Mondiali 1974: Italia-Argentina 1-1

Bruno Panzera, L’Unità del 15 giugno 1974

Faticoso pareggio dell’Italia: basterà?

Prova desolante di Riva e Rivera che verrà sostituito (troppo tardi) da Causio – Wilson rileva l’infortunato Morini – Mazzola si conferma ancora una volta il migliore, andando anche vicino al gol della vittoria

L’Italia non ce la fa a battere l’Argentina, ma la grande paura comunque si dissolve. Basterà un altro pari domenica con la Polonia, un pari «possibile» alla luce della classifica del girone, e il passaggio al secondo turno sarà cosa fatta. Improbabile diventa il primo posto, e dunque il cartellone di Francoforte, ma, visto come sono andate le cose, ci si può anche accontentare e far buon viso a… Gelsenkirken.

Diremo subito che tenere a freno gli scatenati «criollos» non è stato stasera facile. Non foss’altro che per questo è titolo di buon merito anche l’1-1. Come si può ben capire un match impostato tutto sulla prudente attesa; ad attaccare non potevano che essere gli argentini, e veniva dunque naturale agli uomini di Valcareggi attenderli ben coperti a centrocampo, e più indietro, per poi eventualmente centrarli su un giudizioso gioco di rimessa. In teoria l’uovo di Colombo, ma in pratica 90′ di continua, dura, sofferta, battaglia. Alla fine, nonostante il disperato prodigarsi di Heredia, Perfumo, Babington e soprattutto Houseman, il risultato, senza peraltro mentire, ha finito in fondo col premiare la migliore disposizione tattica degli azzurri che avevano il vantaggio non indifferente di poter disporre di due possibili risultati utili.

Anche come valori tecnici individuali, in fondo, se si fa la doverosa eccezione di Houseman, senza alcun dubbio miglior uomo in campo, si possono trovare tra gli azzurri le quote più alte. Si potrebbero citare qui i nomi di Mazzola, di Zoff e di Facchetti, ma è chiaro che in occasioni del genere tutti, dal portiere a Riva e Rivera (per quanto questi ultimi due amorfi e raramente inseriti nel vivo del gioco) per dire dall’uno all’undici, vanno accomunati, ognuno allo stesso modo protagonista, nella mezza festa generale.

Perchè di mezza festa appunto si tratta, una mezza festa che fa per una notte di Stoccarda una città tutta e tipicamente italiana. Degli argentini si è detto: hanno lottato fino all’ultimo con l’impegno delle occasioni disperate, neanche però forse troppo dispiaciuti, al tirar delle somme, di non essere arrivati al dunque.
La nostalgia, esasperata dei contrattempi di una interminabile tournee, deve aver già da tempo avuto il sopravvento, se le nostre impressioni non sono state in questi giorni errate, su qualsiasi… ragion di stato. Ma torniamo alla partita.

Un’ora prima del match il Nekarstadion è già poco meno che completo. Un po’ ovunque, sugli spalti, si parla ovviamente italiano anche se non mancano folte rappresentanze del tifo sudamericano. L’attesa è quella di sempre, riempita cioè dai lampi dei fotografi, dai palleggi pre-partita degli uni e degli altri, dal cerimoniale d’uso. All’annuncio delle formazioni gli immancabili boati di accompagnamento. Quella annunciata la formazione italiana con Anastasi in campo. Boninsegna in panchina e Chinaglia in tribuna. Attorno a Giorgione, come si può capire, un assedio di macchine fotografiche, di cineprese, di block-notes, e di cacciatori d’autografi. Tra gli argentini, che presentano il ventilato schieramento a tre punte non figura, come s’era detto, il terzino Carrascosa, ma è stato confermato Sa. In tribuna c’è Franchi, che è arrivato nella tarda serata di ieri al «Monrepos» e c’è un nugolo di allenatori italiani tra cui Fabbri, Giagnoni, Maestrelli, Parola, Heriberto Herrera. Appena un paio di file sotto la nostra, Haller e Schnellinger.

L’autorete di Perfumo su tiro di Benetti

Quando entrano le squadre è un magnifico spettacolo di bianco, di rosso e di verde festosamente agitati.
Il Nekarstadion, per 90 minuti, come San Siro, o qualsiasi altro stadio italiano. In perfetto orario l’avvio con ali argentini alla battuta. Come si può capire gli uomini di Cap mostrano subito le loro flerissime intenzioni imbastendo il pressing fin dalle prime battute, ma gli azzurri, che marcano rigidamente a uomo (Morini su Yazalde, Spinosi su Kempes e Facchetti su Ayala) non concedono spazi. A proteggere i difensori stanno poi, cauti sulla trequarti Capello, sia pure a disagio sul piccolo, guizzante Houseman e Benetti che segue come un’ombra Babington.

