Argentina-Germania: il cuore oltre l’ostacolo

La storia della bellissima sfida che decise i Mondiali 1986: quel giorno all’Azteca Argentina e Germania si giocarono un posto nella storia.


Nel settembre del 1984 Franz Beckenbauer esordisce alla guida della Nationalmannschaft in occasione di un incontro amichevole contro l’Argentina. La partita si disputa a Dusseldorf, e sulla panchina della Selección siede Carlos Salvador Bilardo, «el Narigón». Il match è bello e combattuto: i sudamericani escono vincitori per tre reti ad una, l’avventura del Kaiser sembra partire nel peggiore dei modi.

Così quando Argentina e Germania Ovest scendono sul terreno dello stadio Azteca di Città del Messico il 29 giugno 1986 per giocarsi il titolo mondiale, la sterminata folla di giornalisti venuti da Buenos Aires ricorda questo particolare storico e lo ripropone come stimolante precedente, quasi fosse un beneaugurante viatico per una nuova vittoria (questa volta ben più importante) dopo quella di due anni prima.

1986 argentina germania ovest 3-2 capitani maradona e rummenigge
I capitani Maradona e Rummenigge sotto lo sguardo dell’arbitro Arppi Filho

I tedeschi vestono la casacca di riserva, quella verde fiammante. Guarda caso, anche quel giorno a Dusseldorf avevano ceduto agli avversari l’onore di indossare la divisa tradizionale, quella biancoceleste. Al fischio iniziale del direttore di gara, il brasiliano Romualdo Arppi Filho (che segue il connazionale Arnaldo Coelho, il quale aveva «fischiato» ItaliaGermania Ovest del Bernabeu quattro anni prima), Lothar Matthäus si incolla alla maglia di Diego Armando Maradona. Si intuisce immediatamente quale sarà il leitmotiv dell’incontro, la chiave di interpretazione del match.

L’Argentina gioca secondo la sua miglior tradizione: possesso del cerchio di centrocampo, un passaggio lungo dopo tre tocchi laterali. Al quinto Batista sciupa una buona occasione davanti a Schumacher, Pumpido esce un paio di volte azzardando l’intervento volante ma nulla di concreto accade. Al 17′ Briegel si guadagna una punizione al limite dell’area: la paura dei sudamericani è tanta, visto il fresco ricordo dei numerosi gol segnati dai tedeschi su analoga azione. La barriera argentina non rispetta la distanza richiesta dall’arbitro e Maradona, che protesta più vigorosamente degli altri, si vede rifilare una giusta ammonizione. Il tiro non sortisce effetto alcuno, ma serve ai tedeschi per mantenere allertati i difensori avversari.

Trascorrono quattro minuti e l’Argentina va in gol. Matthäus ferma fallosamente Maradona (cartellino giallo anche per Lothar), si incarica della battuta Burruchaga. Il suo cross è traditore, si inarca in aria e quindi scende repentino. Harald Schumacher, alquanto nervoso sin dalle prime battute, esce a farfalle: dall’altra parte giunge come un avvoltoio il comprimario José Luis Brown che incorna d’anticipo e mette in porta. «Vamos Argentina» è il grido che si leva dalle tribune colorate di bianco e azzurro.

FINALE – la rete di Brown
Brown elude Magath e apre lo “score” della finale

La reazione dei tedeschi è come al solito, veemente: Maradona tenta di congelare il pallone con astute giocate, Matthäus lo pedina come un investigatore e allora sale in cattedra Burruchaga, che ispira le contromosse e suggerisce a Valdano qualche buon pallone. Gli ultimi dieci minuti del primo tempo si dipanano abbastanza confusi: la Germania, sospinta da un buon Berthold e da un sempre dinamico Briegel pur senza il consueto apporto di Magath, frenato dalla marcatura di Giusti, spinge in avanti gettando palloni su palloni nell’area di Pumpido.

Oscar Ruggeri lotta come un leone, tiene fede sino in fondo al proprio soprannome, «el Cabezón» (il «testone»), Valdano, cuore e polmoni, si sfianca nel tentativo di arginare la potenza di Briegel: spesso è costretto ad indietreggiare sino al limite della propria area e si supera sul piano della resistenza fisica.

Il primo tempo si chiude sull’uno a zero, un risultato che tutto sommato rispecchia l’andamento della gara. All’uscita dagli spogliatoi, non rientra in campo Klaus Allofs, completamente annullato da Cuciuffo, e si presenta Rudi Völler, sicuramente più mobile e pericoloso del compagno. Bilardo non si spaventa e ordina al mastino Cuciuffo di prendere in consegna il centravanti del Werder Brema mantenendo fissa la marcatura di Ruggeri su Rummenigge.

