1962 – Maldini: “Per me era un Italia da Finale”

Per Cesare Maldini la Nazionale del 1962 avrebbe potuto arrivare alla finale, potendo contare su oriundi del calibro di Altafini e Sivori. Ma la scellerata Commissione Tecnica non ne azzeccò una…


Cesare Maldini, triestino come il “paron”, fu uno dei protagonisti di quel disgraziato mondiale che si consumò ai piedi delle Ande e che vide il Brasile orfano di Pelè dopo la prima partita bissare il trionfo del 1958 in Svezia. Era il 1962 e il Milan di Viani e Rocco aveva appena conquistato lo scudetto tricolore. Il proposito di spingere Rocco in nazionale poteva realizzarsi in un’azione tutt’altro che avventurosa, tenuto conto dell’esperienza, del mestiere, dell’intuizione tattica che egli aveva lungamente mostrato di possedere soprattutto nella fruttuosa conduzione di quel Padova che nella seconda metà degli anni Cinquanta era divenuto un autentico spauracchio. L’immagine di quel Rocco era ancora fresca e sicuramente fu questo il motivo che indusse Pasquale e i suoi a scartare una candidatura che non avrebbe mancato di scatenare malumori e gelosie. Cesare Maldini si allunga sul divano, accende una sigaretta. Torna a parlare del mondiale cileno che per noi fu un’altra disarmante, deprimente batosta, come lo furono quelli del ’50, del ’54, del ’58:
Troppi errori furno commessi in quella circostanza. Più o meno eravamo tutti convinti che Rocco ci avrebbe seguiti in CileE invece non fu così. L’ ambiente non era dei più tranquilli, Paolo Mazza non era l’uomo adatto a caricare la squadra. Il primo sbaglio fu quello di concentrare per venti giorni i giocatori a San Pellegrino portandone ventisei, quando si sapeva che quattro avrebbero dovuto tornarsene a casa. Basti pensare in quale atmosfera si vive quando nessuno è certo di avere un posto sicuro. Un madornale sbaglio psicologico. Non solo, ma a tre, quattro giorni dalla partenza furono comunicati i nomi degli esclusi, fra questi mi ricordo c’era anche Lojacono, e questi quattro non furono spediti a casa, ma tenuti là sino alla partenza. Non voglio dire che volevano spaccare tutto, ma so che c’erano ventidue allegri, che si divertivano e quattro rabbiosi, cupi, che in certi momenti mettevano in imbarazzo tutto il gruppo“.

In Cile ne successero di tutti i colori. Il vostro mondiale fu un inferno. La gente vi sputava per le strade. Gli oriundi, Sivori, Maschio, Altafini venivano additati al disprezzo popolare, bollati come traditori del Sud America.

C’era d’aver paura?
In Cile fummo accolti trionfalmente, migliaia di fans, grande simpatia. Eravamo alloggiati in una caserma dell’ aviazione, molto bella, dove si stava assai bene. Ma all’improvviso cambiò tutto, come un temporale d’estate. E’ vero, venivano a sputarci addosso oltre le inferriate. Era capitato che due inviati di grandi giornali italiani, Ghirelli e Pizzinelli, avessero descritto con realismo la situazione del Paese. I cileni si offesero a morte, dalla mattina alla sera l’atteggiamento verso di noi mutò radicalmente. I nostri dirigenti, per calmare le acque, portavano fiori ai monumenti dei caduti, degli eroi. Tutto vano. Da quel momento per noi fu davvero dura, ma riuscimmo ugualmente a impattare, uno zero a zero, con la Germania di Seeler, di Haller, di Schnellinger nell’ incontro inaugurale“.

Poi arrivò il bello, la famosa partita con il Cile. Il famigerato Aston che ci rovinò buttando fuori nel primo tempo Ferrini e David, l’assatanato Lionel Sanchez.
Sì, tutte queste cose, l’arbitraggio di Aston fu iniquo, scandaloso, i cileni erano belve, ma devo dire che alla nostra sfortuna si accoppiarono i grossolani errori di Mazza e Ferrari, perchè erano loro che decidevano lo schieramento. Ma ben presto ci accorgemmo che la formazione veniva varata con l’intervento di un paio di giornalisti. Mazza e Ferrari erano troppo deboli. Per il match con il Cile fu compiuto un capolavoro di dilettantismo. Con il Cile si giocava due giorni dopo la Germania. Nessuno sapeva ancora chi sarebbe entrato in campo“.

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Con la Germania avevamo giocato così: Buffon, Losi, Robotti, Salvadore, Maldini, Radice, Ferrini ala tattica, Rivera, Altafini, Sivori e Menichelli. Era una buona squadra, anzi direi che era fortissima. Ma per il Cile i tecnici persero la testa. Bisognava giocare contro la squadra di casa, sostenuta da un pubblico indiavolato e inferocito contro di noi, ci aspettavano solo provocazioni, insomma quella col Cile diventava la partita più importante e delicata. La nostra permanenza ai mondiali dipendeva tutta da quel match. Perciò la logica imponeva la formazione più solida ed efficace. Alla vigilia una comunità italiana ci invita nel suo club a 25 chilometri da Santiago. Mazza dice: “chi ha giocato contro la Germania meglio che resti in caserma a riposare perchè domani ci sarà battaglia“. Ci vanno in dieci, noi restiamo a riposo. La sera, andiamo a letto alle dieci e mezza”.

