Mondiali 1990: Italia-Argentina 1-1; 3-4 d.c.r.

di Ronaldo Pergolini – L’Unità del 04/07/1990

La notte degli errori

Gli azzurri buttati fuori ai rigori dopo una partita molta sofferta: in vantaggio con Schillaci, poi raggiunti. Dai calci dal dischetto falliscono Donadoni e Serena. Ma anche Vicini stavolta ha le sue responsabilità

Rigorosamente esclusi dalla finale per colpa di uno scriteriato ct che, forse, credeva di poter sfottere anche la buona sorte. I suoi «misteri» questa volta non gli sono serviti a nulla. Dal cilindro ha tirato fuori un Vialll, davvero coniglio. Un trucco troppo scoperto giustamente punito da un’Argentina che con tanta umiltà e fortunata pazienza va in finale per cercare di conquistare il suo terzo titolo mondiale. Vicini ha sbagliato a scommettere su Vialli e non ha avuto nemmeno il coraggio di rimediare in tempo al suo errore.

Il fischio di Vautrot risolve il quiz di Vicini. L’Azeglio, mette dentro Vialli. Si scopre anche il bluff di Bilardo, ma non c’era bisogno di aspettare le formazioni per capire che quella delle due punte (Caniggia e Dezotti) era solo una delle solite mosse del nasuto ct argentino. Il Gianluca nazionale riassapora il gusto di questo mondiale, per lui finora più agro che dolce, e al primo tocco di palla assaggia anche le «raffinatezze» del crudo Ruggeri. Vicini per Maradona non ha studiato una marcatura speciale. «El pibe» viene guardato all’inizio da Bergomi, mentre Ferri mette sotto il suo incandescente casco il capelluto Caniggia. E quando «el pibe» e «il biondo» si scambiano la posizione, i due guardiani azzurri restano al loro posto. Senza agitarsi più di tanto per il cambio di marcatura. L’Argentina si limita a controllare il gioco degli azzurri. All’8′ toccano Caniggia, Basualdo e Maradona. Arriva poi Burruchaga e la sua botta viene cacciata dall’angolino basso da Zenga. Bilardo spera soprattutto nel contro- piede ma di occasioni nemmeno l’ombra.

Segna un gol fasullo Maradona proseguendo un’azione che l’arbitro aveva interrotto per un precedente fallo. E una fine fasulla fa anche il suo appello ai napoletani perché tifassero Argentina. Si sente «Italia, Italia» e soprattutto «Schillaci, Schillaci». Totò si muove come un pendolo e al 17′, puntuale fa scoccare la sua ora. L’azione parte proprio da lui che tocca per De Napoli, «Rambo» appoggia a Giannini, il Principe con un pallonetto salta l’avversario ma quando va a recuperare il pallone può solo colpirlo con uno sporco colpo di testa. Ma Vialli non sta a guardare tanto per il sottile e getta nella mischia il suo destro volante. Il portiere respinge d’istinto e l’intuitivo predone Schillaci mette dentro.

Un gol non bello ma utilissmo per sbloccare la situazione. A chi insiste nell’ardito confronto tra Totò e Paolo Rossi si può concedere che questo è un gol alla «Pablito». Un gol non bello che agli argentini non piace proprio perché, secondo loro, segnato in fuorigioco. La respinta del portiere ha rimesso in gioco Schillaci, qualche dubbio può esserci sul momento in cui Totò è scattato. Nelle profondissime occhiaie del neo capocannonicre dei mondiali finiscono anche i sospetti, e la sorte ha voluto che con il suo gol finisca anche il record di imbattibilità «mondiale» detenuto dall’Inghilterra con i 499′ messi insieme tra il mondiale di Spagna e quello del Messico. Ora il primato è dell’Italia.

L’Argentina incassa e Maradona è capace di restituire un elegante girata al volo che finisce nelle braccia di Zenga. Un’Argentina cosi combinata non può sperare di rimettere insieme i cocci. Nella ripresa Bilardo toglie il difensore Calderon e mette dentro Troglio per dare più movimento alla manovra. La mossa appare azzeccata. Le azioni «biancocelesti» hanno ora più spessore e si dimostrano più taglienti. Giusti fa suonare il campa- nello d’allarme, dopo dieci minuti, con una bordata che Zenga devia in calcio d’angolo. Nuovo rintocco qualche attimo dopo con il lanciatissimo Caniggia che paralizza, in tandem con Troglio, la difesa azzurra. Il gol sembra fatto, ma il tiro del «biondo» incoccia sulla gamba di Ferri. La situazione peggiora a vista d’occhio per l’Italia.