Chiaro però che così ermeticamente abbottonati in difesa, manca agli azzurri la possibilità di orchestrare qualsiasi parvenza di gioco di attacco organizzato: la distanza tra le punte ed il pacchetto difensivo è sempre eccessiva, e in quell’ampia fascia Rivera e Mazzola, tra l’altro quest’ultimo marcato a vista da Sa, possono solo galleggiare nell’attesa, e nella speranza, di azzeccare qualche lancio buono. Cosi stando le cose l’iniziativa resta sempre saldamente nelle mani degli argentini che, all’8′ impegnano Zoff con un gran tiro «da fuori» del terzino Wolff, l’uomo di Riva: bravissimo il nostro portiere, nell’occasione, a deviare in calcio d’angolo. In fase difensiva i biancocelesti arginano le puntate di Anastasi con Heredia e (come si è detto) di Riva con Wolff. Perfumo spazia in seconda battuta e Telch gira circospetto nella zona di Rivera.

Il loro lavoro comunque non è in questa fase iniziale davvero massacrante, se tutto lo attivo azzurro si compendia in due tiri, uno fuori di Mazzola ed uno abbondantemente alto di Riva al 14′ e al 19′. Un minuto dopo, come una doccia scozzese per i tanti italiani, ma meritato e giusto premio a cosi chiara superiorità, il gol degli argentini: azione velocissima, passaggio filtrante di Babington, gran tiro di Houseman, un’ira di dio, disperato quanto inutile tentativo di Zoff. Insistono sullo slancio i «criollos» e un gran destro di Kempes al 23′ finisce a lato di poco. Adesso Capello e Benetti si scambiano gli avversari: palese l’intento di Valcareggi: è quello di giovarsi dello juventino in fase più avanzata, visto che con Houseman finiva col fare il terzino. I vantaggi in effetti si notano, la propulsione aumenta e i tentativi azzurri in attacco si fanno più frequenti e più sottolineati. La difesa biancoceleste, pressata, talvolta annaspa in affanno. Al punto che, al 35′ combina il patatrac: passaggio di Capello, stop di petto di Benetti, interviene Perfumo e… Carnevali è battuto. Evidentemente nel destino della squadra azzurra c’è una autorete a match.

Il gran pubblico di lingua italiana non sottilizza ed è di nuovo tutto un tripudio di tricolori. Gli argentini sembrano accusare il colpo e per un po’ «assistono». Le trame azzurre, di converso, si accentuano e si infittiscono a centrocampo, senza peraltro arrivare a chiamare in causa e Riva ed Anastasi. Prima che il tempo si chiuda Houseman, senza dubbio l’avversario migliore, porta ancora scompiglio nell’area di Zoff: nessuno però arriva a dargli una valida mano perchè Morini annulla il temutissimo Yazalde e Facchetti toglie brillantemente ogni velleità ad Ayala. Intervallo comunque, e come si riprende Benetti rimedia una ammonizione per un fallo grossolano. Lo stesso Benetti, al 5′ lancia a Capello sulla fascia sinistra e questi crossa alto sotto porta. Mazzola si lancia nello stacco senza paura ma Carnevali ha la meglio e lui. Sandrino. resta dolorante a terra. Niente di grave ad ogni modo, e il gioco ricomincia a fasi piacevolmente alterne.

Babington e Rivera

Ammonito anche Babington, ma l’agonismo per la verità, pure ovviamente acceso, non varca i limiti di una sana emulazione. Brividi per Zoff all’11’ su un calcio piazzato che Wolff batte ad effetto: il nostro portiere arriva comunque di reni all’incrocio dei pali, e, due minuti dopo, vola letteralmente a deviare sopra la traversa una fucilata secca e improvvisa di Ayala. Gli argentini, di cui Houseman continua ad essere l’anima, come già nel primo tempo, infiammano dunque questa fase iniziale. Al quarto d’ora però perdono Wolff, contuso alla gamba destra, e lo rimpiazzano con Glaria. L’iniziativa, come si può capire stante l’assoluta necessità di vincere, è in prevalenza loro ma Kempes, Ayala e Yazalde trovano i corridoi puntualmente chiusi. Al 21′, coraggiosissimo, il Valcareggi-show: due sostituzioni in una volta sola; escono Morini e Rivera, entrano Wilson e Causio. Forze fresche per il rush finale o, quantomeno, per una valida difesa del pari scongiurando, possibilmente, l’assedio.

