VAN BASTEN Marco: il volo del cigno

Spesso discutendo di questioni di pallone si parla di Olanda quale patria del calcio totale. Una definizione, originata all’inizio deli anni ’70, di rara applicazione perchè poche sono state le squadre nella storia in grado di interpretare il gioco attraverso la versatilità dei ruoli e delle funzioni. Quando si parla di calcio totale va considerato che c’è stato un solo uomo in Europa che lo ha rappresentato perfettamente sintetizzando con il suo modo di stare in campo quell’universalità richiesta ad un’intera squadra. Il suo nome è Marco Van Basten, la sua opera è una vera e propria enciclopedia del gioco del calcio.

Il primo capitolo dell’opera omnia di Marco Van Basten, olandese di Utrecht nato il 31 ottobre 1964 è una lezione indispensabile per potersi dichiarare giocatori completi. il primo requisito da possedere è la capacità di utilizzazione complessiva del proprio repetorio e se è vero che molti fuoriclasse passano alla storia per le proprietà divine di un unico piede, Marco rappresenta in questo una meravigliosa eccezzione. Coloro che lo ricordano esclusivamente per la quantità infinita di gol di destro, il suo piede preferito, è bene che ripassino la materia perchè anche come mancino sapeva come farsi riconoscere.

Quando il Milan lo acquista nell’inverno del 1986 Van Basten è già noto alla platea internazionale. Non abbastanza però perchè la concorrenza sia sfrenata. Anzi l’affare è decisamente vantaggioso tenendo conto del prezzo modesto: 1.750.000.000 lire. Certo, che Marco fosse l’erede del del più grande fuoriclasse olandese mai esistito fino ad allora era solamente un ipotesi, suggestiva a partire dal dato di partenza: il giovane Van Basten esordisce in serie A con la maglia dell’Ajax proprio sostituendo il 35enne Johann Cuijff il 3 aprile 1982 in un match contro il Nec. Marco mette il suo sigillo nella cinquina finale. A posteriori verrà interpretata come una data simbolica, un vero e proprio passaggio di consegne perchè Cruijff un’era l’ha davvero rappresentata con il suo Ajax, capace di inaugurare un ciclo di 3 vittorie consecutive in Coppa Campioni dal 1971 al 1973.

Con l’Ajax il giovane Marco vince 3 scudetti, 3 Coppe d’Olanda, 1 coppa delle Coppe, 4 titoli consecutivi di capocannoniere. Cruijff gli fa da allenatore e l’allievo impara dal maestro tutto. Stessa movenze eleganti e leggere, uguale velocità di pensiero e di azione, tecnica sublime per capolavori di classe pura. Van Basten segna a ritmi vertiginosi, 128 gol in 133 partite che gli valgono la Scarpa d’Oro nel 1986 e il primato nella classifica dei cannonieri dal 1984 al 1987.

Van Basten è un campione ormai affermato, i suoi gol e le sue giocate conquistano tutti, sono lampi di genio che parlano per lui, un ragazzo riservato dal sorriso timido e discreto. La consacrazione si completa quando nel 1985 Cruijff ritorna all’Ajax come allenatore e la coppia si riforma. Di nuovo insieme, uno in panchina e l’altro in campo con il numero 9 e la fascia di capitano riportano l’Ajax ai vertici europei. Il 13 maggio 1987 Van Basten è già del Milan quando si presenta in campo per la finale di Coppa delle Coppe con il Lokomotiv Lipsia. E’ lui il leader della squadra, su di lui si concentrano le attenzioni degli avversari. E’ lui a condurre i lancieri alla conquista del trofeo ed è sempre lui a marcare la rete decisiva che riporta in mano all’Ajax un trofeo internazionale dopo ben 14 anni. Ed è anche il suo regalo d’addio.

Si parte per l’Italia, destinazione San Siro, sponda Milan. Berlusconi sta gettando le basi per tornare alla vittoria sotto la spinta del nuovo allenatore Arrigo Sachchi. La campagna acquisti è sontuosa, lo scudetto è l’obiettivo da non fallire. Ricorda Donadoni: «inizialmente quanto arrivò Van Basten sembrava quasi fosse la ruota di scorta, poi già dal primo giorno si intuiva quelle che erano le sue qualità straordinarie tecniche unite ad una una fisicità notevole». Ci vuole poco perchè siano ristabilite le giuste proporzioni con la realtà. Sono sufficienti le prime gare ufficiali per dissipare ogni dubbio. Quattro partite di Coppa Italia e Van Basen va a segno cinque volte dando già un segno della sua classe e della sua efficacia sotto porta.

