Udinese 1954/55: sfregiato un capolavoro

Nell’estate del 1955, dopo uno strepitoso secondo posto in campionato, alle spalle del Milan, la squadra friulana fu condannata per un illecito risalente a due anni prima. La grande festa si trasformò presto in cocente delusione.


Sono passati sessant’anni dall’impresa più grande dell’Udinese. La squadra friulana, guidata da Giuseppe Bigogno, nella stagione 1954/55 contese lo scudetto al Milan di Schiaffino fino alle battute finali del campionato. Quel capolavoro, che rappresenta il momento più alto nella storia della squadra bianconera, verrà cancellato poche settimane dopo a causa di un illecito risalente a due anni prima, con conseguente retrocessione a tavolino dell’Udinese.

Quell’annata era cominciata male. Nell’estate del ’54, con una situazione dirigenziale non proprio stabile, il club friulano, dopo essersi salvato agli spareggi, cominciò a vendere. Otto titolari cambiarono aria, persino la giovane promessa Orzan. Fu una rivoluzione per l’Udinese che ingaggiò dalla Roma gli attaccanti Perissinotto e Bettini ed il terzino Azimonti, l’ala La Forgia dal Bologna ed il mediano, ex viola, Magli. Arrivò anche lo svedese Arne Selmosson, un idraulico proveniente dalla squadra dilettante del Jonkoping, mezzala dall’elevato fiuto del gol. Fu il mister Bigogno in persona a fare il suo nome ai vertici societari friulani. Per ottenere l’ok dalla Federazione partì un braccio di ferro che coinvolse, oltre all’Udinese, anche Inter, Triestina e Catania che puntavano a tesserare Bonifaci, Jensen e Spikofski. A spuntarla furono le quattro società che ebbero il placet al tesseramento, in deroga al veto in vigore allora per i calciatori stranieri. Per l’allenatore dei friulani non fu facile trovare la quadratura di una squadra assemblata in fretta e con tante novità. La conseguenza fu lampante nelle prime tre giornate di campionato.

Dopo il ko interno contro l’Inter campione d’Italia, l’Udinese rimediò altre due sconfitte consecutive, a Napoli e Catania, subendo otto reti e segnandone solo una. Sembrò l’inizio di un calvario. Lenta cominciò la risalita, partita con il successo a spese del Genoa grazie alle reti di Bettini (doppietta) e Menegotti. A sistemare la squadra fu l’innesto, nel mercato novembrino, di Pinardi, un centromediano pressoché imbattibile nel gioco aereo che arrivò in prestito dalla Juventus. Mister Bigogno trovò un assetto molto affidabile dell’undici titolare con Romano tra i pali, Azimonti e Dell’Innocenti terzini, Pinardi al centro, raccordo tra difesa e centrocampo. Nella zona nevralgica furono schierati Snidero (giocatore roccioso ma efficace) e Magli, coppia che nelle intenzioni dell’allenatore doveva garantire supporto a due mezzali di buona qualità come Menegotti e Selmosson: il primo dettava il cambio di ritmo, il secondo finalizzava con eleganza la manovra. Le fasce, in chiave offensiva, vennero affidate a Castaldo o Perissinotto a destra, La Forgia sulla sponda sinistra con Bettini centravanti.

Il cambio di marcia arrivò all’inizio di gennaio del ’55. Dopo un ottimo pareggio sul campo della Roma, terza in classifica, la compagine friulana regolò, in casa, il Novara (grazie ad un gol in zona Cesarini di Castaldo) ed il Torino, battuto con un sonoro 3-0. Tre giorni dopo, nella partita di recupero contro la capolista Milan, l’Udinese confermò di essere una bella realtà della stagione. Sul campo dei rossoneri, uno squadrone che annoverava anche il protagonista del “Maracanazo”, Pepe Schiaffino, uno dei più grandi fuoriclasse di sempre, l’undici di Bigogno sfoderò un’ottima prestazione, impreziosita da una strepitosa rimonta nei quattro minuti finali, firmata da Bettini. Al Milan non bastarono le reti di Soerensen e Nordhal per conquistare l’intera posta in palio. Quel punto diede tanta fiducia ai friulani. Selmosson, detto “Raggio di luna”, leader della squadra, fu la vera sorpresa dello splendido campionato dell’Udinese. Sulla spinta, derivata dalla buona prova di Milano, l’Udinese espugnò il campo dell’Atalanta, chiudendo bene un girone d’andata cominciato malissimo.