1986 argentina germania ovest 3-2 rete Valdano
Jorge Valdano realizza il 2-0 per i biancocelesti

Tre minuti e Rudi provoca i primi palpiti di cuore alle migliaia di sostenitori venuti da tutte le parti dell’Argentina. Brown pasticcia su un pallone, Völler tenta di approfittarne ma il libero è pronto a metterci una pezza in extremis. Decimo del secondo tempo: Valdano recupera un pallone sull’angolo destro dell’area argentina. Parte in quarta verso il settore opposto del campo, spostandosi verso il centro, quindi lascia ad Enrique il compito di proseguire l’azione. Il «negro» punta dritto verso la porta con straordinario cambio di passo, si guarda attorno e vede lo stesso Valdano spuntare alla sua sinistra. Giunto al punto giusto, né un metro prima, né un metro dopo, tocca di precisione per il compagno in corsa. Valdano va come un treno, ma in pieno movimento muta l’angolazione del piede e indirizza il pallone con un precisissimo tocco di interno destro sull’altro paletto.

Il 2-0 sembra dare sicurezza all’Argentina, Beckenbauer gioca il tutto per tutto inserendo un altro attaccante puro, Dieter Hoeness, che rileva lo spento ed inutile Magath, «matato» da Giusti in un duello tra fosforo e potenza bruta. La Germania cerca con tutte le proprie forze il gol che le permetterebbe di riaprire la partita, l’Argentina rischia di andare a segno ancora una volta. Al settantunesimo Valdano e Maradona danno vita ad un entusiasmante duetto vicino alla bandierina del corner sulla destra dell’attacco blanquiceleste. Diego appoggia su Enrique, che scodella al centro per Burruchaga. L’ala entra a tutta forza ma un difensore sfiora quel tanto che basta per salvare la rete di Schumacher, ancora una volta completamente fuori causa, da una terza e decisiva capitolazione.

1986 argentina germania ovest 3-2 rete Rummenigge
Rummenigge dà l’avvio alla riscossa tedesca

Come spesso accade nel football, da un possibile 3-0 si passa al 2-1. Corre il settantatreesimo: Briegel batte un corner dalla destra, il pallone attraversa indisturbato l’area di rigore e il più lesto di tutti è Karl-Heinz Rummenigge, che infila un esterrefatto Pumpido con due difensori attaccati ai pali come fossero incollati.

Qualcuno, tra gli argentini sente le gambe molli. I tedeschi, avvezzi alle grandi rimonte, sentono montare dentro forze inimmaginabili. Otto minuti più tardi Pumpido combina un pasticcio e regala un altro calcio d’angolo agli avversari. Qui si dimostrano la grande furbizia dei teutonici e l’ingenuità dei sudamericani. Lo schema dei verdi, in questi casi, è abituale: tre uomini sulla linea di porta, due sul palo ed uno al centro. Non appena il pallone comincia la sua corsa, tutti si allontanano dalla linea bianca creando spazi per gli inserimenti di coloro che giungono avanzando.

1986 argentina germania ovest 3-2 rete Voeller
Voller, subentrato ad Allofs, equalizza l’incontro

Gli argentini abboccano al giochetto, nemmeno originale, e rimangono pietrificati sulle proprie posizioni. Per Völler il nuovo entrato, è un gioco da ragazzi appoggiare a rete e decretare il pareggio. In otto minuti, lo score ha cambiato completamente aspetto. Ancora una volta, ai tedeschi sembra riuscire la grande rimonta. Le lancette dell’orologio compiono tre giri e la ruota della fortuna prende a girare dalla parte opposta.

Enrique strappa di forza un pallone ad un avversario, girando poi l’incombenza a Maradona: una volta tanto Diego è libero dall’opprimente marcatura di Matthäus e può estrarre dal proprio repertorio un brillante «pass» per Burruchaga, che sta filando come un diretto sulla destra. La posizione non è delle migliori, ma Jorge si sente sicuro. È la sua serata, la sua finale. Sull’uscita di Schumacher il suo tiro piazzato è morbido, essenziale.

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Burruchaga evita Briegel e beffa Schumacher

La Coppa sorride all’Argentina, sugli spalti si prova la stessa ebbrezza di otto anni prima. C’è ancora spazio per qualche emozione. L’Argentina non cade nell’errore di voler difendere al limite della propria area il risultato favorevole, al contrario, si lancia in avanti per contenere meglio le sfuriate dei tedeschi. All’86 Valdano triangola con Burruchaga quindi serve Maradona. Diego supera un difensore ed entra in area. Schumacher lo affronta atterrandolo, ma Arppi Filho opta per una punizione dal limite. L’ultimo minuto si consuma veloce tra una sostituzione (entra Marcelo Trobbiani, che così ha l’onore di laurearsi campione del mondo pur avendo giocato quel brevissimo lasso di tempo) e un tiro di Enrique che termina alto.

Fischio finale: l’Argentina si consacra campione del mondo, Diego Maradona viene eletto miglior giocatore del torneo. Mentre la folla esulta e i biancocelesti festeggiano con infiniti giri di campo la vittoria più bella, il tabellone dell’Azteca saluta tutti e dà appuntamento alla sterminata platea di appassionati all’appuntamento successivo, targato Italia ’90.