ANTONIO CABRINI – aprile 1977

Alla vigilia della sua definitiva esplosione in bianconero, ecco un’intervista di Darwin Pastorin apparsa sul Guerin Sportivo nell’aprile 1977


TORINO. Ogni giorno, al Comunale si assistono a delle vere e proprie scene di delirio: ragazzine adolescenti sono in fremente attesa, taccuino alla mano, gli occhi puntati in quell’angolo, da dove dovrebbero uscire i giocatori della Juventus. Forse nemmeno Robert De Niro, Francesco De Gregori e James Hunt avrebbero una simile accoglienza. Le frasi si susseguono a ritmo incalzante: «Ho “tagliato” da scuola, se mia madre mi becca come minimo mi uccide, ma per vederlo ne valeva la pena» oppure «E’ il più bello, senz’altro meglio di Morini» o, volendo trascendere, «Io con “lui” ci andrei senz’altro a…». Ma chi è questo «lui», questo personaggio che sta facendo sognare frotte di ammiratrici bianconere. Questo «lui» è Antonio Cabrini, ha diciannove anni, gioca come terzino sinistro ed è una grande promessa del nostro calcio. Contro la Lazio, prima giornata del girone di ritorno, ha esordito alla grande, suscitando grandissimo scalpore e adesso, visto quello che ha fatto nel derby detto «della Mole», sono in molti a pronosticargli un felice futuro e, in breve tempo, la maglia azzurra della Nazionale A. In casa bianconera è il personaggio del momento: tutti parlano di questo fenomeno, di questo terzino-olandese dal sinistro perfetto, dalla corsa elegante e dall’ottimo bagaglio tecnico-tattico.

LA STAMPA si è consumata in sincere lodi nei suoi confronti ed è proprio a un giornalista che chiediamo il primo parere su Cabrini. Bruno Bernardi («La Stampa») non ha dubbi: «Cabrini è bravissimo, lo vedo bene. Gioca prevalentemente col sinistro, ma anche col destro se la cava, a differenza di molti mancini, vedi Longobucco o Zecchini. Cabrini non è ancora completo ma lo può diventare in breve tempo. Mi ricorda Suurbier per la sicurezza con cui progredisce in avanti. Secondo me, il ragazzo arriverà alla Nazionale molto presto. Lasciamo solo che riesca a conquistare un posto di titolare fisso nella Juventus».
Trapattoni ha sempre creduto in Cabrini e, al momento giusto, lo ha lanciato in prima squadra. D’obbligo, quindi, il giudizio del Trap: «Cabrini è un giocatore più che positivo. Ha soltanto 19 anni e, naturalmente, deve ancora acquisire una certa esperienza. Molto buono è il suo equilibrio psico-fisico: insomma, Cabrini ha tutte le doti per potersi affermare ad alto livello. Difetti? Deve migliorare il destro: in allenamento non ha difficoltà, ma in partita è ancora timoroso. Si applica, però, e presto non dovrebbe avere più nessun timore. Come difensore, non è facile paragonarlo a qualcuno: diciamo che ha un sinistro sensibile come quello di un attaccante».
José Altafini, «vecchia volpe» del nostro calcio, attualmente centravanti del Chiasso nella serie B svizzera, è lapidario: «Cabrini? Un grosso giocatore. Non ha problemi, potrebbe entrare in prima squadra in qualsiasi momento. Secondo me raggiungerà la Nazionale prestissimo».

