ADEMIR Da Guia: Vai col lento

Figlio d’arte, dotato di tecnica ed eleganza fuori dal comune, il regista del Palmeiras che dominò la scena brasiliana a metà degli Anni 70, non era una freccia. Ma con la sua andatura compassata faceva girare a mille la squadra

Non tutti sanno che prima del Divino Paulo Roberto Falcão (l’ottavo re di Roma) venne il Divino Ademir da Guia e prima ancora suo padre “O divino mestre” (il divin maestro) Domingos da Guia. Già, Ademir stella assoluta del Palmeiras e prima ancora del Bangu, era figlio di mamma Erothides ma soprattutto di Domingos da Guia, uno dei più forti difensori della storia calcistica non solo brasiliana, considerato da giocatori, tecnici, giornalisti e tifosi semplicemente come il più grande di sempre.

Domingos possedeva una tecnica fuori dal comune; non gettava mai la palla, anzi spesso e volentieri scherniva gli attaccanti avversari con dribbling sublimi e non commetteva quasi mai falli. Esordì sul finire degli Anni 20 con il Bangu poi, nella sua carriera di giramondo del pallone, vinse e stravinse con le maglie del Penarõl, del Vasco da Gama, del Boca Juniors, del Flamengo e del Corinthians prima di chiudere a 36 anni ancora nel Bangu. Domingos, che a 19 anni era già titolare in nazionale, disputò con la Seleção 30 match (25 ufficiali, di cui quattro validi per la Rimet del 1938 dove venne eletto miglior interprete del ruolo del torneo). Fu talmente grande che venne definito da Mario Filho, il più famoso giornalista brasiliano a cui è dedicato lo stadio Maracanà, l’Hitchcock del football per la freddezza con cui dribblava le punte avversarie. La sua grandezza fu però doppia perché in sé già racchiudeva quella del suo erede: il figlio Ademir.

Ademir è nato a Rio de Janeiro il 3 aprile del 1942 e ha iniziato pure lui nelle giovanili del Bangu. Allenato da Moacir Bueno, che fu compagno di Domingos, Ademir si impose subito per la classe e l’eleganza, tant’è che Armando Nogueira, prima firma del quotidiano “Jornal do Brasil” lo descrisse così: «nome, cognome e football di un fuoriclasse».

Ademir a inizio della carriera era seguito scrupolosamente dal padre che lo aiutò a correggere i pochi errori. I suoi modelli erano Dequinha del Flamengo e Rubens del Vasco, entrambi centrocampisti. Nel 1961, ad appena 19 anni, Ademir approdò al Palmeiras grazie ad Armando Renganeschi, che si era interessato a lui già quando allenava il Guarani di Campinas, e al direttore sportivo del verdão Pedro Fischetti, che convinse il padre e i dirigenti del Bangu a fargli lasciare Moça Bonita. Un salto molto grande anche per un “garoto” dotato di cervello sopraffino e di piedi vellutati. Il Palmeiras lo acquistò per sostituire Cinesinho, appena venduto all’Inter (che lo prestò subito al Modena) ma la responsabilità pesò sulle spalle del giovane mulatto dai capelli biondi, che ebbe un avvio difficoltoso. I tifosi del verdão, impazienti, gli affibbiarono il soprannome di “bonde”, un mezzo di trasporto elettrico ultrapassato per la sua lentezza e inutilità. Un’etichetta che si rivelò poi del tutto errata.

Il Palmeiras, capace di tenere testa al Santos di Pelè, lasciò ad Ademir il tempo di capire le differenze tra il calcio carioca e quello paulista, molto più fisico. Il genio di Ademir da Guia si rimise in moto nel 1963, anche se aveva esordito il 14 luglio 1962 (vittoria per 5-1 contro il Taubaté). E proprio nel 1963 venne eletto miglior giocatore del campionato paulista. Stava nascendo il più grande Palmeiras della storia, una squadra che per il calcio raffinato venne presto denominata “l’Academia”, come il Racing Club argentino.

