Pro Vercelli

La fondazione della Pro Vercelli avviene, come Società Ginnastica, nel 1892 per merito del prof. Domenico Luppi, inse­gnante di educazione fisica. La se­zione calcio, quella che darà più fama e soddisfazione alla società, nasce nel 1903 quando Marcello Bertinetti, dopo essersi recato a Torino per assistere ad un incontro della Juventus, compra un pallo­ne per istruire i suoi amici a questa arte. A lui, che fu anche un famo­so schermidore, e a tre suoi amici, Piero Albertini, Adolfo Severi e Francesco Visconti, si deve la creazione della squadra di calcio.

La prima maglia della Pro era bianca a piccole strisce nere verti­cali (un chiaro omaggio alla Ju­ventus). Ma questi colori sociali durarono pochissimo, poiché al primo lavaggio, essendo le casac­che di lana scadente, il nero mac­chiò la parte bianca delle magliet­te che dovettero essere cambiate. Così, a causa della scarsa disponi­bilità di denaro, i giocatori scelse­ro di giocare con la camicia bian­ca, quella che mettevano la dome­nica con il vestito buono e che ben presto divenne famosissima.

A suon di vittorie la Pro Vercelli cominciava a farsi largo anche fuori dai confini cittadini e al torneo di Casteggio, a cui prendevano parte formazioni di grande caratura co­me il Milan, la sua fama divenne di portata nazionale. I bianchi co­prirono 70 chilometri verso Ca­steggio in bicicletta. Anche il cen­travanti Sessa partecipò alla tra­sferta imparando a tempo di re­cord a montare su questo mezzo a due ruote. Il viaggio fu un’avven­tura; tra i tanti aneddoti il più curioso riguarda il passaggio di un ponte sul Ticino. Il gruppo tentò di non pagare il pedaggio ma il cu­stode del ponte se ne accorse e riu­scì a intercettare il povero Sessa, ultimo della fila, che dovette paga­re per tutti.

L’elegantissima Pro del 1904:. In alto da sx: Celoria, Visconti F,, Servetto G., Ara, Milano I, Leone, Sessa, Romussi, Bertinetti, Visconti A., Servetto C.

Nel torneo, che si svol­geva in una giornata e comprende­va quattro squadre, la Pro battè il Casteggio e perse di misura (1-0) col titolato Milan. Al ritorno a ca­sa gli undici eroi vennero accolti come trionfatori. Da quel momen­to inizia l’epopea della grande Pro Vercelli, una sorta di Atheltic Bil­bao nostrano che ammetteva in squadra solamente giocatori ver­cellesi. L’unica eccezione riguar­dava il torinese Berardo, il cui tra­sferimento alla Pro sollevò un ve­spaio di polemiche. Dopo alcuni giorni di riunioni il direttivo della società accettò la richiesta del gio­catore che, benché nazionale, chiese di giocare gratis nella Pro Vercelli.

I bianchi erano una gran­de famiglia, il loro motto era “tut­ti per uno, uno per tutti”, non c’e­ra un allenatore e il padrone rico­nosciuto della squadra era il capi­tano, Carlo Rampini. Era lui, mezzala perennemente col colpo in canna, l’anima e il cuore della formazione piemontese. In pieno dilettantismo Rampini fu al cen­tro di un caso che suscitò polemi­che: il capitano infatti venne accu­sato perché per ogni rete segnata riceveva dal presidente Luigi Bozino dei sigari. Dopo l’inchiesta non scattò alcuna squalifica poi­ché il giocatore riuscì a dimostrare che vendeva i sigari ricevuti per ri­cavare il denaro necessario a cura­re il fratello del compagno di squadra Corna, gravemente am­malato.

Nel 1908 la Pro conquistò il suo primo scudetto. Questa la squadra campione: Innocenti, Salvaneschi, Celoria, Ara, Mila­no I, Leone, Romussi, Bertinetti, Fresia, Visconti, Rampini I. In sei anni, fino al 1913, i bianchi vinse­ro altri cinque titoli, perdendo solo quello del 1910 nei confronti del­l’Inter per protesta. Le due squa­dre avevano terminato il campio­nato a pari punti, rendendo neces­saria la disputa di uno spareggio per il titolo. La partita si sarebbe disputata a Vercelli, grazie al mi­glior quoziente reti della squadra piemontese, il 24 aprile. La Pro chiese un rinvio all’1 maggio poi­ché i suoi migliori giocatori, es­sendo militari, erano impegnati nella Coppa della Regina a Roma. La richiesta non venne accolta e i piemontesi, in segno di protesta, fecero scendere in campo una squadra di ragazzini (alcuni aveva­no addirittura undici anni). L’Inter vinse 10-3 e la Pro Vercelli rinun­ciò così a un titolo che l’avrebbe in seguito proiettata nella storia per la conquista di sei campionati consecutivi.

Stagione 1910/11: ancora Campioni d’Italia

Una delle pagine più belle e leggendarie della storia del­la Pro ci riconduce all’1 maggio 1913, quando la Nazionale italiana affronta il Belgio schierando ben nove giocatori provenienti dalla compagine piemontese (Innocen­ti, Valle, Ara, Milano I, Leone, Milano II, Berardo, Rampini I e Corna). Unici intrusi Renzo De Vecchi, “il figlio di Dio”, terzino del Milan, e Fresia, attaccante dell’Andrea Doria. Vinse l’Italia 1-0, gol di Ara su punizione, e a Vercelli dopo la partita arrivò un telegramma che recitava: “Pro Vercelli-Belgio 1-0”.

Nel primo dopoguerra, con l’apporto del grande Virginio Rosetta arrivano gli ultimi due scudetti, nel ’21 e nel ’22. Fino al 1934 la Pro resta in serie A producendo altri fuoriclas­se come Ferraris II e Silvio Piola, che con la maglia della Pro Vercelli segnò sei reti in una sola partita, contro la Fiorentina, un record tuttora imbattuto. Con la partenza del grande centravanti, successiva a quelle di Depetrini, Celoria, Piccaluga e Ferraris II, i bianchi retrocedono e scompaio­no dall’elite del calcio nostrano.