Burgnich ovviamente si attesta a stopper, Wilson passa in seconda battuta e Causio si apposta in zona di rifinitura col compito precipuo di sollecitare le punte con lanci in diagondle come suole quando è in vena. Alla mezz’ora, di un soffio, la vittoria mancata: Mazzola si incunea a slalom nel vivo della difesa argentina, sfrutta in modo magistrale un rimpallo, anticipa Carnevali in uscita e spara a colpo pressoché sicuro: la palla invece, tra il fiato sospeso di tutti, sfiora lentamente il montante e si perde sul fondo. Tre minuti dopo anche Cap enta la carta della sostituzione: toglie l’«inutile» Yazalde e lo rimpiazza con Chazarreta. Sono gli ultimi incandescenti minuti di una partita in fondo avvincente, se non per la qualità del gioco, per l’impegno (esasperato di tutti e, specie in questo secondo tempo, per l’entusiasmante alternarsi delle azioni. Ormai però tutti sono, più o meno agli sgoccioli. L’impegno è però sempre commovente. A questo punto diremo che un risultato diverso dal pari farebbe torto a qualcuno. Anche se per l’Argentina, ovviamente, la soddisfazione è magra. Gli azzurri invece vedono da stasera più grande la porta delle qualificazioni all’altro turno. E non è poco.


L’Intervista

Il C.T. Valcareggi elogia l’orgoglio degli azzurri: «Rivera sul viale del tramonto? Scherzate?»
Anastasi parla della grande paura degli italiani – Gli argentini se la prendono con la jella

Tutti contenti, incredibile a dirsi, negli spogliatoi azzurri dopo il pareggio con l’Argentina, contrassegnato da una prova negativa della nazionale italiana. Contento prima di tutti Valcareggi che sottolinea per prima cosa la utilità del risultato ai fini del raggiungimento dell’obiettivo di superare il turno, «Ora ci basterà pareggiare con la Polonia domenica» aggiunge Valcareggi, come se fosse facile fermare gli scatenati polacchi.
Tornando alla partita Valcareggi dice innanzitutto che l’Argentina ha offerto una prova maiuscola, come pochi si attendevano: «Avesse giocato così anche con la Polonia non avrebbe perso» ha detto il C.T. azzurro soffermandosi poi in particolare sull’eccezionale prestazione di Housemann (e dimenticandosi ovviamente di dire che tale eccezionale prestazione è stata favorita anche dalla blanda marcatura da parte italiana).
«Comunque gli azzurri seppure sono stati sorpresi all’inizio, poi hanno saputo reagire con l’orgoglio e la volontà abituali, così ottenendo un meritato pareggio» ha continuato Valcareggi (omettendo anche stavolta di ricordare che il pareggio è stato causato da un fortunoso autogoal).
«Certo possono fare di più, giustamente bisogna prentendere dì più dagli azzurri: ma sono sicuro che già domenica contro la Polonia giocheranno meglio».
Gli è stato chiesto a questo punto se non riteneva che qualcuno dei giocatori più anziani aveva veramente imboccato il «viale del tramonto» come si sospettava da tempo.
E Valcareggi pronto: «Volete alludere a Rivera? Ma via Rivera è Rivera, oggi era stanco, non parliamo per carità di viale del tramonto. Rivera giocherà ancora per tanti anni…».
Inutile insistere con Valcareggi: per lui sono stati tutti bravi.
Sentiamo piuttosto qualche giocatore. Anastasi riconosce che effettivamente gli sportivi italiani possono sentirsi delusi perchè si aspettavano di più. Ma dice che deveno capire le condizioni psicologiche degli azzurri.
Prima gli italiani hanno avuto paura del forcing degli argentini, poi dopo il goal di Housemann hanno avuto paura di dover fare un prematuro ritorno a casa. Una volta raggiunto il pareggio è intervenuta la paura di perdere il punto cosi faticosamente conquistato. Insomma gli azzurri hanno avuto una paura folle per tutti i 90 minuti, per un motivo o per l’altro. Per questo sono stati frenati, handicappati, hanno reso meno del previsto. Ma vedrete che si rifaranno: sempre che non siano soggetti ad altri attacchi di paura.
Inutile poi cercare Riva che sta imbronciato in un angolo: come Rivera anche lui è incappato in una giornata nerissima, pur con l’attenuante dei pochi palloni pervenutigli. Piuttosto proviamo a fare un salto negli spogliatoi argentini ove l’allenatore Cap ed un po’ tutti i giocatori sono intenti a cercare, in terra, sotto le panche, sotto gli armadi. «Che cercano?» domanda qualcuno. «Il gatto nero eh? sembra essersi messo sulla strada della nazionale» risponde Heredia. Non c’è altra spiegazione per loro: la malasorte non basta a spiegare come siano stati raggiunti dall’Italia. Evidente allora che è colpa di qualche gatto nero…

Bruno Panzera, L’Unità del 15 giugno 1974

19-6-1974, Stoccarda
Italia-Argentina 1-1
Reti: 20’ Houseman, 35’ aut. Perfumo
Italia: Zoff, Spinosi, Facchetti, Benetti, F. Morini (66’ Wilson), Burgnich, A. Mazzola, F. Capello, Anastasi, Rivera (66’ Causio), Riva. Ct: F. Valcareggi.
Argentina: Carnevali, Wolff (64’ Glaria), Sa, Telch, Heredia, Perfumo, Ayala, Babington, Yazalde (78’ Chazarreta), Houseman, Kempes. Ct: V. Cap.
Arbitro: Kasakov (Urss).