La squadra si allenta e si sfilaccia sempre più. Giannini si trascina per il campo. Vialli gioca a nascondino. Ma Vicini non dà segni di voler cambiare. Bisognerebbe inserire qualcuno capace di tirare su la cerniera del centrocampo che appare sempre più slabbrata. Ma intanto cambia la partita. Al 24′ su un cross di Olarticoechea, Caniggia con un colpo di «capello» anticipa Ferri e lo spaurito Zenga in uscita. Al pareggio argentino partono, finalmente, i cambi azzurri: prima Serena prende il posto di Vialli, poi tocca a Baggio sostituire il Principe. A questo punto è l’unica scelta possibile. Ma la fantasia non riesce a conquistare il potere dentro l’arco del novanta. Baggio ci prova nei tempi supplementari con una delle sue punizioni che Goycoechea strappa dal «sette». Giusti viene espulso per fallo su Baggio. Ma la partita è ormai segnata. Si va ai rigori. Baresi, Baggio e De Agostini eseguono il loro compito, lo scarabocchia invece Donadoni e lo macchia definitivamente Serena. All’Argentina basta il quarto rigore messo a segno da Maradona.

Vicini: «A Roma tutta un’altra cosa…»

Vicini, cosa può dire? ……. .
«Posso dire che usciamo da questa avventura con la coscienza di aver fatto tutto il possibile per arrivare alla finale. E’ stata una partila equilibrata, dura, molto dilficile. lo credo che noi, globalmente, avremmo forse meritato qualcosa di più, ma questo è il calcio».

I rigori.
«Ci siamo arrivati con Schillaci che aveva uno stiramento all’inguine, con Ferri pieno di crampi. Abbiamo cominciato a batterli anche bene… poi ne abbiamo sbagliali due. Loro, gli argentini dico, li hanno calciati molto meglio».

Senta Vicini, Il ritorno di Vialli è sembrato abbastanza fuori luogo.
«Vialli non ha giocato male… lui aveva disputato le prime due partite e avevamo vinto. Inoltre, in questa squadra c’è sempre stato il discorso della rotazione».

Nell’azione che ha portato al pareggio l’Argentina, Zenga è sembrato molto, troppo incerto. E anche Ferri forse ha colpo grosse. Lei cosa ne pensa?
«No, io non ho visto Zenga commettere errori. Quanto agli altri della difesa, per me compongono sempre una grande difesa».

A un certo punto, dopo le due sostituzioni, l’Italia ha giocato con due punte, Schillaci e Serena, e due giocatori come Donadoni e Baggio che, in un qualche modo, possono essere del rifinitori. Il centrocampo è sembrato un po’ senz’anima. Ecco ripensandoci adesso, le rifarebbe quelle sostituzioni?
«In campo la squadra me sempre sembrata raccolta, equilibrata in ogni reparto, abbiamo giocato bene. Ci siamo difesi con sicurezza, quando attaccavamo riuscivamo ad essere armoniosi. La verità è che la squadra ha accusato molta fatica. La fatica che abbiamo accumulato nelle precedenti partile, sempre giocate all’attacco, sempre cercando di vincere e di fare spettacolo. Se mi ricordo, con la Cecoslovacchia, eravamo già qualificali eppure quella partita l’abbiamo giocata spingendo al massimo. Abbiamo sempre giocato per fare spettacolo, per la gente. Anche qui. E qui devo dire che si, ci hanno applaudilo… ma insomma, il tifo dell’Olimpico ci ha tenuto sempre su meglio, il pubblico romano è stato un’altra cosa».

A ripensarci, l’Argentina ha giocato meglio del solito
«lo ho visto la partita che immaginavo. Gli argentini sono bravissimi, i più bravi di tutti a non far giocare gli avversari. E poi hanno anche quattro, cinque eccellenti giocatori. Noi comunque abbiamo segnato per primi, la loro reazione e stata notevole, abbiamo cercato di reggere l’urto. Sul gol, purtroppo, qualche errore l’abbiamo commesso… No, guardate, io me l’immaginavo che questa partila non sarebbe stata per niente facile e che magari poteva finire anche ai rigori».

Si diceva che l’Italia sarebbe arrivata sicuramente in finale.
«Molti pensavano che noi avremmo usufruito di tutti gli incredibili vantaggi di cui, negli ultimi vent’anni.hanno goduto le squadre che giocavano in casa il mondiale. Ora vi sfido a trovare un solo arbitraggio che ci e stato favorevole… no, ora possiamo dir solo che noi volevamo arrivare tra le prime quattro e che tra le prime quattro siamo».

Il Tabellino

Napoli, martedì 3 luglio 1990 ore 20.00
ARGENTINA – ITALIA 1-1 DTS; 4-3 DCR
Reti: 0:1 Schilacci (17), 1:1 Caniggia (67)
Sequenza Rigori: 0:1 F. Baresi, 1:1 Serrizuela, 1:2 R. Baggio, 2:2 Burruchaga, 2:3 De Agostini, 3:3 Olarticoechea 3:3 Donadoni (parato), 4:3 Maradona, 4:3 Serena (parato)
Argentina: Goycoechea, Ruggeri, Simon, Olarticoechea, Serrizuela, Giusti, Burruchaga, Basualdo (99 Batista), Calderon (46 Troglio), Caniggia, Maradona (c) Allenatore: Carlos Bilardo
Italia: Zenga, F. Baresi, Bergomi (c), De Agostini, Ferri, Maldini, Donadoni, De Napoli, Giannini (75 R. Baggio), Vialli (71 Serena), Schillaci Allenatore: Azeglio Vicini
Arbitro: Vautrot (Italia)

