Abbigliamenti mondiali: dai piedi nudi alle canottiere

La storia dei campionati del mondo di calcio porta con sé numerosi aneddoti inerenti partite, giocatori e gare di qualificazione. Non solo però. Nel calcio, tra le tante cose necessarie, ci sono le divise, ognuna simbolo della propria nazione e tante sono anche le storie legate a questo mondo.

Il primo risale già alla prima edizione della coppa del mondo, quella giocata in Uruguay. La nazionale protagonista è la Bolivia. Per i sudamericani quella del 1930 sarà una delle pochissime (tre) partecipazioni. I boliviani all’epoca non sono ancora “la Verde”, come si fanno chiamare tutt’ora, ma indossano una semplice maglia bianca con pantaloncini e calzettoni neri. Appena scendono in campo nella gara d’esordio contro la Jugoslavia, tutti si accorgono che sulle maglie, portiere compreso, i giocatori portano scritta una grande lettera, non per tutti uguale.

La Bolivia ai mondiali 1930

Al momento della foto di rito, tutto appare chiaro: i giocatori si mettono in posa e si legge la scritta “Viva Uruguay”. Un omaggio al paese ospite della prima coppa del mondo. La frase di cortesia permise ai boliviani di conquistarsi le simpatie del popolo charrua, ma sicuramente non portò loro fortuna, dato che uscirono al primo turno.

Un aneddoto ancora più curioso è legato al mondiale del 1950, giocatosi in Brasile. Il torneo si disputò solo con 13 squadre rispetto alle 16 previste per il forfait di Scozia, Turchia e (udite udite) India. La mancata partecipazione della compagine indiana è legata proprio ad un elemento essenziale della divisa di un calciatore: le scarpe da calcio. Da quell’anno infatti venne stabilito che nelle competizioni internazionali i giocatori dovessero obbligatoriamente indossare le scarpe durante le partite. Per gli indiani il problema fu notevole: i calciatori indiani, che giocavano con uno stile offensivo ed estremamente interessante ed erano dotati anche di buone qualità tecniche, riuscivano però a giocare molto meglio a piedi nudi.

La Fifa fu però irremovibile e così la federazione indiana decise di ritirare la squadra dal mondiale. L’India era già inserita nel girone C con Italia, Svezia e Paraguay, ma la storia (un mix di leggenda e realtà) narra che poco prima della gara inaugurale tra Brasile e Messico, gli indiani diedero forfait. La decisione fu presa, probabilmente, sia per il fatto che scalzi riuscivano a giocare molto meglio, ma anche perché erano talmente abituati a disputare partite a piedi nudi, che non possedevano scarpe da calcio.

Il francese Rocheteau con la maglia dell’Athletico Kimberley

Quella della nazionale indiana e delle scarpe è una storia unica nel suo genere, ma come detto la coppa del mondo ha spesso riservato sorprese in merito alle divise da gioco. Nel mondiale del 1978 giocato in Argentina, per esempio, a causa di un errore del magazziniere la Francia si presenta alla gara contro l’Ungheria solo con le maglie da trasferta, bianche. Il problema è che anche gli ungheresi si presentano con la divisa da trasferta, anch’essa bianca. Per rimediare all’equivoco, la Francia è costretta ad indossare le maglie del Club Atletico Kimberley, formazione di La Plata che milita nella serie C argentina. Ecco allora che i francesi scendono in campo con una divisa che è un’accozzaglia di colori: maglia bianco-verde a strisce verticali, pantaloncini blu e calzettoni rossi.

Ronald Gonzalez in maglia bianconera affronta Alemao in Brasile-Costa Rica

A Messico ’86 gli episodi curiosi inerenti le maglie da calcio sono addirittura due. Primo protagonista è il Marocco, che si presenta ai mondiali con le divise olimpiche di due anni prima. L’altro caso invece riguarda l’Argentina. Nel famosissimo quarto di finale con l’Inghilterra, i sudamericani scendono in campo con una maglia da trasferta di colore blu. Fino a poche ore prima della partita però, gli argentini quelle magliette non le avevano a disposizione, o meglio ne avevano, ma secondo il tecnico Carlos Bilardo erano troppo “pesanti”. In Messico si gioca in altura e il ct argentino voleva maglie più sottili per i propri giocatori. Ecco allora che Bilardo invia un dirigente della nazionale alla Le Coq Sportif, sponsor tecnico della nazionale argentina. Vengono acquistate 38 divise, che sono completamente blu e riportano solo il simbolo dello sponsor. Così le sarte del Club America (prestigiosa formazione messicana), lavorano di fino per cucire sul petto lo stemma della federcalcio argentina e, sul retro, i numeri dei giocatori.

A differenza della Francia nel 1978, ai mondiali di Italia ’90 il Costa Rica ha scelto di cambiare tutta la divisa. Al Delle Alpi di Torino i centramericani devono giocare contro il Brasile. Sprovvisti di divisa da trasferta, scendono in campo con un’insolita maglia bianco-nera con pantaloncini e calzettoni bianchi. Il pubblico li prende subito in simpatia e incomincia a gridare loro: “Juve! Juve!”. La vicenda l’ha spiegata direttamente l’allora commissario tecnico dei centramericani, Bora Milutinovic: “Non avevamo più maglie, io avevo comprato le scarpe da calcio per tutti, mia moglie al ristorante pagava i conti della squadra, così, dato che sono sempre stato tifoso del Partizan Belgrado, volevo giocare con maglie bianconere. Allora chiamai Montezemolo che mi diede il numero di Boniperti: lui mi fece arrivare 44 maglie. Quando entrammo in campo contro il Brasile tutto lo stadio era con noi. I miei si montarono la testa, ma riuscimmo a subire solo un gol e a vincere la gara successiva contro la Svezia. Nonostante scendemmo in campo con quelle maglie, andammo lo stesso in pellegrinaggio a Superga, il Grande Torino doveva essere onorato”.

Eto’o con la maglia usata in Coppa Africa e a destra con quella voluta dalla FIFA ai mondiali 2002

Alquanto bizzarra è invece l’ultima storia legata alle divise durante i mondiali di calcio. Si tratta di quanto successo al Camerun in occasione dei mondiali 2002. I “Leoni indomabili”, laureatisi a gennaio campioni d’Africa, hanno come divise ufficiali, realizzate dalla Puma, delle vere e proprie canottiere a spalla larga, usate già per la Coppa d’Africa. La Fifa però vieta di giocare con delle canottiere, così ecco il colpo di genio. Sia per la prima maglia (verde), sia per la seconda (bianca), vengono applicate delle maniche nere, per fare in modo che le maglie sembrino delle canotte (le maniche si sarebbero mimetizzate con il colore della pelle dei giocatori). Il risultato è bizzarro, ma il regolamento viene pienamente rispettato. Peccato per i camerunensi che abbiano potuto sfoderare le divise solo tre volte, poiché superati nella fase a gironi da Germania ed Irlanda.

Andrea Gariboldi