1949: il Portogallo inaugurò il dopo-Pozzo

Italia-Portogallo del 27 febbraio 1949 fu una partita storica: la penultima della Nazionale che faceva blocco sul Grande Torino, che doveva perire a Superga il 4 maggio successivo. E fu la prima partita della nuova Nazionale dopo Vittorio Pozzo.

Il ciclo di Pozzo, che aveva continuato a fare il giornalista de «La Stampa» anche quando era Commissario Unico, era iniziato proprio contro il Portogallo, nel 1929, ed era durato vent’anni. Si era concluso a Londra, nei quarti di finale delle Olimpiadi, quando la nostra Nazionale «studentesca» aveva perso per 3-5 dalla Danimarca.

A guidare gli azzurri contro il Portogallo, era una commissione tecnica formata dal presidente del Torino Ferruccio Novo, assurto a meritata fama perché era stato lui a costruire il Grande Torino, dal direttore tecnico granata Roberto Copernico e da Ermanno Aebi, ex mezzala dell’Internazionale, che però aveva funzioni solo consultive. Preparava la squadra l’allenatore Peppino Bigogno.

Sul «Calcio Illustrato» Leone Boccali aveva spiegato cosi il cambio al vertice:

«La sostituzione di Pozzo era stata da molti accettata non tanto come necessità tecnica — anzi — bensì per ragioni psicologiche: si diceva che l’ormai canuto C.U. essendo rimasto troppo a quel posto, si era in un certo modo fossilizzato in una forma mentis conservatrice, in valutazioni e selezioni troppo ristrette ed eccessivamente orientate verso i blocchi».

Boccali, d’accordo nella necessità di cambiare, non aveva però condiviso la scelta dei successori. Non riteneva opportuno affidare la responsabilità della Nazionale a Novo che era presidente del Torino e vicepresidente della FIGC:

«Fare del dirigente di una società che deve già fornire molta parte dei giocatori della Nazionale, il dirigente tecnico di quest’ultima, significa fargli perdere di autorità morale sui giocatori medesimi, coi quali, per la sua carica sociale, ha avuto ed avrà, discussioni, debolezze, severità, compromessi di natura economica. Non è un dirigente “indifferente” per tutti i giocatori: è uno che con una parte di essi ha particolari legami».

A Boccali non andò giù nemmeno il fatto che Novo in pratica non avesse cambiato nulla:

«…per copiare così pedissequamente Pozzo sarebbe stato più conveniente tenerci Pozzo, indubbiamente più competente e certo più esperto della materia».

Però il direttore del Calcio Illustrato una soddisfazione la ebbe. La domenica prima il Torino, alfiere del sistema, aveva pareggiato a Padova 4-4 contro una squadra che propugnava invece il vecchio metodo. Boccali aveva scritto che visto che la difesa del Torino aveva fatto acqua, per sostituire Parola forse era meglio far esordire il milanista Tognon invece di insistere su Rigamonti per conservare il blocco Torino. E a Marassi al centro della mediana aveva esordito Tognon.

L’altro esordiente era il sampdoriano Giuseppe Baldini, detto Pinella, che aveva 27 anni. Era stato scelto per un criterio geopolitico, allora per conquistare i favori del pubblico si faceva sempre giocare un atleta di casa. Siccome nella Nazionale era già stato inserito un sampdoriano, Adriano Bassetto, la Commissione Tecnica aveva scelto Baldini (mentre l’idolo dei tifosi del Genoa, Fosco Becattini, era stato convocato come riserva). Ma Bassetto si era infortunato e così Baldini si era trovato isolato. Aveva pure il complesso del Grande Torino e invece di sfruttare il suo sinistro dinamite, aveva cercato soprattutto di servire i compagni più titolati.

Per l’Italia era finita bene (si trattava però di un’amichevole), aveva vinto per 4-1. Ma Boccali era stato severo: «Non è una vittoria che ci possa inorgoglire» anche perché il Portogallo era passato in vantaggio dopo 21 minuti e l’Italia aveva pareggiato solo al 12’ della ripresa. Baldini era stato bocciato senza possibilità d’appello. Scrisse Boccali:

«… la delusione venne fornita dall’esordiente Baldini, incapace di legarsi con il gioco dei compagni e men che meno di piazzare qualche degna staffilata, sia pure di sinistro: le nostre riserve sulla sua maturità tecnica, anche in relazione all’imperfetto uso del piede destro, non poterono ricevere maggiore, e più spiacevole, conferma».

