, Ciolek, Szarmach, Kupcewicz, Majewski (Polonia), Coeck, Vandenbergh, Czerniatynski (Belgio), Mariner (Inghilterra), Couriol, Girard, Soler, Bossis e Tresor (Francia), Wooddin e Sumner (Nuova Zelanda), La Rosa (Perù), M’Bida (Camerun), Toth, Szentes e Varga (Ungheria), Al Dakheel e Al Buloushi (Kuwait), Dalglish, Robertson, Archibald, Narey, Jordan e Souness (Scozia), Madjer, Belloumi e Bensaoula (Algeria), Reinders, Hrubesch e Breitner (Germania Ovest), Ramirez (El Salvador), Zelaya e Laing (Honduras), Lopez Ufarte (1), Juanito (1) e Zamora (Spagna), Bal, Gavrilov, Blokhin, Baltacha, Chivadze, Shengelja e Oganesjan (Urss), Krankl, Pezzey e Hintermayer (Austria), Moscoso, Neira (1) e Letelier (Cile), Ardiles e Diaz (Argentina), Gudelj (Jugoslavia), Oscar e Junior (Brasile)