Pisa, 13 settembre 1987. E’ il giorno del debutto in serie A con il Milan. A 10 minuti dalla fine segna il suo primo gol in campionato. E’ suo il rigore, lo deve tirare per 2 volte, il portiere avversario è il pisano Nista. Ma c’è poco tempo per gioire, le caviglie di cristallo già toccate duro in Olanda chiedono adesso maggiori cure ed attenzioni. Quello che sembrava l’inizio di un’avventura esaltante si trasforma presto in un lungo ritiro forzato fatto da sofferenza, pazienza, paura e voglia di giocare. Decide di farsi operare in Olanda e torna dopo 6 mesi con l’Empoli, mentre la sua squadra è impegnata nella rincorsa al Napoli capolista. Van Basten è subito decisivo al suo rientro, vittoria per il Milan, vittoria per il Marco ritrovato.

Lo scontro diretto è in programma al San Paolo alla terz’ultima di campionato in una bella domenica di sole. Van Basten è in panchina tra Massaro e Costacurta. Il Napoli teme i rossoneri e rinuncia al tridente schierando Bagni con il numero nove. La partita è equilibrata, serve un guizzo di Virdis per portare il Milan in vantaggio. Al 45′ Lo Bello fischia una punizione al limite per il Napoli. Calcia Maradona e non fallisce la rete del pareggio. Si riparte sull’1-1 ed il calcio d’inizio lo da proprio Van Basten subentrato a Donadoni. Il Milan ha la scossa giusta: discesa sulla destra di Gullit e testa vincente di Virdis per il 2-1. Marco è caricatissimo, vorrebbe essere anche lui protagonista, cerca il numero, vuole il gol. E non si tira indietro quando c’è da inseguire l’avversario. Il Napoli prova a reagire, l’azione è emblematica: cross di Giordano, girata di Maradona. Troppo piano. Il tiro è bloccato da Galli che lancia all’istante Evani per una ripartenza fulminante. E’ il sorpasso, lo scudetto è ormai cucito sulle maglie rossonere, la rincorsa è finita e Van Basten ha tirato la volata finale.

E’ un Van Basten appena guarito quello che si appresta d indossare la maglia arancione dell’Olanda per gli europei di Germania 1988. Rinus Michels però non vuole forzare, gli dà il numero 12 e inizialmente parte come riserva. L’inizio per l’Olanda è disastroso: perde per 1-0 la partita d’esordio con l’URSS. L’Europeo è già a rischio. La partita con l’Inghilterra è già una finale per l’Olanda, la sconfitta può voler dire addio ai sogni di vittoria. Michels corre prontamente ai ripari e si affida ciecamente a Van Basten. Marco è in forma, è una spina nel fianco degli inglesi che fanno fatica ad arginarlo. Al 43′ Gullit serve Van Basten in area che con una magia aggira un difensore inglese e batte Shilton con un vero e proprio tocco di bravura. Nella ripresa ancora il duo milanista spiana la via del raddoppio ed è ancora Van Basten a segnare sul filo del fuorigioco con un sinistro rasoterra in perfetta coordinazione. La tripletta è servita ad un quarto d’ora dalla fine girando a rete un angolo di Koeman: 3-0. In semifinale Van Basten affonda la Germania procurandosi un rigore e segnando poi il gol decisivo a due minuti dal termine: taglio in area e destro in scivolata ad anticipare Kohler. Gli arancioni sono in finale dove affronteranno nuovamente l’URSS di Lobanovski. Questa volta non c’è storia e prima Gullit e poi la famosissima rete di Van Basten che con un’impossibile parabola dall’altezza del calcio d’angolo destro spezza i sogni sovietici e consegna all’Olanda il suo primo alloro europeo.

Ed è un Van Basten in forma smagliante quello che nell’estate 1988 prende per mano il Milan e lo conduce nel giro di 2 anni ad affermarsi in campo internazionale. Marco si presenta all’appuntamento con la Coppa dei Campioni segnando 4 reti al Vitov per poi ripertersi nella delicata trasferta di Belgrado girando a rete di test un perfetto assist di Donadoni e affossando nel turno successivo il Werder Brema con un tiro dagli 11 metri. In semifinale c’è il Real Madrid. Il Santiago Bernabeu intimorisce ma non il Milan di Van Basten. I rossoneri aggrediscono il Real, la coppia di olandesi fa paura ma Sanchez segna l’1-0. Una rete di Gullit poi viene annullata ingiustamente. E’ il momento di Van Basten. Il suo tuffo con torsione incorporata è una sfida alle regole della natura, il gol dell’olandese rimette in equilibrio la partita: 1-1. Il ritorno non ha storia con il Real seppellito da cinque reti ed è già tempo di finalissima contro i romeni dello Steaua. Al Nou Camp di Barcellona la superiorità dei rossoneri di Sacchi è addirittura imbarazzante e due doppiette di Van Basten e Gullit riportano la Coppa a Milano dopo 20 anni.

