WALTER NOVELLINO – settembre 1978

Walter Novellino ha sconfitto la «grande paura» della metropoli ed ora è convinto di poter arrivare molto in alto. I suoi traguardi futuri? Lo scudetto con il Milan, la Coppa Europa con la Nazionale e la felicità con la sua famiglia

Miracoli a Milano?

MILANO. Alfredo Walter Novellino, finalmente sorride. Adesso, a Milano ci sono anche la giovane moglie e il figlio, la grande città non è più un deserto ostile, è svanito l’incubo dei pasti solitari in trattoria, delle serate lunghe come un tunnel senza fine, solo, senza sapere cosa fare o con chi scambiare una parola. Novellino, finalmente, sorride. E ricorda:
«Lo ammetto: l’impatto con la grande città è stato traumatizzante. A Perugia ci si conosce un po’ tutti, basta fare due passi sul corso per trovare gli amici. Eppoi a Perugia avevo messo su casa, mia moglie è di Perugia, mio figlio è nato a Perugia, io, ormai, mi sentivo come fossi nato a Perugia. Milano mi ha fatto una grande paura…».

– E così non ce l’hai fatta più e sei scappato via…
«Ma no, ma no, tutte esagerazioni, la solita ricerca del sensazionale. Avevo chiesto il permesso al signor Liedholm di tornare a Perugia il tempo necessario a curare il trasferimento dei mobili da Perugia a Milano, non ho sgarrato neppure di un minuto. La società, una società come il Milan, se fossi… scappato come ha detto qualcuno, me l’avrebbe fatta pagare salata. Ovviamente tutto è filato liscio perché non avevo commesso niente di irregolare. Tutto qui, il “giallo” Novellino».

– Ma tu, a Milano…
«L’ho già ammesso: Milano mi ha fatto paura. Ma credo faccia paura a tutti i giovani come me, che arrivano dalla provincia. Poi passa. Io, adesso, qui a Milano sono un uomo felice».

– E nel Milan come ti sei trovato?
«Subito benissimo: e io non sono un diplomatico, dico sempre e soltanto quello che penso. E’ stata la prima accoglienza di San Siro, Io stadio più famoso d’Italia, che mi ha messo tranquillo. Il pubblico mi ha subito accolto come uno dei suoi. Ho sbagliato qualche partita, non mi hanno fischiato, poi ho giocato meglio e sono arrivati i primi applausi. E’ una sensazione unica raccogliere applausi a San Siro».

– Sei soddisfatto della posizione, e dei compiti tattici, che Liedholm ti ha affidato?
«Sì. Io sono la seconda punta, debbo giocare leggermente più avanti di Rivera, dialogando con Chiodi. Vesto la maglia numero nove, ma non sono centravanti tradizionale. Ecco, direi meglio: gioco da mezza punta davanti a Rivera. Mi piace».

– Scusa, ma finora non è che abbiate segnato troppi gol…
«Verissimo. Il fatto è questo: siamo uomini nuovi, dobbiamo ancora conoscerci meglio fra di noi e con gli altri, quelli che già c’erano. Ma non possiamo fallire, nel Milan gli uomini di classe sono molti. E con la classe l’intesa non tarda mai troppo a venire».

– Cosa pensi di Nereo Rocco?
«Niente. Io l’ho incontrato un paio di volte, se ben ricordo non abbiamo scambiato neanche una parola. Non so quali funzioni abbia nel Milan».

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– Allora, comanda Liedholm?
«Certo. E il signor Liedholm è un tecnico preparatissimo, un gran signore. E’ stato facile intendersi subito con lui».

– E ti ha fatto dimenticare Ilario Castagner…
«No, io sono legatissimo a Castagner e a Ramaccioni, ai quali debbo la mia fortuna calcistica. Non potrò mai dimenticare quello che hanno rappresentato per me. Ma adesso sono a Milano, gioco nel Milan, non debbo pensare ad altro».

– Perché ha i accettato il trasferimento senza eccessivi rimpianti?
«Per ambizione».

– Dove vuoi arrivare?
«II più in alto possibile. Sono giovane, mi piace giocare al calcio, il Milan è una grande società, non avrei potuto sperare di avere maggior fortuna».

– Infatti sei andato subito in Nazionale… Ci credevi?
«Alla Nazionale pensavo da un pezzo, anche quando giocavo a Perugia. A Firenze, contro la Turchia, ho rotto il ghiaccio. Spero sia stato soltanto l’inizio di una lunga, affascinante avventura».

– Lo sai cosa mi ha detto Juliano, qualche giorno fa? Mi ha detto: io ho giocato diciotto volte in Nazionale, pur vivendo a Napoli, lontano dal giro grosso. Mi ritengo una specie di fenomeno. Guarda Novellino; stava nel Perugia, giocava benissimo, non lo chiamavano mai. E’ andato nel Milan, dove sta giocando ancora così così, ed è già vestito d’azzurro…
«Juliano ha perfettamente ragione. Ed è anche per questo che ho accettato il trasferimento al Milan con gioia. Sono un ambizioso, l’ho detto».

– Fin dove pensi possa arrivare il Milan di Novellino e Rivera?
«Allo scudetto. Ci manca soltanto un poco di convinzione nei nostri mezzi, la fiducia di potercela fare. Ma possiamo diventare campioni d’Italia».

– Scusa, la Juventus…
«E’ fortissima, tutti la danno favorita. Ma io penso, anzi io spero che possa accusare una flessione. Allora, saremo i primi a saltarle addosso».

– L’Inter?
«Non l’ho ancor vista giocare, ma leggo cose buone sulla nuova Inter di Bersellini e Beltrami. Tuttavia penso che sia più forte il Milan».

– Il Torino?
«Attraversa una crisi molto profonda, ma credo abbia la possibilità di riprendersi. Gli uomini, ci sono. Tuttavia, sarà difficile che i granata possano tornare allo scudetto».

– Insomma, tu vedi il Milan sopra tutti?
«Io spero che il Milan ce la faccia a cucirsi sulla maglia la benedetta, o maledetta, stella del decimo titolo italiano. Ne parlano tutti, è una specie di ossessione, quasi un incubo. Sarebbe magnifico se il primo campionato in rossonero di Novellino fosse il campionato della stella, non le pare?».

– Come no. Tuttavia l’inizio di stagione non è stato troppo incoraggiante…
«La spiegazione c’è: abbiamo giocato un numero eccessivo di incontri, a volte ci siamo sentiti un po’ frastornati, forse stanchi. Ma il gioco sta lievitando, i miglioramenti arrivano per gradi, noi siamo perfettamente tranquilli. Il Milan, quello vero, si vedrà soltanto in campionato. E sarà un Milan da scudetto, parola di Alfredo Walter Novellino».

E così sia….