Andrea Pazzagli, miracoli a San Siro

Il 14 settembre 1986, il portiere dell’Ascoli, subentrato nella ripresa a Roberto Corti, abbassò la saracinesca negando al Milan il pareggio.

Storia di un’impresa arrivata con un tiro dalla parabola beffarda e le prodezze in serie di un portiere entrato in campo nella ripresa. Una domenica di fine estate registrò l’exploit dell’Ascoli, corsaro a San Siro grazie ad uno strano gol di Massimo Barbuti e ai miracoli tra i pali di Andrea Pazzagli che da quel giorno venne promosso titolare.

Era il 14 settembre 1986. Alla prima di campionato, il Milan, da alcuni mesi passato sotto il controllo di Silvio Berlusconi, si trovò di fronte la neopromossa compagine ascolana. Il Cavaliere di Arcore non aveva badato a spese durante l’estate: campagna acquisti roboante, ingaggi di peso, a partire dal giovane Roberto Donadoni, ex atalantino, strappato alla Juventus a suon di miliardi. Ed ancora: il portiere Giovanni Galli, ex Fiorentina, titolare dell’Italia al recente mondiale messicano, il difensore Dario Bonetti, arrivato dalla Roma, Beppe Galderisi, proveniente dal Verona, per finire con un altro ex viola, Daniele Massaro.

I pronostici precampionato davano il diavolo rossonero, guidato da Nils Liedholm, tra i favoriti per lo scudetto. Lo svedese predicava calma e concentrazione, insistendo nella diligente applicazione della “zona”, il modulo prediletto dal tecnico che nel ’79 aveva guidato i rossoneri alla conquista del decimo scudetto. Settembre si era aperto con la sconfitta casalinga del Milan, in Coppa Italia, contro il Parma guidato da un carneade della panchina, Arrigo Sacchi, abile ad imbrigliare i rossoneri vincendo grazie ad una rete in avvio di Fontolan.

L’undici rossonero schierato da Liedholm contro l’Ascoli

All’esordio in campionato, contro i marchigiani guidati da Aldo Sensibile, quasi 66 mila spettatori gremirono gli spalti dello stadio milanese. “A San Siro non si fischia, regalati 15 domeniche da vip”, recitava lo slogan della campagna abbonamenti. Liddas schierò Galli, Tassotti, Bonetti, Baresi, Massaro, Maldini, Evani, Wilkins, Hateley, Donadoni, Virdis. Una delle colonne del centrocampo di Liedholm (Di Bartolomei) si accomodò in panchina per far posto a Chicco Evani, con Ray Wilkins utilizzato in posizione arretrata. Lasciò più di un dubbio l’utilizzo centrale di Massaro.

Il tecnico dei marchigiani scelse Corti, Destro, Benedetti, Iachini, Perrone, Dell’Oglio, Bonomi, Pusceddu, Barbuti, Brady, Trifunovic. Entrando in campo, un muro umano accolse i ventidue. Alzando lo sguardo, i giocatori non videro il cielo ma solo la marea umana presente sugli spalti. Gli ospiti optarono su una tattica guardinga sin dall’inizio: 8-1-1, con Massimo Barbuti unica punta e Liam Brady rifinitore. Sensibile raccomandò ai suoi di tener palla, perder tempo e consentire alla difesa di respirare. Il difensore Benedetti dimostrò sicurezza e tempismo in marcatura su Hateley, a centrocampo Brady non sprecò alcun pallone. L’irlandese tutto fosforo, ex Juve, Samp e Inter, ebbe il difficile compito di convincere da solo i suoi compagni sulla possibilità di ribaltare sentenze preconfezionate, come Henry Fonda in un film di Sidney Lumet nella parte del giurato Davis. In maglia bianconera si misero in evidenza Bonomi, Iachini e Trifunovic, tre motorini, bravi ad imbrigliare la troppo compassata manovra milanista; in retroguardia, il libero Perrone si disimpegnò con determinazione.

Il primo tiro in porta venne scagliato da Donadoni, con pronta risposta di Roberto Corti. Poco dopo il quarto d’ora, Virdis colse il palo a portiere battuto. Sul prosieguo dell’azione, l’estremo difensore ospite neutralizzò il tentativo di Evani. L’imprevedibilità del football manifestò i suoi effetti sul ribaltamento di fronte, azione in cui l’Ascoli trovò il gol del vantaggio gelando San Siro. Franco Baresi non affondò l’intervento su Barbuti, consentendo all’attaccante bianconero di scagliare un pallonetto al cianuro. Galli finì uccellato nel modo più beffardo. Una rete bella e fortunata che fece rivedere al portiere le streghe del Mondiale messicano.

Sugli spalti calò un silenzio irreale, spezzato soltanto dall’esultanza ascolana. Quasi tarantolato dopo lo svantaggio, il Milan ci provò con una serie di conclusioni dalla distanza in cui il guardiapali ospite si fece trovare sempre pronto. All’ultimo respiro della prima frazione, Benedetti negò il pareggio frapponendosi tra Virdis e Hateley.

Dopo l’intervallo, la squadra di Sensibile presentò una novità: Andrea Pazzagli in porta al posto dell’infortunato Corti, costretto ad uscire dopo un colpo alla testa in mischia. Liedholm propose subito Di Bartolomei al posto di uno spento Evani, riportando Wilkins più avanti. L’arrembaggio ebbe inizio ma l’Ascoli si difese con ordine.

