Mondiali 1990: Italia-Cecoslovacchia 2-0

di Corrado Sannucci – La Repubblica del 20/06/1990

E lo Stadio urlò: è nato il genio che ci farà felici

Vicini gioca la carta della coppa Baggio-Schillaci, e vince.

Doveva essere il redivivo, il geniale, il decisivo, il dribblatore per saltare i lungagnoni cecoslovacchi, doveva giocare tutte le partite dell’estro, a cominciare da quella della sorpresa che lo aveva travolto all’annuncio di Vicini che riportandolo in squadra tentava la carta di Lazzaro. Ma adesso conto di restare in squadra sarà l’esito della notte mondiale di Baggio. Doveva mostrare contemporaneamente aggressività e serenità, presenza all’appuntamento per il Mondiale e la sventatezza incosciente che fa grandi i calciatori. Forse sono sembrate troppe le partite a Baggio, immobile ad ascoltare l’inno, con tutte le etichette addosso, per poi prendere un posto in avanti insieme a Schillaci.

Però aveva un vantaggio Baggio, gli toccavano solo le cose semplici, dal momento che le cose complicate in questa squadra le fa Donadoni. E Baggio al suo primo scatto in posizione di mezzo sinistro creava l’azione che portava a un angolo dal quale poi sarebbe nato il gol di Schillaci: ma lì davanti, con il futuro compagno di Juventus le posizioni non funzionavano, troppo spesso i bassotti voluti da Vicini andavano a cercare la palla dai centrocampisti che avanzavano nella stessa zona di campo. E poi sull’appoggio da dietro, con Nemecek alle spalle, con le gambe ancora molli per la responsabilità, troppo spesso il pallone l’ha perduto con uno stop difficile o con un appoggio di poca qualità. “All’inizio ho avuto qualche difficoltà” confesserà alla fine. “Ho sentito l’esordio e questo meraviglioso pubblico. Poi mi sono sbloccato”.

Non c’era ancora la testa, non c’era ancora lo Zen, ma forse non c’era ancora l’Italia in grado di affondare con Berti e di dare respiro a tutti. Al 32′ , finalmente Baggio, finalmente l’immagine seguendo la quale è finito in squadra: grande azione sulla destra e sul cross di Bergomi uno stop con il destro e mentre la palla rimbalzava il tiro di sinistro, parato però da Stejskal. Il problema tra destra e sinistra tornava nell’azione alla fine del tempo, la più bella, quando un invito di Giannini lo mandava davanti al portiere, con dieci metri da fare e una palla che continuamente si buttava sul piede sbagliato, come un sasso che cade lungo un pendio.

Al momento di calciare, così, Baggio appoggiava debolmente ancora una volta al portiere. Ma era alla fine di un periodo in crescendo con i controlli più sicuri. E’ stato in quel momento che è sembrato anche che la squadra lo cercasse, volesse che tornasse a giocare con i suoi estri. In alcune avanzate Giannini ha ignorato Schillaci che pure si liberava e ha guardato continuamente verso il neo-juventino, fino a dargli anche un paio di lanci di testimonianza più che di speranza. E’ stato allora che Baggio ha cominciato anche a lavorare sulla grinta, per ridare la fiducia che la squadra gli stava dando, pure in una formazione che mostrava dei giochi di doppio, nel segno del talento straripante di Donadoni.

E infatti quando poi nella ripresa il milanista usciva per l’infortunio e la Cecoslovacchia al tempo stesso doveva attaccare per recuperare lo svantaggio, partiva continuamente il contropiede sostenuto da Berti, ma con tocchi di Baggio a distribuire il pallone (come per Schillaci al 54′) e riappariva così il gusto spagnolo di un centrocampo creativo e imprevedibile, con aperture incessanti sulle ali, con un gioco che ha un respiro su tutto il campo. Baggio era presente allora, come era presente Schillaci nel contropiede che al 63′ lo portava faccia a faccia con Stejskal. Insomma, tra l’ipertrofia di Donadoni, la rozza vitalità di Schillaci e la finezza ritrovata di Baggio l’Italia trovava tre armi diverse e poi la necessità di farle convivere, di intesserle in un equilibrio che possa sfuggire anche alla tentazione che la squadra ha, nei momenti di relax, di mettersi a portare la palla a passeggio. Poi come esige il calcio, dopo che la squadra ha vinto la sua partita ne ha vinta anche una Baggio.