L’anno successivo, stagione 1989/90 è tempo per un nuovo assalto alla Coppa Campioni. Van Basten è ancora lui: la strada che porta alla finale di Vienna viene spianata dai gol del cigno olandese pallone d’oro per il 2 anno conseutivo. Fuori il Real, il Malines, il Bayern, la finale è con il Benfica. Il 23 maggio 1990 Van Basten si presenta subito con uno dei suoi numeri danzanti, ma il portiere para. L’assist per Gullit non viene finalizzato mentre il colpo da biliardo a liberare Rijkaard decide la partita. E’ la seconda Coppa fdei Campioni.
Non pago, il Milan formato olandese di butta anche sulla Coppa Intercontinentale. A Tokio il Milan era già salito sul tetto del mondo nel 1989, un anno dopo la scena si ripete ed è Marco Van Basten l’artefice del trionfo-bis. L’Olimpia di Asuncion cede sotto i colpi magici del centravanti milanista. E’ chiamato il Nurejev dell’area di rigore e a guardarlo sembra davvero danzare.

Con la vittoria di Tokio in Coppa Intercontinentale si chiude il ciclo magico di Arrigo Sacchi sulla panchina del Milan, tre anni di successi, di bel gioco e di dominio: il Milan è nella leggenda. Nell’estate del 1991 è Capello a subentrare in panchina al posto di Sacchi.
La prima stagione della nuova era si conclude con la vittoria dello scudetto e il titolo di capo-cannoniere di Van Basten con ben venticinque reti; impressionante la sua tripletta contro l’Atalanta nell’arco di soli sei minuti. Come dire, gli allenatori cambiano ma i gol di Van Basten restano.
Nel Novembre del 1992 Van Basten è all’apice della carriera, a ventotto anni è nel pieno della maturità e dopo il poker di reti rifilato al Napoli al San Paolo e al Goteborg in Coppa Campioni, riceve il terzo Pallone d’oro della carriera. Solo Michel Platini e Johann Cruijff (sì, proprio colui che il giovane Marco aveva sostituito dieci anni prima) erano riusciti in tale impresa. Marco Van Basten è nell’olimpo del calcio.

Si sa, le storie che il calcio può regalare sono stupende, sono terribilmente dolci e amare al tempo stesso. Pochi giorni dopo la vittoria del terzo pallone d’oro Van Basten si reca a St.Moritz per farsi operare ed è costretto a stare fuori per quattro mesi e mezzo.Rientra a fine Aprile nella trasferta di Udine e una settimana dopo ad Ancora (9 maggio 1993) realizza il suo ultimo gol della carriera ad Alessandro Nista, lo stesso a cui aveva segnato il suo primo gol in Serie A.
Pochi giorni dopo nonostante una caviglia a pezzi Van Basten scende in campo nella sfortunata finale di Coppa Campioni contro l’Olympique Marsiglia ma non riesce a segnare a causa delle sue precarie condizioni fisiche.
Segue il quarto intervento chirurgico alla caviglia e due anni di calvario in cui cerca di tornare in campo senza riuscirci così nell’estate del 1995 a soli trent’anni Van Basten ufficializza il suo addio al calcio a due anni dall’ultima sua apparizione.

Si chiude così la bellissima carriera sui campi di gioco del “Cigno di Utrecht”, una carriera fatta di gol, gioie, infortuni e successi senza essere andato mai fuori dalle righe.
Marco Van Basten è stato uno di quei giocatori che fanno bene al calcio, uno di quei campioni che fanno della sportività la base della propria carriera. Mai un eccesso, mai una dichiarazione fuori dalle righe, solo calcio. E gol.
Un fuoriclasse assoluto come lui manca prima ancora che al nostro calcio a milioni di cuori sportivi italiani, milanisti e non. In tutti noi Van Basten resta e resterà nella nostra testa e nella nostra anima, è e sarà un pensiero, un ricordo, una voglia di emozionarsi ancora. Per sempre.