La maglia numero 12 di Pazzagli, entrato nella ripresa al posto di Corti

Dopo un salvataggio di Destro, le luci della ribalta si accesero su Pazzagli, bravissimo a respingere una fucilata scagliata da Di Bartolomei su punizione. L’inglese Hateley arrivò con un pizzico di ritardo all’appuntamento con il pareggio dopo uno spunto di Massaro. Con il passare inesorabile dei minuti le soluzioni rossonere virarono verso scelte individuali o cercando il cross in area. Situazioni in cui Pazzagli dimostrò coraggio anche nelle uscite in mischia.

L’Ascoli respirava solo quando la palla veniva gestita da Brady. Dopo una parata in due tempi di Galli, su calcio piazzato di Trifunovic, i rossoneri ripresero a tambureggiare l’area avversaria. Poco prima della mezz’ora, il portiere ascolano sciorinò l’intervento più bello della giornata: una deviazione da manuale su colpo di testa di Virdis destinato in fondo al sacco. Una prodezza magistrale, tra le più belle nella carriera di Pazzagli.

L’allenatore milanista inserì un’altra punta, Galderisi, al posto di Massaro: la mossa della disperazione. L’ex centravanti del Verona scudettato combinò poco nel quarto d’ora a disposizione. L’estremo difensore bianconero concluse la sua prova superlativa uscendo alla disperata sui piedi di Hateley, con perfetta scelta di tempo, nell’ultimo tentativo milanista di scacciare l’onta della sconfitta.

Pazzagli salva su Virdis

Il triplice fischio finale dell’arbitro siciliano Lombardo sancì l’impresa ascolana, ottenuta grazie al gol di un giocatore, originario della provincia di Lucca, che sette anni prima aveva rifiutato il trasferimento al Barcellona dopo essere stato notato da emissari del club catalano quando militava nello Spezia. La palma del migliore in campo se la prese Brady, capace di valorizzare ogni pallone giocato. Al resto provvidero i due portieri: Corti nel primo tempo e, soprattutto, Pazzagli nella ripresa, autore di almeno tre parate miracolose che mandarono il diavolo all’inferno sotto gli occhi di Berlusconi.

Sensibile parlò di “miracolo meritato”, aggiungendo che vincere a San Siro con una formazione piena di debuttanti poteva avere qualcosa di clamoroso ma che la sua squadra, dopo il gol, in difesa aveva sempre lottato alla pari con gli attaccanti rossoneri. Originario di Lecce, l’allenatore ascolano, con un passato da ex calciatore della Roma a metà degli anni 60, fece tesoro della partita di Coppa Italia contro il Milan, disputata la settimana precedente ad Ascoli, bloccando gli avversari sulle fasce.

Brady, con la consueta pacatezza, elogiò il suo allenatore per il modo in cui aveva preparato l’incontro. “Forse la vittoria è stata un premio eccessivo ma qualcosa abbiamo meritato”, precisò l’irlandese. Il Totocalcio distribuì quel giorno ai tredicisti oltre 264 milioni di lire a testa.

Andrea Pazzagli, dopo aver calato la saracinesca sulla porta ascolana nel secondo tempo, uscì dallo spogliatoio con il sorriso di chi sapeva di aver dato un grande contributo per un’impresa che sarebbe stata consegnata alla storia del club marchigiano. Arrivato dal Perugia, reduce da un’annata molto travagliata, conclusasi con la retrocessione sul campo e l’ulteriore declassamento d’ufficio degli umbri per lo scandalo del secondo Totonero, il portiere toscano, allora ventiseienne, promosso titolare fisso da Sensibile, contribuì notevolmente alla salvezza dell’Ascoli sulla cui panchina, dalla decima giornata, giunse Ilario Castagner. Quella stagione portò sulla bacheca dei bianconeri anche la Mitropa Cup.

Per Pazzagli ebbe inizio un triennio con i piceni caratterizzato da tre salvezze e tante parate. Nell’estate ’89, il portiere passò al Milan di Sacchi, conquistando un anno dopo, da titolare, la Coppa Intercontinentale contro l’Olimpia Asunción. A volerlo in rossonero fu Silvio Berlusconi. Il suo esordio in A risaliva al settembre ’80, periodo in cui militava nell’Udinese, schierato dal tecnico della squadra friulana, Marino Perani, contro l’Inter campione d’Italia. Una scelta che sorprese tutti. “Le gambe mi tremavano per l’ansia, di fronte avevo i nerazzurri scudettati, con Beccalossi e Altobelli. Presi quattro gol e me ne dissero di tutti i colori”, dichiarò il giovane guardiapali. Perani lo difese: “Pazzagli è un eccellente portiere. Vedrete”.

Esempio di correttezza, quando militava nell’Ascoli fu colpito in testa da una bottiglietta scagliata dalle gradinate dello stadio Partenio di Avellino. L’estremo difensore non fece scenate né lasciò il campo. Venne premiato per la sua lealtà sportiva.

La vittoria dell’Ascoli a Milano, nel settembre ’86, è rimasta l’impresa per eccellenza del club bianconero, l’unico successo marchigiano alla Scala del Calcio nel massimo campionato. Quel giorno, Davide ebbe la meglio su Golia. Trovarono conferma, ancora una volta, le parole di Eduardo Galeano:

“Per quanto i tecnocrati lo programmino perfino nei minimi dettagli, per quanto i potenti lo manipolino, il calcio continua a voler essere l’arte dell’imprevisto. Dove meno te l’aspetti salta fuori l’impossibile e il nano impartisce una lezione al gigante …”.

Testo di Sergio Taccone, curatore del libro “Milan 1980-‘87, le stagioni del Piccolo Diavolo” (Collettivo Casciavit, prefazione di Filippo Galli, Storie Rossonere, 2021).