Finalmente lui, un’ esclamazione da dire per la seconda volta, all’ 80′ , quando saltava in contropiede Hasek in area stordiva con le finte Kadlec e il portiere avversario. «Ho visto un compagno libero sulla destra ma ugualmente ho voluto provare. E’ il gol più importante della mia carriera, una specie di liberazione. Mi sono tolto un peso, e ho fatto tutto questo in una serata. A chi lo dedico? Ai tifosi della Fiorentina che mi sono stati vicino in maniera particolare. Ero in squadra per la prima volta con Giannini Donadoni e Schillaci. Provando a giocare abbiamo scoperto che si può anche giocare bene». Era finalmente l’insediamento sul trono, nell’Olimpico in festa, con l’apparizione in Nazionale di un talento inarrestabile, in grado di dare alla squadra quello che gli altri non possono: lo stupore degli spettatori per un’impresa unica.

Schillaci: «Ma non chiamatemi Paolo Rossi»

Due gol. Tutti e due di testa. All’Austria, poi alla Cecoslovacchia. Totò Schillaci non sta più nella pelle. Parla tutto d’un fiato:
«Grazie a tutti. A questo pubblico stupendo, all’ allenatore che ha avuto fiducia in me, ai compagni, a Boniperti che mi ha portato alla Juve. Ma sono contento soprattutto per me. Anche se non cambia nulla: resto a disposizione, non creerò problemi a Vicini. Paolo Rossi? No, non paragonatemi a lui. Io sono soltanto Schillaci. Il gol l’ho voluto, ho seguito un pallone sporco… poi sono corso ad abbracciare Tacconi. Tra noi c’era una scommessa: Stefano, prima della partita, mi aveva detto che avrei segnato, io non ci credevo».

E’ felice: «Io e Baggio ci siamo tolti una doppia soddisfazione, noi così bassi. Nel calcio non conta l’altezza, non era giusto fare battute su di noi piccoletti. Baggio ha segnato un gran gol, e ha fatto benissimo a non passarmi il pallone anche se ero libero. Sono felice anche perché adesso la gente ha smesso di insultarmi. Non me lo meritavo. Qui il pubblico è stato davvero meraviglioso. C’era anche un rigore su di me, nettissimo. Certo, un anno fa non avrei mai immaginato di poter essere qui. Non avrei scommesso nemmeno una lira su Schillaci in nazionale. Quando arrivai alla Juve avevo addirittura paura di poter finire in panchina».

Si spiega: «Per paura di non farcela mai mi facevo coraggio. Continuo anche adesso».

Arrivano due grandi esclusi. Vialli: «Una partita eccezionale, migliore ancora rispetto a quella con l’Austria. Vicini ha azzeccato alla perfezione la squadra dal punto di vista tattico, in attacco sono stati formidabili, imprendibili. Io? Adesso devo recuperare nel migliore dei modi, cercare di essere utile alla squadra, poi deciderà Vicini. Io non creerò problemi».

Carnevale invece si augura che la ruota giri: «Presto potrebbe toccare di nuovo a me, perché no? Schillaci e Baggio sono stati bravissimi, ci volevano due rapidi come loro».

Montezemolo gongola: «Non voglio parlare troppo da juventino, ma se il buongiorno è questo. Ora ci aspettano gli ottavi, un ottavo di finale sicuramente agevole».

Bergomi: «Baggio e Schillaci hanno trovato maggiori spazi, siamo stati bravissimi. Il gol della Cecoslovacchia per me era buono, ma prima c’era anche un rigore su Schillaci».

