L’azienda ingelse ha tracciato la strada per il merchandising moderno nel calcio, trasformando per sempre il rapporto tra tifosi, club e il gioco stesso.
Nel 1974, mentre sul campo, l’Olanda di Cruijff stava rivoluzionando il modo di giocare con il suo “calcio totale”, lontano dai riflettori, una piccola azienda inglese stava per scrivere una pagina fondamentale nella storia del merchandising calcistico. La Admiral, fino ad allora conosciuta principalmente come produttrice di abbigliamento sportivo, si apprestava infatti a infrangere uno dei più grandi tabù del calcio: la commercializzazione delle repliche ufficiali delle maglie delle squadre nazionali.
Con un accordo del valore di 15.000 sterline all’anno, la Admiral ottenne non solo il diritto di apporre il proprio logo sulle maglie della nazionale inglese – un fatto già di per sé rivoluzionario – ma anche di vendere al pubblico le repliche ufficiali di quelle stesse maglie.
Per soli 5 sterline (9 se si includevano pantaloncini e calzettoni), i tifosi potevano finalmente indossare la stessa divisa dei loro idoli. Questo gesto, apparentemente semplice, avrebbe cambiato per sempre il volto del calcio e del rapporto tra i tifosi e il loro sport preferito. Era l’inizio di una nuova era, in cui il calcio non sarebbe più stato solo uno spettacolo da guardare, ma un’esperienza da vivere e da indossare.
Don Revie: il visionario dietro la rivoluzione
La storia della Admiral, tuttavia, affonda le sue radici molto più indietro nel tempo. Nata nel 1914 come azienda tessile a Leicester, fu solo negli anni ’30 che iniziò a produrre materiale sportivo. Ma fu la vittoria dell’Inghilterra ai Mondiali del 1966 a spingere l’azienda a concentrarsi quasi esclusivamente sul mondo del calcio.
In questo scenario, emerge la figura di Don Revie, allenatore del Leeds United. Revie non era solo un tecnico di successo, ma un vero e proprio visionario del marketing sportivo. Anni prima, quando prese le redini del modesto club dello Yorkshire, decise di cambiare i colori della squadra dal giallo e blu al bianco totale, emulando il Real Madrid. Il suo obiettivo era chiaro: cambiare la percezione del club agli occhi di tifosi e avversari, creando un’immagine vincente.
Nel 1971, il Leeds United firmò un accordo con la Admiral, diventando due anni dopo il primo club inglese a sfoggiare apertamente il logo di un fornitore di materiale sportivo sulla maglia. Da lì alla vendita delle repliche il passo fu breve. Ma per superare le resistenze di una Football Association ancora ancorata a una visione romantica del gioco, la Admiral aveva bisogno di un potente alleato. Lo trovò proprio in Revie.
Revie, che nel 1974 era diventato commissario tecnico della nazionale inglese, fu il mediatore chiave nelle trattative tra Admiral e FA. Sebbene in seguito ci furono accuse di corruzione e di conflitto di interessi – si diceva che Revie ricevesse una percentuale sulle vendite delle maglie – queste non furono mai provate. Ciò che è certo è che con il supporto di Revie, la Admiral riuscì a superare lo spirito anti-commerciale della Federazione e a firmare un accordo pionieristico.
Dalle tribune ai negozi
L’accordo tra la Admiral e la FA nel 1974 segnò un punto di svolta non solo per l’azienda, ma per l’intero mondo del calcio. In poche settimane, le prime maglie ufficiali destinate al grande pubblico fecero la loro comparsa nei negozi. La reazione fu straordinaria: i tifosi, finalmente, potevano sentirsi parte integrante della squadra, indossando la stessa divisa dei loro eroi.
Questo cambiamento non fu solo estetico. Rappresentò una vera e propria rivoluzione culturale nel mondo del calcio. Le tribune, fino ad allora dominate da abiti formali e sciarpe, si trasformarono in un mare di colori, con migliaia di tifosi che indossavano con orgoglio le maglie delle loro squadre. Era la nascita di un nuovo rituale, di un nuovo modo di vivere e manifestare la propria passione per il calcio.
Il successo fu immediato. Le maglie volavano letteralmente dagli scaffali dei negozi. I tifosi, che fino a quel momento potevano solo sognare di possedere una maglia ufficiale, ora potevano acquistarla e indossarla con orgoglio. Questo creò un senso di appartenenza e di connessione con la squadra che prima era inimmaginabile.
L’espansione
Dopo l’accordo con la nazionale inglese, l’azienda divenne rapidamente il marchio di riferimento nel calcio britannico. Club prestigiosi come Manchester United, Southampton, West Ham United e Coventry si affidarono alla Admiral per le loro divise.
Ma l’ambizione dell’azienda non si fermò ai confini inglesi. Presto, la Admiral iniziò a espandersi oltre Manica, firmando accordi con club scozzesi come Aberdeen, Dundee United e Motherwell. Il passo successivo fu l’Europa continentale, con partnership prestigiose con Stella Rossa, Eintracht Francoforte e Malmö. In Italia fece breccia sulle maglie di Bologna, Ascoli, Udinese, Monza e Piacenza.
Ogni nuovo accordo portava con sé non solo il logo Admiral sulle maglie, ma anche l’introduzione nel mercato delle repliche ufficiali. Questo modello di business fu rapidamente adottato da altri marchi come Adidas, Puma, Le Coq Sportif, Mitre, Kappa e la rivale inglese Umbro. La Admiral aveva aperto una strada che presto sarebbe diventata un’autostrada.