La partita regalò colpi di scena ed emozioni a ripetizione. L’Udinese fu costretta a giocare in inferiorità numerica per oltre un’ora, per il ko del portiere Gianni Romano dopo uno scontro di gioco con Nordhal (l’estremo difensore accusò persino un lieve stato di choc) scaturito da uno svarione di Magli. E tra i pali andò proprio Magli (allora non erano previste sostituzioni) che riuscì a farsi perdonare l’errore con interventi molto efficaci. In mediana, Bigogno arretrò La Forgia, mossa che non limitò lo strapotere della capolista. Magli sventò un tiro su punizione di Sandokan Silvestri, Nordahl lo graziò concludendo debolmente da ottima posizione. La prima frazione si concluse sullo 0-0. Nella ripresa, dopo appena due minuti, l’Udinese passò in vantaggio con una staffilata dal limite di capitan Enzo Menegotti, autore di una prestazione superlativa, sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Milan in confusione, colpito nuovamente, tre minuti dopo, da un tap-in di Bettini. Come un leone ferito, la squadra di Puricelli riaprì subito il match con un rasoterra di Vicariotto dopo una splendida giocata di Frignani.

Passarono altri quattro minuti ed un boato del pubblico salutò il rientro in campo del portiere Romano che riportò le due squadre in parità numerica. Sospinta dall’entusiasmo dei tifosi, l’Udinese aumentò la carica agonistica. Selmosson si rivelò incontenibile e al 61’ La Forgia realizzò la terza rete riprendendo una corta respinta di Buffon. L’impresa era ormai vicinissima. Il gol di Schiaffino, a 10’ dal termine, complice una papera del portiere, servì a dare emozione alla gara fino all’ultimo. Al fischio finale dell’arbitro maceratese Jonni, i tifosi invasero il campo osannando i giocatori, il tecnico e il presidente Dino Bruseschi.

Milan 39 punti, Udinese 37: a cinque giornate dal termine, l’impresa scudetto era adesso a portata di mano dei friulani. Vittorio Pozzo, in un commento su Stampa Sera, esaltò l’impresa dei bianconeri. “Come si fa a non entusiasmarsi per l’Udinese?”, si chiese il Commissario tecnico bicampione mondiale negli anni Trenta che aggiunse: “Una squadra destinata a sostenere la parte della Cenerentola che finisce per avere ragione di chi le fa torto … Il povero contro il ricco, l’oppresso contro il possente, il diseredato contro il milionario”.

In effetti, scorgendo la rosa a disposizione di Bigogno si notavano vari “scarti” di altre squadre: Bettini (rifiutato dalla Roma), Magli, La Forgia, Pinardi e Menegotti scaricati da Fiorentina, Bologna, Juventus e Milan. Pozzo sottolineò la grande forza di volontà palesata dall’Udinese nello scontro diretto contro la capolista, reagendo al destino avverso (infortunio del portiere) senza ricorrere al catenaccio o ad espedienti ostruzionistici. “Una vera squadra – concluse Pozzo – in grado di fare blocco, agevolata da una città dove non si sa cosa sia il divismo, dove le gelosie e le beghe non si conoscono. Udine, città sana, seria e serena come la maggior parte della nostra provincia”. Pozzo citò anche l’esempio dell’allenatore Bigogno che, dopo aver deluso in altre squadre, ad Udine fece bene perché fu lasciato lavorare in serenità di spirito.

Il bianconero Bettini batte Buffon

I rossoneri sembrarono come quel ciclista in fuga dall’inizio della gara ed in preda ad una crisi improvvisa nel tratto finale della salita prima d’intravedere lo striscione del traguardo. Ma spesso il sogno e la realtà sono in conflitto e basta un tassello mancante per fare saltare tutto il puzzle. Così, mentre lo stanco Milan superò Lazio, Juventus e Genoa, segnando 15 reti, l’Udinese si bloccò contro il Pro Patria fanalino di coda ed il Novara, altra squadra invischiata nei bassifondi della classifica. Fine delle ambizioni tricolore per i friulani. La classifica finale vide i bianconeri secondi, a quattro punti dai rossoneri campioni d’Italia. Bettini fu il vicecapocannoniere della serie A con 20 reti, a sei gol dall’inarrivabile Nordhal.