Chiedono a Giannini: e adesso chi toglierà la Banda Bassotti? Risponde con una battuta: «Ci penserà Paperon de’ Paperoni. Scherzo, s’ intende. Questa squadra ha trovato l’equilibrio in tutte le sue parti». Passa di corsa Boniperti, raggiante: «Una bella vittoria che fa amare la maglia azzurra». Donadoni invece è triste, un infortunio che ne mette in dubbio la presenza alle prossime partite.

Il Tabellino

Roma, sabato 19 giugno 1990 ore 21.00
ITALIA – CECOSLOVACCHIA 2 – 0
Reti: 1:0 Schillaci (9), 2:0 Roberto Baggio (78′)
Italia: Zenga, Bergomi, Maldini P., Baresi F., Ferri, Berti, Donadoni (De Agostini 51), De Napoli (Vierchowod 66), Schillaci, Giannini, Baggio R. Allenatore: Vicini Azeglio
Cecoslovacchia: Stejskal, Nemecek (Bielik 46), Bilek, Kadlec, Kinier, Hasek, Moravcik, Chovanec, Skhuravy, Weiss (Griga 59), Knoflicek Allenatore: Venglos
Arbitro: Quiniou (Francia)

Le Pagelle di Gianni Brera

ZENGA 7
Il solito miracoloso gattone: aveva davanti la difesa che io da tempo proclamo la più forte del mondo: verissimo: però questa difesa aveva alle spalle lui, l’ ineffabile deltaplano.
BARESI 7+
E’ sempre sulla breccia e si offre impavido, petto in fuori, quando c’ è da rischiare: non poteva avere schemi a portata dei nuovi ma anche nelle sue incursioni è stato felice.
BERGOMI 7
Il capitano si è fatto come sempre onore: non ha osato partecipare troppo alle incursioni offensive e di questo sarà bene riparlare a bocce ferme.
FERRI 7
Implacabile nel dirimere qualsiasi velleità, quale che fosse l’ avversario di turno: fortissima una sua punizione (andrà invitato più spesso a questi esperimenti…) battuta con il destro da una trentina di metri e sfortunatamente arrivata proprio là dove era il portiere.
MALDINI 7
Ha avuto sempre addosso clienti di pervicace carattere: li ha contrastati con la sua ferocia di angelo sublime: l’ iperbole gli si addice.
BERTI 7
Ciampicone finché volete, questo mattocchio ha ritrovato una condizione che onora i tecnici e il suo carattere: va lodato.
DE NAPOLI 6,5
Ha giocato sul suo standard migliore ma ha avuto il torto, ai miei occhi, di andare ad un tackle con qualche incertezza per cui l’ avversario, decisamente più arcigno di lui, lo ha seriamente ammaccato. Nonostante queste botte De Napoli se l’ è cavata con grande dignità.
DONADONI 7
Si è battuto con il solito impegno cercando di attirare avversari sulle proprie intenzioni di dribbling quasi sempre realizzate. E’ stato sfortunato in una sua proiezione offensiva arrivando un istante dopo su una palla da gol: il peso del portierone avversario gli ha stroncato un ginocchio.
GIANNINI 7+
L’ho visto sbagliare una sola volta con tutte le ragioni di questo mondo. Ha giocato ancora benissimo.
BAGGIO 7,5
E’ stato messo a sorpresa a comandare con Schillaci un attacco per lui del tutto nuovo o quasi: ha avuto impennate degne del suo stile e della sua inventiva e nel finale si è superato sgusciando tra quattro avversari e liberando il destro ad una irresistibile conclusione di classe sicuramente meazziana.
SCHILLACI 7
E’ un rognoso che nessun difensore vorrebbe avere di fronte: non si dà mai per vinto anche se l’ avversario diretto lo sovrasta.
VIERCHOWOD (dal 66′) 6,5
E’ entrato a sostituire De Napoli e lo ha fatto con l’ impegno e la grinta che lo distinguono.
DE AGOSTINI (dal 51′) 6,5
E’ entrato a sostituire l’ infortunato Donadoni ha tenuto a sua volta la fascia sinistra dove agiva, impegnatissimo, Maldini: qualche volta si è ingegnato di concludere: anche quando l’ angolatura avrebbe consigliato passaggi per compagni meglio piazzati: comunque dignità piena.