DI NATALE Antonio: l’oro di Udine

Bandiera, bomber, recordman, nonché artefice di un rifiuto che fece scalpore quando il 25 agosto del 2010 disse no alla Juventus, preferendogli il bianconero della sua Udinese.

Nel calcio nel corso del tempo, ci sono stati tantissimi campioni, ma anche umili gregari, quelli che fanno il lavoro cosiddetto “sporco”, che hanno scritto pagine ricche di gol, emozioni, giocate, parate che, anche se non sono riportate su un libro, rappresentano per noi, appassionati lettori, la vera storia del calcio, quella che non si dimentica ma si arricchisce ogni volta che la raccontiamo, di particolari sfuggiti ad una prima memoria. Per scriverla, talvolta basta un gol importante come può essere una finale di coppa. O anche semplicemente rimanendo quella bandiera che garrisce fedelmente ad unici colori respingendo il vento e le attrazioni di nuovi vittoriosi orizzonti colorati.

L’Italia, Paese abbracciato da mari che si confondono con il cielo, ha usufruito della corrente del vento per far oscillare numerose bandiere… Riva, Rivera, Mazzola, Antognoni, Franco Baresi, Paolo Maldini, Totti, Del Piero eccetera, relegandole e regalandole eternamente un posto d’onore nel grande libro della storia del calcio. Pagine importante di quel libro, le ha da poco finite di scrivere Antonio Di Natale, meglio conosciuto come Totò.

Bandiera, bomber, recordman, nonché artefice di un rifiuto che fece scalpore quando il 25 agosto del 2010 disse no alla Juventus. preferendogli il bianconero della sua Udinese. Una scelta d’amore per ricambiare l’affetto del popolo friulano, mai mancato nei suoi confronti. Era dai tempi del grande Zico che Udine non impazziva per un altro numero 10. Analogie, confronti e paragoni si sono consumati trovando molte similitudini fra i due campioni. Il Galinho aveva aperto lo spettacolo, ora Totò ha deciso di chiuderlo.

Nato a Napoli il 13 ottobre 1977, come tutti gli scugnizzi di quel periodo cresce a pane e Maradona cercando di emularlo nelle giocate negli stretti vicoli del quartiere 219 di Pomigliano d’Arco. Ben presto affina una già squisita capacità di palleggio nella scuola calcio “San Nicola” a Castello di Cisterna, società sportiva affiliata all’Empoli Calcio. A 13 anni entra a far parte del settore giovanile toscano. Fisico minuto, come il suo idolo di infanzia Diego, Totò sprigiona piccole fantasie e giocate, strappa applausi che non passano inosservate ai più.

Trasferitosi ad Empoli diciannovenne, conoscerà Ilenia Betti, la donna che condurrà all’altare nel 2002 e che gli darà due figli Filippo e Diletta. Nel biennio 1994-96, Antonio scala vertiginosamente le pareti delle giovanili della società toscana fino a giungere in prima squadra, dove esordirà tra i professionisti il 26 gennaio 1997, subentrando al 90° al posto di Carmine Esposito, nell’incontro giocato al Castellani tra l’Empoli e la Cremonese valevole per la 19esima giornata di campionato di Serie B.

In quella squadra allenata da Luciano Spalletti, che conquisterà la promozione in Serie A, giocavano anche Luca Toni e Alessandro Birindelli, altri nomi entrati nella storia del calcio italiano. Il solo Birindelli saggerà il soave sapore della massima serie l’anno successivo e con un maglia addosso di tutto rispetto (la Juventus), mentre per Luca e Totò, ritenuti ancora acerbi per palcoscenici d’élite, si apriranno porte di minor prestigio ma utili a formare caratteri e personalità indispensabili per la crescita futura.

Così come Toni, anche Di Natale, non rientra nei piani immediati della società fresca di promozione e viene girato in prestito all’Iperzola in serie C2 (33 presenze e 6 reti) e poi al Varese in C1 (4 presenze e 0 reti in 3 mesi) prima di concludere la stagione ’98-99 nel Viareggio in C2, dove collezionerà 25 presenze segnando 12 reti. Il ritorno alla casa madre avviene nel 1999 e ci rimarrà fino al 2004 contribuendo (da protagonista) alla promozione in Serie A nel 2001-2002.

Dell’acerbo colore degli anni passati non v’è più traccia. Ora Di Natale è pronto ad esordire in quella categoria che non lascerà più. È il 14 settembre 2002, l’Empoli di scena sul lago di Como sconfigge 2-0 i padroni di casa. Totò firma un primo gol, annullato per fuorigioco. Ma dopo due minuti rigonfia la rete e questa volta è storia da archiviare. Due mesi dopo (20 novembre) arriva la prima chiamata in azzurro nazionale. Trapattoni lo convoca per l’amichevole Italia-Turchia e lo tiene in campo 84 minuti. E nel 2004, alla quarta presenza con la maglia dell’Italia, segna il primo gol in azzurro nell’amichevole pareggiata 2-2 contro la Repubblica Ceca.

In 5 anni, con la maglia del Club toscano collezionerà 159 presenze coronate da 49 reti. Il suo nome ormai è in cima alla lista nei taccuini di molti addetti ai lavori. Spalletti, ora protagonista sulla panchina dei bianconeri friulani e memore dei trascorsi insieme ad Empoli, suggerisce caldamente al presidente Pozzo l’acquisto del talentuoso Totò. L’Udinese era alla ricerca di un degno sostituto del danese Jorgensen, trottolino biondo con l’insolita passione di… guidare i pullman, ma soprattutto abile nel saltare in dribbling gli avversari e scodellare palloni invitanti per il “pennellone” Iaquinta. E questo Di Natale che ad Empoli furettava sulle fasce regalando i primi veri gioiellini di un calcio sontuoso era proprio quello che ci voleva.