Era il Palmeiras di Oswaldo Brandão, un tecnico di livello assoluto, una biblioteca di segreti tecnici e tattici. Un Palmeiras che annoverava campioni come il portiere Emerson Leão, i difensori Enrico e Luis Pereira, gli attaccanti Leivinha e César Maluco, ma soprattutto una straordinaria coppia di centrocampo, formata appunto da Ademir da Guia e dal suo inseparabile scudiero Dudu. Quella squadra vinse il titolo nazionale nel 1972, anno in cui Ademir venne votato miglior giocatore del campionato, ricevendo la “Boia de Prata” di Placar, e nel 1973, sciorinando un calcio spettacolare e concreto.

Furono quelli i più grandi trionfi della carriera di Ademir da Guia che nel suo palmarès conta anche cinque titoli di campione paulista, una Taça Brasil, due tornei Roberto Gomes Pedrosa e un torneo Rio-São Paulo. All’epoca era abitudine affermare che il Divino Ademir in campo non correva ma sfilava per quanto erano eleganti le sue prestazioni.

Assieme a Emerson Leão, altra colonna del Palmeiras

Ademir aveva un modo unico di leggere le gare e di interpretarle, così come erano unici i passaggi e il controllo di palla; sembrava occupare ogni fetta di campo. Ademir ha onorato la maglia ed ha esaltato la fede palmeirense per sedici anni consecutivi, disputando ben 866 gare e segnando 153 reti. Chiuse la carriera nel novembre 1977 a causa di alcuni problemi respiratorii, disputando e perdendo il suo ultimo match nel “clasìco” contro il Corinthians. In quell’occasione uscì nel primo tempo e la sconfitta maturò solo dopo la sua sostituzione.

Ancora oggi è una leggenda nel club, tant’è che nel 1986 è stato omaggiato con un busto nella sede, un’onorificenza che divide con i soli Junqueira e Valdemar Fiume. Ademir pur essendo un fuoriclasse è sempre stato umile; a vent’anni giocava come un veterano e a trenta si impegnava come un ragazzino; facendo le debite proporzioni lui era per il Palmeiras ciò che Pelò fu per il Santos, tant’è che Rubens Minelli, altro grande allenatore una volta dichiarò: «Senza Ademir da Guia, il Palmeiras sarebbe meno Palmeiras».

Nonostante la sua accertata grandezza Ademir in nazionale non ebbe quel successo che meritava. Infatti disputò soltanto dodici gare, esordendo nel 1965 sotto la guida di Vicente Feola che poi lo trascurò. Così come fecero in seguito João Saldanha e Zagallo, giustificandosi con il fatto che disponevano di Rivelino e Gerson.

In verdeoro solo 9 presenze e un tardivo Mondiale a 32 anni

Fu lo stesso Zagallo a convocarlo per i mondiali di Germania 74, lasciandolo però in panchina fino alla finale per il terzo posto contro la Polonia. Giocò solo un tempo e Zagallo si giustificò dicendo che fu lui a chiedere il cambio. In molti sostennero il contrario ma Ademir per evitare polemiche confermò la tesi del Ct. Del resto, si era sempre preparato scrupolosamente, evitando polemiche e accettando le scelte dei suoi allenatori. Addirittura si racconta che fu la sua ex moglie a comunicargli la convocazione per Germania 74 a tavola e che Ademir la osservò per un solo istante riprendendo immediatamente a fissare il proprio piatto. Era il suo stile, calmo e flemmatico. Il giornalista Kleber Mazziere de Souza lo ha omaggiato con la splendida biografia intitolata “Divino – a vida e a arte de Ademir da Guia”.

Terminata la carriera Ademir si è dedicato ai bambini delle “Escolinhas”, coniando lo slogan: “Bom de Boia, bom de Escola”, raccomandando loro di non abbandonare gli studi. È entrato anche in politica e ha avuto tre figli: due dalla prima moglie, Ximena Amaral, Mirna e Namir poi Ademir da Guia Junior dalla seconda, Sueli.

Chi ama il calcio arte, quello di una volta, si sarà fortemente dispiaciuto che la dinastia da Guia non abbia espresso un altro calciatore. Che come il padre e il nonno sapesse scrivere con i piedi poemi deliziosi.

  • Testo di Andrea Colacione