La stagione più esaltante dell’Udinese, tuttavia, serbava il veleno sulla coda. Il conte Alberto Rognoni, presidente della Commissione di Controllo, da alcuni mesi aveva avviato delle indagini su presunte compravendite di partite. Un arbitro romano, Ugo Scaramella, per aver ricevuto ingenti somme di denaro allo scopo di aiutare il Catania, venne radiato, con conseguente retrocessione in B degli etnei. Ma il caso più clamoroso fu quello riguardante proprio l’Udinese. Un filone d’indagine, infatti, portò a galla un episodio risalente alla stagione 1952/53. Fu in quell’anno che un dirigente della società friulana corruppe, con due milioni di lire, alcuni giocatori della Pro Patria nell’ultima giornata di campionato, il 31 maggio ‘53. La combine avvenne nell’intervallo, con i bustocchi in vantaggio 2-0. Nella l’Udinese s’impose 3-2, evitando qualsiasi rischio di retrocessione. Ironia della sorte: in base ai risultati maturati in quell’ultimo turno di campionato, la squadra bianconera si sarebbe comunque salvata.

A confessare tutto fu un giocatore della Pro Patria, Rinaldo Settembrino, che riferì di quanto gli era stato detto dai suoi compagni di squadra, Antonio Fossati ed Ettore Mannucci, circa una somma di denaro pagata dall’Udinese, tramite il bianconero Revere, pur di vincere la partita e mettersi al riparo dal rischio retrocessione che si sarebbe manifestato in caso di successo del Como a Firenze. Le somme pattuite, 150 mila lire per ogni giocatore accondiscendente, vennero poi pagate a Settembrino, Mannucci ed Oliviero Belcastro in una fabbrica di carta di Milano di proprietà del calciatore Umberto Guarnieri. Dall’inchiesta non si riuscì ad identificare responsabilità personali di dirigenti friulani. Tuttavia, la Lega Calcio ritenne di addebitare alla società bianconera il ruolo di mandante della compravendita della partita, escludendo persino la prescrizione biennale, eccepita dall’Udinese, facendo leva sulla data di apertura dell’inchiesta (novembre ’54).

Cesare Maldini cpntrasta di testa Bettini. Sullo sfondo la cupola del Tempio Ossario che si ammirava dallo Stadio Moretti di Udine

Il processo sportivo si celebrò due anni dopo i fatti contestati, concludendosi con la sentenza di condanna alla retrocessione dei friulani. Così, il giorno dopo la premiazione, al Palazzo Municipale, dei protagonisti dello splendido campionato ‘54/55, che nulla avevano a che fare con la vicenda di due anni prima, arrivò la mazzata. Seguirono delle manifestazioni di piazza, a Udine, contro la decisione della Giustizia Sportiva. Tutto fu inutile. Ad inizio agosto del ’55, la Lega Calcio, confermando la classifica uscita dal campo, applicò all’Udinese la pena della radiazione con riassegnazione al campionato di B, ripescando in massima serie la Spal.

Il capolavoro stagionale venne così sfregiato per responsabilità di soggetti che non centravano con l’Udinese dei miracoli ‘54/55. Il declassamento in cadetteria determinò anche la cessione di Selmosson. Lo svedese, punta di diamante della squadra vicecampione d’Italia, divenuto un lusso insostenibile per la B, si trasferì alla Lazio. Il ricordo di quell’annata resterà, indelebile, nella storia del club friulano capace di sfiorare lo scudetto per poi ritrovarsi, mestamente, nel campionato cadetto. Un capolavoro sfregiato.

LA PARTITA CAPOLAVORO:

Udine, 1 maggio 1955
UDINESE-MILAN 3-2 (0-0)
UDINESE: Romano, Zorzi, Dell’Innocenti, Snidero, Pinardi, Magli, Castaldo, Menegotti, Bettini, Selmosson, La Forgia. Allenatore: Bigogno.
MILAN: Buffon, Silvestri, Zagatti, Beraldo, Maldini, Fontana, Vicariotto, Schiaffino, Nordahl, Liedholm, Frignani. Allenatore: Puricelli.
Arbitro: Jonni di Macerata
Marcatori: 47’ Menegotti, 50’ Bettini, 51’ Vicariotto, 62’ La Forgia, 80’ Schiaffino.
Spettatori 27.100 per un incasso di 25.450.000 lire. Angoli: 8-6 per il Milan.