L’azienda non si limitò a produrre maglie identiche a quelle indossate dai giocatori. Iniziò a creare linee di abbigliamento ispirate alle divise ufficiali, permettendo ai tifosi di mostrare il loro supporto anche nella vita di tutti i giorni. Giacche, cappelli, borse: tutto poteva essere brandizzato con i colori e i loghi delle squadre preferite.
L’apice a Euro 1980
Nel 1980, la Admiral raggiunse l’apice del suo successo con il lancio del suo secondo modello per la nazionale inglese. Questa maglia si rivelò essere uno dei prodotti più popolari e iconici della sua storia. La nuova divisa incorporava strisce blu e rosse sulla classica base bianca, un design che catturava perfettamente l’essenza del calcio inglese e al contempo introduceva un elemento di modernità.
Questo equipaggiamento fece il suo debutto al Campionato Europeo in Italia, segnando l’apice del successo della Admiral. Nonostante la deludente prestazione della nazionale inglese sul campo, la maglia divenne un bestseller istantaneo, confermando il potere del merchandising nel calcio moderno.
La popolarità di questa maglia fu tale che influenzò il design di molte altre squadre. I club iniziarono a richiedere design più audaci e distintivi, consapevoli che una maglia accattivante poteva tradursi in maggiori vendite e in un maggiore coinvolgimento dei tifosi.
Il declino
Tuttavia, come spesso accade, il successo porta con sé sfide sempre più grandi che non sempre il management riesce a reggere. I costi di produzione iniziarono a superare i ricavi delle vendite in molti casi, e gradualmente i club iniziarono a cercare offerte più vantaggiose presso marchi concorrenti.
La Admiral si trovò a competere con giganti dell’industria sportiva che potevano offrire contratti più lucrativi e una distribuzione globale. L’azienda, che aveva basato il suo successo sull’innovazione e sul coraggio di osare, si trovò improvvisamente in difficoltà nel tenere il passo con la rapida evoluzione del mercato.
Il colpo di grazia arrivò quando metà del portfolio della Admiral passò all’Adidas, con il Manchester United in testa, mentre l’altra metà si spostò verso Umbro. Già nel 1982, l’azienda dichiarò ufficialmente bancarotta. La stessa nazionale inglese passò a Umbro, segnando la fine di un’era.
La caduta della Admiral fu tanto rapida quanto era stata la sua ascesa. L’azienda che aveva rivoluzionato il merchandising calcistico si trovò improvvisamente fuori dai giochi, vittima del suo stesso successo e dell’industria che aveva contribuito a creare.
Un culto che resiste al tempo
La bancarotta della Admiral trasformò le sue maglie in veri e propri oggetti di culto. I collezionisti iniziarono a cercare freneticamente le vecchie divise Admiral, che divennero pezzi da museo, testimonianze di un’epoca d’oro del calcio inglese e del merchandising sportivo.
L’azienda fu inizialmente acquistata da un imprenditore olandese che tentò di rilanciare il business alla fine degli anni ’80, quando la vendita di repliche era ormai generalizzata. Nonostante riuscisse a mantenere un portfolio rispettabile, l’assenza di club e nazionali di primo livello spinse la Admiral ad abbandonare gradualmente il mondo del calcio, orientandosi verso il cricket.
Oggi, la Admiral produce principalmente equipaggiamenti per squadre nordamericane e selezioni caraibiche, con rare eccezioni in Europa come l’AFC Wimbledon e la nazionale di Gibilterra (fino al 2017).
La rivoluzione del merchandising
La Admiral non innovò tanto a livello di materiali o tessuti, quanto piuttosto nel modo di concepire il rapporto tra club e tifosi. Grazie alla loro visione, negli anni ’70 e ’80 i colori delle tribune cambiarono radicalmente. L’acquisto della maglia del club diventò un rituale annuale che muove milioni, un’aspirazione per ogni tifoso che prima si accontentava al massimo di bandiere e sciarpe.
Negli anni ’80, era raro assistere a una partita in Inghilterra senza vedere almeno una squadra con l’equipaggiamento Admiral in campo, e questa immagine si riproduceva migliaia di volte sugli spalti. I fanatici tifosi inglesi, nelle loro trasferte europee, esportarono questa cultura in altri paesi.
Inizialmente, questa nuova tendenza incontrò resistenze sia da parte delle autorità – il Parlamento inglese arrivò a discutere la logica dietro questo business – sia da parte di molti tifosi tradizionalisti. La BBC si rifiutò persino di trasmettere l’inizio della cerimonia protocollare di una finale di FA Cup se la Admiral non avesse rimosso il suo logo dalle maglie, considerando che si trattasse di pubblicità gratuita.
Ma la determinazione della Admiral e dei tifosi cambiò per sempre il business del calcio. Oggi, gli accordi tra aziende e federazioni o club non si misurano più in migliaia di sterline, ma in milioni di euro. Le repliche delle maglie, che una volta costavano 5 sterline, ora superano spesso i 100 euro.
L’azienda dimostrò che il calcio poteva essere un business redditizio al di là dei semplici risultati sportivi. Questo aprì la strada a una nuova era di commercializzazione nel calcio, con sponsorizzazioni, diritti televisivi e merchandising che divennero fonti di reddito sempre più importanti per i club.
Inoltre, la Admiral contribuì a cambiare il modo in cui i tifosi si relazionavano con le loro squadre. Indossare la maglia della propria squadra divenne un modo per mostrare la propria appartenenza, un simbolo di identità che andava oltre il semplice supporto durante le partite. Un senso di connessione tra tifosi e club che è diventato un aspetto fondamentale del calcio moderno.