Nell’estate 2004 Antonio Di Natale saluta la mai dimenticata Empoli e sbarca in Friuli autografando quel contratto che lo legherà a vita all’Udinese diventando, col tempo e nel tempo, l’indiscussa bandiera, icona ed immagine in Italia, in Europa e nel mondo. Forse nemmeno il Paron Pozzo, si sarebbe immaginato quello che Di Natale avrebbe saputo scrivere in 12 anni di permanenza con la maglia bianconera numero 10 (che fu di un altro immenso campione, Zico) addosso. Magie, gol a grappoli, record e rifiuti illustri.

Ceduto Jorgensen alla Fiorentina, la maglia numero 10 non esitò a scivolare (per restare) sulle spalle del nuovo arrivato. La prima stagione in bianconero di Di Natale coincide con un’altra prima volta. Grazie al quarto posto conquistato alla fine del campionato 2004-2005, l’Udinese verrà ammessa ai preliminari di Champions League. Un traguardo prestigioso per la piazza bianconera centrato anche grazie alle magie del suo nuovo numero 10. Saranno 33 le presenze, 7 le reti e moltissimi gli assist per i compagni di reparto Iaquinta e Di Michele. E primo assaggio d’Europa con 2 presenze in Coppa Uefa.

L’anno dopo Totò stabilisce il primo dei tanti record conseguiti. Segnando in tutte e 4 le competizioni a cui è impegnata l’Udinese (campionato/8 reti, Coppa Italia/3 reti, Champions League/3 reti e Coppa Uefa/1 rete), Di Natale sarà l’unico giocatore italiano a raggiungere questo obiettivo. Sulla panchina bianconera non c’è più Spalletti, ma siede il sanguigno Serse Cosmi che apporterà alcune modifiche all’assetto tattico. A Di Natale lascerà libertà di azione schierandolo inizialmente sulla fascia sinistra per poi confluire verso il centro e concludere a modo suo con traiettorie “delpierane“. L’inesperienza della squadra e il caso Iaquinta (estromesso dalla rosa per diversi incontri) fecero sì che il grande sogno europeo si interrompesse a pochi minuti dalla storia. Lo strascico inevitabilmente l’Udinese se lo portò dietro per gran parte del campionato e nella successiva Coppa Uefa, dove fu eliminata agli ottavi. Il nuovo cambio sulla panchina (Dominissini-Galeone) generò una salvezza mai messa in discussione ma raggiunta con qualche difficoltà.

Nel 2006-2007 Totò va in doppia cifra in campionato. 11 reti a fronte delle 31 volte che è sceso in campo. Il 2007-2008 rappresenta la svolta nella carriera di Antonio. In estate arriva a Udine Pasquale Marino. A lui si deve la geniale intuizione del Di Natale punta centrale. 17 gol (un invito a rivedervi la doppietta contro la Reggina il 22 settembre 2007 è d’obbligo!) il primo anno e convocazione per gli Europei con la nazionale. 12 reti il secondo anno e il botto nel 2009-2010 con 29 gol che gli valgono il titolo di capocannoniere e un posto già assegnato nell’aereo in volo verso il Sudafrica, sede dei mondiali.

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Totò è all’apice della forma, gioca tutte e tre le gare del girone segnando una rete contro la Slovacchia prima di riprendere anzitempo l’aereo con tutta la squadra per ritornare in Italia. A placare la sua delusione ci penserà Francesco Guidolin, ennesima figura tecnica paterna tutto tuta e schiettezza. La squadra che Totò ritrova in ritiro è senza dubbio una delle più forti in cui abbia mai giocato. Handanovic, Benatia, Domizzi, Inler, Isla, Asamoah, Basta, Sanchez solo per citare qualche nome. Ma i nomi potevano anche essere quelli di Buffon, Del Piero, Grosso, Trezeguet, Marchisio o gli ex compagni Toni, Iaquinta, Pepe, Quagliarella… se non avesse rifiutato il trasferimento alla corte di Madama.

“Grazie ma resto qui!”, quattro parole destinate ad entrare nella storia e nel cuore di ogni tifoso dell’Udinese. Per il piccolo Friuli quelle quattro parole valevano più di 100 scudetti vinti. Dopo una partenza disastrosa, 1 punto in 5 partite, la squadra friulana trascinata dai 28 gol del suo capitano, comincerà un’incredibile scalata che la porterà a fine campionato al quarto posto in classifica. Per il secondo anno consecutivo Di Natale si aggiudica la palma di capocannoniere.

Nel 2011-12 e 2012-13 curiosamente Totò mette a segno lo stesso numero di gol (23), per poi ridurli drasticamente negli ultimi 3 anni di carriera. 17 al termine del campionato 2013-2014, poi nel 2014-2015 ne metterà 14 alle spalle dei portieri avversari ed infine nell’ultimo campionato, quello che vede calare il sipario sulla sua strepitosa carriera, solamente 2. L’ultimo in assoluto lo segnerà su rigore contro il Carpi il 15 maggio 2016 davanti al suo pubblico. Quel pubblico che non ha mai smesso di amarlo e che si aspetta di rivederlo prima o poi a Udine, per scrivere altre pagine di storia firmate Antonio Di Natale.

Testo di Antonello Schiavello