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I SOSTENITORI della Juventus hanno eletto Cabrini a loro beniamino. Per molti «supporters» è il nuovo Tardelli, un ragazzo che farà sicuramente strada in bianconero. Pier Carlo Perruquet, presidente del Juventus Club Torino, è tutto un elogio: «Cabrini è un ottimo giocatore, speriamo confermi le qualità palesate all’esordio. Mi pare sia un ragazzo con la testa a posto, mi auguro che non venga rovinato dalla troppa celebrità. Pochi giocatori sono riusciti a dimostrare in una sola partita tutto il loro valore: nell’impresa è riuscito Cabrini al suo debutto, contro la Lazio quando se la vide con Martini non facendogli praticamente toccar palla. E domenica scorsa nel derby, quando Trapattoni lo ha utilizzato nelle vesti di anti Patrizio Sala ha ribadito l’ottima impressione fatta nel passato finendo i novanta minuti nel ristretto novero dei migliori in campo. Noi tifosi bianconeri crediamo in lui: nei prossimi anni sarà un pilastro della Juventus. E’ un secondo Tardelli. In poche parole: il futuro è tutto suo».
I più felici, naturalmente, sono i genitori di Antonio, che vedono il loro figliolo, salito agli onori della cronaca, conoscere l’ebbrezza del successo. Parliamo con papà Cabrini il signor Vittorio: «Sono felice — dice — e come potrei non esserlo? E pensare che quando Antonio ha iniziato a giocare al pallone, credevo fosse soltanto uno scherzo, un gioco. E invece adesso, a diciannove anni, ha raggiunto un’importante meta e non posso far altro che esserne orgoglioso. Antonio non ha ricevuto da me nessuna spinta, ha sempre avuto il calcio nel sangue. In casa non lo abbiamo forzato a intraprendere la carriera del calciatore: sinceramente, ai primi tempi, preferivo un figlio studente. Si fosse fermato alla serie C, gli avrei detto di andare avanti con gli studi e di smetterla col calcio. Posseggo un’azienda agricola e c’è molto da fare, da lavorare. Il lavoro agricolo è duro, ma lascia vivere, si può raggiungere una certa tranquillità. Inizialmente non seguivo le imprese calcistiche di Antonio, poi sono andato a vederlo giocare e mi sono reso conto della sua bravura. Antonio non vedeva che il pallone fin da bambino. E pensare che ero a digiuno di calcio! Praticavo dello sci, mi piaceva l’automobilismo, ma di football nemmeno a parlarne. Ora cerco di capire le tattiche, il gioco d’insieme di una squadra. Come figlio, Antonio è positivo e non mi ha mai dato problemi. A scuola ha sempre avuto delle medie buone e spero che, malgrado gli impegni calcistici, riesca a prendere il diploma di perito agrario».
Papà Vittorio si lascia andare sull’onda dei ricordi: «Con Antonio e l’altro mio figlio, Ettore di ventidue anni che studia veterinaria a Parma, parlavamo sempre dei nostri problemi, alla sera. Antonio mi aveva convinto della sua scelta per il calcio, diceva che poteva rappresentare il suo futuro. Quando non aveva ancora la patente, lo accompagnavo avanti e indietro da Cremona a Bergamo, da Bergamo a Cremona. Finito l’incontro, era come in trance, rivedeva tutte le azioni, gli avversari. La sera ci voleva un bel po’ prima che partecipasse attivamente alla conversazione in famiglia, che uscisse dalla partita».
E mamma Graziella cosa ne pensa di Antonio? Dice papà Vittorio: «La mamma si reca malvolentieri alla partita, si emoziona facilmente. Pensi che vede Antonio sempre per terra, anche quando non è vero. Soffre, è sempre in apprensione, ha paura di un incidente».

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IVANHOE NOLLI, da dieci anni allenatore del settore giovanile della Cremonese, ha il merito di aver scoperto e lanciato Cabrini nel ruolo di terzino: «Quando si è presentato al campo per la prima volta, aveva 15 anni. Diceva di essere un’ala sinistra. Dopo averlo visto alla prova gli ho detto: “Ragazzo, come ala sei mediocre, ti manca fantasia. Credi a me, prova da terzino”. Antonio rimase un po’ male, non voleva più giocare, ma infine accettò di provare il nuovo ruolo. E dopo un’amichevole a Piadena mi disse: “Va bene così, ho capito che il mio ruolo è il terzino”. Cabrini è un difensore istintivo che ha nel destro la sua unica pecca. A mio parere può arrivare in Nazionale, anzi non ho nessun dubbio in proposito». Il più grande amico di Cabrini è Marco lardelli. I due abitano nello stesso palazzo e sono molto uniti. Sentiamo cosa dice l’ex comasco: «Cabrini è un bravo ragazzo. Mi piace il suo carattere allegro e aperto. Se siamo gemelli? Sì, ma lui è il gemello più bello. Antonio sa stare in compagnia, siamo molto amici. Studiamo insieme e siamo tutti e due bravi in italiano».
Concludiamo con Antonio. E’ un Cabrini inedito, in esclusiva per i lettori del Guerino: «Di politica non mi interesso. Il mio Stato ideale è il Canada e adoro la California, che è ancora tutta da scoprire. Credevo nelle mie possibilità, ma non pensavo, sinceramente, di arrivare a tanto. Non sono superstizioso; penso di essere religioso: appena posso vado a messa. Non ho intenzione di sposarmi, almeno per il momento. Il mio autore preferito è Hemingway, uno scrittore che si fa leggere, che non ti stanca. Vorrei che le ragazzine, quelle che mi aspettano fuori dallo stadio, si fermassero a parlare con il Cabrini-uomo e non con il Cabrini-divo. Sono un tipo tranquillo, ma impulsivo: mi va di fare le cose che mi saltano in testa. Da bambino prendevo dei sonori schiaffoni dalla mia maestra, la signora Resti, perché non stavo mai fermo. Un episodio triste: la morte di Re Cecconi. Lo conoscevo, era una brava persona. Mio fratello Ettore gioca malissimo al calcio, anzi è piuttosto negato. Studio da privatista e non so se, acquisito il diploma, mi iscriverò all’università. Devo molto a Nolli: quando ho fatto il provino alla Cremonese è stato l’unico ad avere fiducia in me; gli altri mi avevano scartato. Tardelli è fortissimo, siamo molto amici».