E difatti Baldini non giocò più in Nazionale. E visto che Gabetto aveva ormai 33 anni come pure Amadei, Boccali suggerirà di «ripiegare» (usò proprio questo termine) sul centravanti della Juventus Giampiero Boniperti «che non ha ancora 21 anni, ed è in possesso di tutti i requisiti del centravanti di classe».

In tribuna naturalmente c’era anche Pozzo, stavolta come inviato de «La Stampa». La partita era stata assegnata a Genova per l’interessamento dell’allora consigliere federale Giuseppe Bertoni che venne designato presidente del Comitato Organizzatore («l’organizzazione genovese è stata davvero eccellente» commentò Boccali). La regia della stampa fu affidata a Luigi Caserza corrispondente di «Tuttosport».

Sul «Calcio Illustrato» lo stesso Caserza raccontò una serie di aneddoti divertenti. Il raduno era stato fissato a Chiavari. Gli azzurri erano arrivati in treno. In albergo Copernico si accorse che mancava capitan Mazzola. Telefonò lui stesso da Sestri Levante. Si era addormentato in treno e aveva proseguito. Una macchina dell’organizzazione andò a prelevarlo nella «baia delle favole». Mancavano anche Rigamonti e Carapellese. Ma Rigamonti aveva ormai abituato ai ritardi e Carapellese era rimasto a Milano a curarsi, sembrava che non dovesse nemmeno giocare (invece segnò un gol da antologia). Aveva avvisato del ritardo e al giovedì mattina scese dal treno a Genova perché aveva letto sui giornali che gli azzurri si sarebbero allenati a Marassi al mattino. Ma la notizia era falsa, Novo e Copernico l’avevano fatta pubblicare perché volevano allenarsi a porte chiuse. Però la voce si sparse lo stesso e alle 15 si presentarono al «Ferraris» circa mille persone, fu gioco forza farli entrare (e il dirigente del Genoa Buttignol si rammaricava per l’incasso mancato). La Nazionale era stata trasferita a Nervi e avrebbe dovuto rimanervi ma l’albergo era troppo rumoroso e gli azzurri preferirono tornare a Chiavari.

C’era però il problema del viaggio il giorno della partita. Pensò a tutto il professor Bertoni, che era anche un funzionario delle Ferrovie. Si fece mettere a disposizione una littorina con la quale Mazzola e compagni fecero il viaggio Chiavari-Genova il giorno della partita. Un treno esclusivamente per loro.

Vennero stampati 58.000 biglietti e ne furono messi in vendita 52.000. Il presidente della Sampdoria Aldo Parodi era convinto che ci sarebbe stato l’incasso record (mentre Bertoni era scettico). Propose di versare 30 milioni, si sarebbe tenuto l’incasso, e se andava male peggio per lui. E Caserza raccontò:

«Ma non se ne fece nulla. Il presidente del centravanti della Nazionale (come dicono si sia fatto stampare sui biglietti da visita) ha così perso un ottimo affare perché l’incasso era stato di circa trentatré milioni».

Parodi ci avrebbe guadagnato tre milioni. E con tre milioni, nel 1949, si poteva ancora comprare un buon giocatore…

Genova (Stadio Comunale “Luigi Ferraris”)
domenica, 27 febbraio 1949 – ore 15,00
ITALIA -PORTOGALLO 4-1 (Amichevole)
Reti
: 21’ Lourenço, 57’ Menti II, 67’ Carapellese, 75’ V. Mazzola, 81’ Maroso
Italia: V. Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Annovazzi, Tognon, Castigliano, Menti II, Loik, Baldini, V. Mazzola, Carapellese. Ct: Commissione tecnica della Federazione.
Portogallo: Barrigana, Virgilio, Serafim, Canario, Feliciano, Fr. Ferreira, Lourenço, Vasques, Peyroteo, Travaços, Albano. Ct: A. Silva.
Arbitro: Sdez (Francia).