Io dormivo con Altafini. Sarà stata la mezzanotte, eravamo in pieno sonno quando si apre la porta di scatto e si accende la lampada, una luce violenta proprio sopra le nostre teste. Apro gli occhi inviperito contro lo stupido che fa quello scherzo, e vedo Omar Sivori appoggiato allo stipite che sghignazza con un grosso sigaro in bocca. Omar, sei matto?, ma lui mi ferma con una mano: uno, e indica lui, due, e fa cenno a me, e tre, mostrando Altafini. Questi tre, domani non giocano. Venite con me. La palazzina era in legno, si sentiva tutto se uno parlava forte. Sivori ci porta in cima alla scala, da sotto provenivano delle voci. Scendiamo gatton gattoni per sentire meglio; c’erano i tecnici con un paio di giornalisti, c’era anche Frossi, mi pare. Sentiamo bene qualcuno che dice a Mazza: ma cosa fa giocare David che non vale una cicca!. E così avanti, insomma, stavano facendo la formazione. Queste erano le nostre commissioni tecniche“.

E ci fu la rivoluzione…
Sì, ma della squadra, cioè dello schieramento. Furono tolti Buffon, Losi, Salvadore, Sivori, Rivera e il sottoscritto. Si salvò solo Altafini“.

Perchè…?
Perchè era il più furbo di tutti. Andò così, la mattina Mazza ci radunò tutti e ventidue. Ci disse varie cosette, giri di parole, per dimostrarci che tutti e ventidue eravamo uguali, della stessa forza e che la parte tecnica aveva deciso di far giocare anche gli altri. In parole povere la squadra era questa: Mattrel, David, Robotti, Tumburus, Janich, Salvadore, Mora, Maschio, Sormani, Ferrini Menichelli. Sette sostituzioni, mai vista una cosa simile in un mondiale. Ma come si poteva supporre che la squadra fosse stanca dopo quindici giorni di allenamenti e una sola partita?

Ricordo che quando fu letta la formazione e arrivarono al 9 Sormani, 10 Ferrini, Sivori, che era rimasto fuori, alzò la voce: ma questi sono degli incompetenti, che cosa siamo venuti a fare quaggiù, potevamo restare in Italia, piantiamo tutto e andiamo a casa. Invece siamo rimasti. Siamo andati a tavola per il pranzo, si giocava la sera, e mi trovo vicino a Sormani che era felice, emozionato, ma non conosceva Altafini. A un certo punto, Josè si alza e passa vicino al tavolo di Mazza e facendo finta di parlare con qualcuno dice di slancio: mi sento in forma strepitosa, sono convinto che se gioco oggi a questi cileni gli faccio almeno due gol. Mazza allunga le orecchie, lo ferma e gli chiede: ma sei sicuro di ciò che dici? Commendatore, glielo garantisco io, non sono mai stato così in forma! C’era da ridere, ma Mazza andò da Sormani e gli comunicò che con il numero 9 avrebbe giocato Altafini.

Questa era la nostra commissione tecnica che in uno scontro così difficile e determinante stravolgeva la squadra facendo giocare nel cuore della retroguardia due ragazzi come Tumburus e Janich che non avevano mai messo la maglia azzurra. Due esordienti. Certo, non fu colpa loro, se poi Ferrini fu espulso dopo sette minuti e David messo fuori alla fine del primo tempo perchè non era riuscito a controllarsi davanti alle incessanti, carognesche provocazioni di Lionel Sanchez, ignobilmente tollerate dall’arbitro Aston. Ma si sa, la squadra di casa ha sempre questi vantaggi in un mondiale. Lionel Sanchez, il famigerato, lo incontrai l’anno dopo al torneo Città di Milano. Mi chiese scusa, per noi, disse, era questione di vita o di morte“.

Fu un’ occasione perduta?
Sì, perchè avevamo una squadra che sarebbe andata lontano, non dico che avrebbe vinto il titolo, ma che poteva andare in finale. Avremmo vinto il girone col 3 a 0 che rifilammo cinque giorni dopo alla Svizzera, segnarono Mora e due volte Bulgarelli, altro esordiente, come Sormani, e saremmo finiti nei quarti con la Jugoslavia e, vincendo, in semifinale con la Cecoslovacchia. Sì, poteva nascere una clamorosa finale Brasile-Italia, otto anni prima del Messico. Invece il Cile e la Commissione tecnica ci rovinarono la festa. Perso per 2 a 0 il confronto col Cile, andammo a dormire disperati e piuttosto tesi. Per noi era finita, il mondiale sarebbe andato avanti con il trionfo del Brasile (3-1 sulla Cecoslovacchia). Quella sera vidi Mazza piangere in giardino. Il mattino dopo alle 8 tutti giù per il rituale alzabandiera. Mancava solo Sivori che apri rabbiosamente la sua finestra urlando: ma finitela di rompere con queste bandiere e lasciateci dormire in pace“.