Le Pagelle

ZENGA 5
Se non avesse messo nel carniere diverse belle parate, nel primo tempo e all’inizio della ripresa, meritava un quattro secco. Sull’azione del pareggio ha una responsabilità precisa. Caniggia ha anticipato Ferri che stava rinvenendo ma lui aveva tutto il tempo per anticipare l’argentino. Invece è uscito in ritardo e con tremebonda goffaggine. Lo aveva fatto anche in una precedente occasione. «Number one» lo è solo finché resta tra i pali.
BARESI 6,5
Anche lui, ovviamente, risente delle particolari condizioni di una partita. Nella prima parte ha avuto anche a disposizione il tempo di sciorinare il suo repertorio di Istituto Superiore del calcio. Poi è stato costretto a «saldare» uno squadra che si perdeva i pezzi. Lo ha fatto con la solita maestria ed esperienza ma per potere ricostruire il tutto ci sarebbe voluto un miracolo.
BERGOMI 6,5
Un primo tempo di una lucidità assoluta. All’inizio doveva preoccuparsi di Maradona e lo ha fatto senza patemi. Identica sicurezza quando gli è toccato Caniggia. Nella ripresa ha pagato il prezzo di un affanno generale.
FERRI 6
Per lui vale un po’ il discorso fatto per Bergomi talmente speculari erano i loro impegni. Lucido e attento come sempre si è fatto trovare distratto sull’azione del gol di Caniggia. Un peccato veniale se confrontato con la «vergognosa» uscita di Zenga.
MALDINI 5,5
Dopo la battagliera prova contro l’Irlanda si e concesso una «licenza». Nel primo tempo poteva anche permettersela vista l’inesistente volontà di affondare i colpi degli argentini. Nella ripresa, però, e stato costretto a fare i conti con il deambulante Troglio. E allora è andato spesso a spasso.
DE AGOSTINI 6,5
Può giocare anche come centrocampista ma non e proprio la sua specialità. Ma l’ampia sufficienza se l’è merita per la caparbietà e la spinta agonistica che ha cercato di dare ad una squadra che perdeva sempre più colpi. Ha avuto anche l’occasione su appoggio di Donadoni di risbloccare la situazione, ma la sua meditata botta al volo ha preso in pieno il portiere argentino.
DONADONI 7
Un giocatore che non tradisce mai. Nonostante abbia sbagliato il tiro dal dischetto. Comunque si metta la partita, lui riesce a giocarne sempre una tutta sua con il marchio della eccellente personalità. Un vero peccato l’essersi trovato a fare il predicatore nel deserto.
DE NAPOLI 6,5
Si è rimboccato tutto quello che c’era da rimboccare. Ha cercato di tenere in piedi un centrocampo che andava sempre più piegando le ginocchia. In quelle condizioni ha dovuto esasperare quelle che sono le sue qualità di base: corsa e forza ed è per questo che merita più della sufficienza, ma non ha avuto la possibilità di fare un minimo di ragionamento.
GIANNINI 5,5
Era partito come il più in forma degli azzurri. Un esordio mondiale che aveva stupito anche i suoi, non pochi, nemici della critica. Via via ha perso condizione e smalto agevolato anche dallo scarso appoggio che Vicini gli ha messo a disposizione. Gli è mancato il sostegno di Ancelotti e anche la possibilità di quelle triangolazioni intelligenti con Baggio. E ancora una volta il Principe ha dovuto subire l’onta della sostituzione.
SCHILLACI 6,5
Ammirevole l’impegno e la determinazione che ha messo per tutta la maratona. Apprezzabile anche la sua foga anche la mancanza di autocontrollo lo ha portalo spesso a farsi pescare in fuorigioco. Il gol non e da antologia come ci stava abituando a vedere, ma ugualmente bello per il tempismo con il quale ha seguito e concluso l’azione. Poteva anche essere un gol pesante se la squadra non avesse poi pensato ad «alleggerirlo».
VIALLI 5
Vicini con lui ha commesso il classico peccato dell’amore cieco. Il doriano non è in condizione non solo fisica ma anche mentale e lo ha ridimostrato ampiamente. Da uomo intelligente, quale pretende di apparire, avrebbe dovuto rifiutarsi di scendere in campo.
BAGGIO (dal 75′) 6,5
È entrato a partita compromessa, ma ha avuto la prontezza di gettarsi subito nel vivo di una gara sempre più calda e spigolosa, soprattutto nei tempi supplementari. Si è beccato anche la gomitata che è costata la giusta espulsione a Giusti. Ha fatto vedere ampi stralci del suo repertorio di classe. Da ricordare una punizione dal limite che ha costretto il portiere argentino ad un acrobatico volo per togliere la palla dall’incrocio del pali.
SERENA (dal 71′) 6
Non ha fatto vedere niente di particolare. Tanta foga e buona volontà che merita comunque di essere premiata con la sufficienza.