SERIE A 1981/82: JUVENTUS

Un rigore di Brady consegna alla Juventus il suo ventesimo scudetto.


LA SINTESI DEL CAMPIONATO

La sfuriata iniziale della Juventus (6 vittorie consecutive) viene interrotta dal prepotente emergere della Roma di Falcão e Pruzzo, che vince lo scontro diretto a Torino e si porta in testa all’ottavo turno. Nel duello si inserisce l’Inter, poi anche la Fiorentina, campione d’inverno nonostante la perdita di Antognoni per un grave infortunio.

La Juventus appaia in testa i viola alla diciottesima giornata, tornando a ruggire per la lotta-scudetto. Le due squadre procedono in un emozionante duello a distanza. La Signora batte la Roma all’Olimpico e conquista un punto di vantaggio. La Fiorentina lo annulla a quattro turni dalla fine, la Juve lo rifà suo alla terzultima, vincendo a Udine col ritorno di Paolo Rossi mentre i viola pareggiano a San Siro con l’Inter.

È di nuovo parità alla penultima ed ecco il gran finale: la Juve vince a Catanzaro grazie a un rigore di Brady, la Fiorentina non sblocca il risultato a Cagliari. Juventus campione. Vanno in B, aggiungendosi al Como, anche le “nobili” Milan e Bologna (quest’ultimo, finora mai retrocesso). Ma la stagione non si chiude qui. In Spagna, la Nazionale di Enzo Bearzot si laurea Campione del Mondo battendo in finale la Germania Ovest.

Roberto Mancini e Giuseppe Galderisi, due grandi rivelazioni della stagione

I CAMPIONI

Le grandi squadre si vedono innanzitutto nel carattere. E ce n’è voluto, alla Juve : questa stagione, per venire a capo dei tanti problemi che l’hanno attanagliata. Un avvio scoppiettante, con quell’en plein (sei vittorie su sei) che ha fatto gridare al campionato già “ucciso” prima di cominciare davvero. Poi, il gravissimo infortunio del lanciato alfiere Bettega in coppa dei Campioni contro l’Anderlecht e la crisi, con la squadra sull’orlo del baratro. Eppure, niente polemiche, niente liti e neppure una critica a Liam Brady, lo straniero caduto in un’abulia apparenza irreversibile.

Facendo quadrato, la Signora si è ritrovata piano piano, con l’aiuto di un diciottenne, Giuseppe Galderisi, subito col colpo in canna per segnare i gol decisivi del grande recupero. Quando è tornato ai suoi livelli Brady, atteso con pazienza ambiente, la Juve ha recuperato la dimensione di vertice. È come sempre fortissima in difesa, con Gentile (una stagione monstre) e Cabrini terzini davanti al quarantenne monumento Dino Zoff in porta; con il torreggiante Brio stopper davanti al classico libero Scirea.

A centrocampo, la grinta inossidabile di Furino e un altro volto nuovo, quello del podista Bonini, a tappare le falle lasciate dalle assenze di Tardelli, motore bianconero per eccellenza a sostegno delle invenzioni del magico sinistro dell’irlandese Brady. Che nel finale conferma la professionalità del campione. Quando le stelle Boniek e Platini sono già state ingaggiate per la stagione successiva e lui, sicuro partente, è chiamato a Catanzaro a battere il rigore che vale una stagione (la Fiorentina sta alitando sul collo), l’irlandese di ferro non ha tentennamenti e infila il pallone del ventesimo scudetto. Il titolo della stella conquistato in attesa di Paolo Rossi, che rientra quando la fine è in vista e in attacco già hanno fatto la loro parte un ottimo Virdis e i giovani Galderisi e Fanna, col supporto della prorompente vitalità di Marocchino. È lo scudetto dei giovani e del carattere, uno dei più belli del Trap.

Il Boom

Uno di quei casi che capitano di rado, nel calcio, e quando capitano sono il segno che è nato un fuoriclasse. Roberto Mancini è un baby talento della Primavera del Bologna, tanto bravo da consigliare a Burgnich l’esordio in A alla prima giornata, contro il Cagliari, quando il “bambino” ha appena 16 anni. Compie i 17 il 27 novembre, quando è ormai titolare a tutti gli effetti. Un attaccante dallo spunto dirompente, con i piedi geniali e un senso del gol che lo porta a fine stagione al quasi incredibile “score” di 9 gol in 30 partite. Nel Bologna che mestamente lascia per la prima volta nella sua storia la Serie A c’è la fugace consolazione di aver fatto nascere una stella. Un campione vero, che subito verrà ceduto alla Sampdoria di Mantovani, dove diventerà uno dei più grandi giocatori italiani, con l’unico punto debole dell’incapacità di sfondare davvero anche in Nazionale.

