Oreste Del Buono: cronache spagnole

16 giugno 1982: Ma il Camerun non è Cenerentola

Avrebbe dovuto essere una partita facile per l’ultimo spauracchio degli azzurri, il Perù. Il Camerun aveva sulla carta poche possibilità di andare oltre ad una figura onorevole, secondo alcuni. Ma i più propendevano a pensare che ci sarebbe stata al massimo un’esibizione di buona volontà, muscolarità, ingenuità nera. Il Camerun, infatti, risultava incluso nella lista delle cenerentole del Mundial 1982. Una di quelle squadre fantasma da primo turno e via, tipo El Salvador, Nuova Zelanda, Honduras, Kuwait. Ecco al Kuwait magari si concedevano maggiori possibilità, perché si sa gli sceicchi sono ricchi, e i soldi fanno tutto o quasi in questa vita. Invece il Camerun, impattando 0-0 con il Perù, ha rivendicato il diritto di porsi come ultimo spauracchio. Il Perù, in pratica, è stato ridimensionato a penultimo. Agli inizi di Perù-Camerun allo stadio di La Coruna, nella prima giornata di vero caldo estivo in questa deliziosa Galizia, l’entrata di esordio, o l’uomo o il pallone, meglio se tutti e due, di un verde gigante della squadra che si riteneva già condannata, ha fatto ridere impietosamente e imprudentemente pubblico e intenditori, soprattutto intenditori. Ecco la cenerentola goffa e sgraziata che si fregava con i propri piedi, avviandosi alla rapida sparizione. E invece l’uomo propone e il calcio dispone. Dopo qualche minuto eravamo lì a domandarci se non si fosse fuori strada in modo addirittura vergognoso. Il Perù di Toribio Diaz faceva confusione. I giocatori del Camerun di Thomas N’Kono continuavano a mostrarci grosse ingenuità, e non solo quelle, ma il calcio lo sapevano. Certi sopraffinamente, altri elementarmente, ma la geometria l’avevano nei piedi e avevano una gran voglia di giocare. Ecco la grandezza del calcio su ogni altro sport. La capacità di sorprendere e colpire di incontro, creare nuove emozioni. Il Perù, procedendo la partita, perdeva sempre più la calma, il Camerun acquistava fiducia. E se il proprio centravanti Roger Milla innervosiva e incavolava alla francese mentre il portiere Thomas N’Kono ostentava una calma addirittura irritante, in mezzo Theophile Abega offriva un tale saggio di virtù calcistiche da evocare addirittura nel caldo sogno dello stadio Riazor l’immagine impossibile di un gigantesco Pelé giovane. Thomas N’Kono nelle interviste finisce per ammettere che pur volendo non riesce a trovarsi un difetto. Ma che potrebbe dire il dottor Abega, detto dottore perché un suo zio un tempo esercitava la professione di infermiere, ma ormai a tutti gli effetti dottore in calcio? Sul bellissimo tappeto dello stadio di La Coruna, anche migliore forse del Balaidos di Vigo, il dottor Abega, dottore, anzi professore in calcio, ha dato una lezione perentoria di forza ed eleganza ed ha rilanciato la sua squadra oltre ogni previsione. Sono felice di averlo visto da vicino, in televisione, lo assicuro, è un’altra cosa. In televisione si può godere una partita Brasile-Russia di cui già si sa molto, ma una sorpresa come Perù-Camerun no. Occorre vederla da vicino, con i propri occhi, con la possibilità di contemplare tutto il campo, e i giocatori in movimento. E ora che la cenerentola nera in maglia verde che non ha fatto gol (e un gol l’aveva fatto ma è stato annullato per un parzialmente opinabile fuori gioco) ha fatto qualcosa di più, ha invertito i pronostici e ci ha fatto intuire quello che sarà il futuro del calcio con il dilagare alla ribalta di altri Paesi, noi azzurrofili che possiamo dire? Che ci è andata bene a non incontrare il Camerun alla prima partita, così abbiamo il tempo per prepararci e non ci lasceremo sorprendere. Certo, il Perù viene prima e tenterà di sfogarsi contro di noi. D’altra parte si è qui per lottare, non in vacanza premio, dopo il Perù ci sarà il Camerun, i leoni indomabili. In qualche modo bisognerà sforzarci di domarli; per ora siamo tutti alla pari, un punto per uno non fa male a nessuno. Ma a qualcuno bisognerà far male se non vogliamo che sia fatto male a noi.