Il Flop

Il Milan finisce in B al termine di una stagione tutta da dimenticare. In avvio il Diavolo coltiva ambizioni notevoli: viene dalla B e vuole tornare a primeggiare. Sembra addirittura che l’inibito presidente Colombo (che poi passerà la mano a Giuseppe Farina) e il vicepresidente Rivera possano conquistare il brasiliano Zico, il Pelè bianco. Poi ripiegano sullo “squalo”, l’attaccante scozzese Joe Jordan, messo a disposizione del tecnico di grido Radice assieme ad Adelio Moro, raffinato ma un po’ cotto centrocampista risorto ad Ascoli. E puntano la prua verso l’alto, non rendendosi conto di avere una squadra mediocre e svogliata. Radice cerca di svegliarla col pugno di ferro e ne ottiene una accentuata abulia dei principali protagonisti. Ci rimette il posto a favore del tecnico della Primavera, Italo Galbiati. che deve limitarsi ad accompagnare la squadra verso una nuova, avvilente caduta.

Il caso

E’ il 22 novembre 1981, si gioca Fiorentina-Genoa. Il risultato è 2-1 per i viola, grazie anche a un rigore trasformato da Antognoni, quando quest’ultimo si proietta in area e viene travolto dal portiere Martina, che sopraggiunge in volo e gli sbatte il ginocchio destro sulla faccia. Antognoni sviene, per lunghi attimi si vive l’atmosfera della tragedia. Poi, grazie a un massaggio cardiaco, il giocatore si riprende e viene portato in ospedale, dove gli riscontrano una doppia frattura alla regione parietale sinistra. Il giorno dopo Antognoni subisce un intervento chirurgico per la rimozione dall’ematoma causato dal colpo e la ricomposizione della parte. Martina si proclama innocente, protestando l’involontarietà dello scontro, ma la Procura della Repubblica di Firenze apre un’inchiesta per lesioni volontarie (dolo indiretto). Antognoni tornerà in campo solo il 21 marzo 1982. In tribunale, la vicenda si chiuderà con un non luogo a procedere per Martina, scagionato dalla sua stessa “vittima”.

Il Big

Ha quarant’anni suonati, Dino Zoff, quando conduce a termine la stagione più trionfale della sua carriera. Considerato finito all’epoca del Mondiale d’Argentina per via dei gol da lontano subiti in semifinale contro l’Olanda e nella finale per il terzo posto contro il Brasile, il portierone non solo si ritrova dopo quattro anni più titolare che mai sia nella Juve che in Nazionale, ma offre dimostrazioni di sicurezza e agilità straordinarie. Con la Juventus vince il sesto scudetto personale e raggiunge le 300 presenze consecutive in campionato (dieci stagioni senza mancare un appuntamento); poi in Spagna, ai Mondiali, tocca e supera le 100 partite in Nazionale, colleziona prodezze come miglior portiere della manifestazione e alla fine solleva la Coppa del Mondo, la prima azzurra del dopoguerra, dopo aver già vinto, 14 anni prima, quella europea. Verrà immortalato sulla copertina di Newsweek e il pittore Guttuso dipingerà le sue braccia levate al cielo col trofeo nel francobollo celebrativo. È l’apoteosi del più grande portiere italiano che chiuderà con il calcio giocato la stagione seguente, a 41 anni, dopo una carriera disseminata di primati e di straordinaria professionalità.

Il Capocannoniere

Ha un solo grande cruccio, Roberto Pruzzo, cannoniere genovese di stazza robusta (1.78 per 75 chili), abile nel controllo della palla negli spazi stretti ma soprattutto dotato di un istintivo senso del gol: la Nazionale. Ha esordito in azzurro a 23 anni contro la Turchia a Firenze, ma non è mai riuscito a ripetere le prodezze che gli sono così usuali in campionato. E anche in questa stagione, conquistando il secondo titolo consecutivo di re dei bomber, viene provato dal Ct Bearzot, ma senza grandi esiti: e il 23 febbraio la sconfitta per 0-2 al Parco dei Principi con la Francia nella prova generale del Mondiale rappresenta la sua sesta e ultima apparizione in Nazionale (nessun gol). Escluso dalla lista dei 22, esce dal giro di Bearzot. Un peccato, per un bomber completo, che con la Roma vincerà uno scudetto e 4 Coppe Italia.


LA CLASSIFICA FINALE

SquadraPtGVNPGfGs
JUVENTUS463019834814
FIORENTINA4530171123617
ROMA383015874029
NAPOLI3530101553121
INTER3530111363934
ASCOLI323091472621
CATANZARO2830910112529
AVELLINO273099122226
TORINO2730811112530
CESENA2730811113441
UDINESE263098132737
CAGLIARI2530711123336
GENOA2530613112429
MILAN2430710132131
BOLOGNA2330611132537
COMO1730311161842

VERDETTI

Campione d’ItaliaJUVENTUS
Vincitrice Coppa ItaliaINTER
Retrocesse in serie BMILAN, BOLOGNA e COMO
Qualificate in Coppa dei CampioniJUVENTUS
Qualificate in Coppa delle CoppeINTER
Qualificate in Coppa UEFAFIORENTINA, ROMA e NAPOLI

MARCATORI

15 Pruzzo (Roma)
12 Bivi (Catanzaro)
11 Pellegrini C. (Napoli)
9 Altobelli (Inter), Beccalossi (Inter), Bertoni D. (Fiorentina), Garlini (Cesena), Graziani F. (Fiorentina), Mancini R. (Bologna), Piras (Cagliari), Schachner (Cesena), Virdis (Juventus)
8 Bonesso (Torino), Briaschi (Genoa), Conti B. (Roma), Juary (Avellino), Selvaggi (Cagliari)