Il Benfica di Eusebio

Nei primi anni sessanta i portoghesi del Benfica, guidati da Guttmann e con uno splendido Eusebio, irrompono a sorpresa nel panorama europeo e detronizzano il Real Madrid. In cinque stagioni, dal 60/61 al 64/65, ben quattro finali di Coppa dei Campioni e due vittorie


La testimonzianza di Eusebio

La sala dei trofei è al primo piano dello stadio Da Luz. La leggenda del Benfica si esalta dentro questa stanza che profuma di gloria. Coppe, vecchie sciarpe, foto scolorite. Ogni angolo racconta una storia. Eusebio si muove dentro il salone come un padre di famiglia. Indica, racconta. Ricorda. Ha già deciso dove si fermerà. Basta aspettare. L’emozionante dribbling si esaurisce davanti a una grande vetrina. “Eccola” sospira il vecchio campione. E’ la coppa dei Campioni vinta il 2 maggio del 1962, ad Amsterdam, nella finale contro il Real Madrid. Sotto c’è una foto “curiosa”. “Ci siamo tutti. Vede? Costa Pereira, Coluna, Germano, Cavem. Ci hanno pinto…“. E ride.

Chissà quale mano ha operato sulla vecchia foto in bianco e nero restituendo alle maglie dei giocatori il color rosso del Benfica. Nessuno ricorda il nome del pittore. Eusebio non riesce a staccare gli occhi dalla vetrina. “Quel Benfica era una macchina da gol. Riuscivamo a segnare una media di due – tre reti a partita. “Attaccare, attaccare”. Questo ci ripeteva continuamente il nostro allenatore Bela Guttmann. Lo schema tattico? Il modello era il Brasile che aveva vinto i mondiali del ’58 con un 4-2-4. Ma lo schema non era un “ordine”, era solo un’idea. Nel nostro calcio la differenza la facevano gli uomini, non gli schemi“.

Eusebio e il gol: con il Benfica realizzò 313 reti in 291 partite di campionato (1,19 goal a partita)

Gonfia il petto. Orgoglioso. Poi riparte. “In quel Benfica c’era amicizia, c’era voglia di divertirsi, c’era amore per la camiseta. Non eravamo ricchi come i campioni di oggi. Noi eravamo poco più che dilettanti. Ma dentro quella squadra c’era uno spirito che oggi non esiste più. Dieci giorni fa i miei vecchi compagni si sono ritrovati a Lisbona per ricordare le imprese di un tempo. Coluna è tornato dal Mozambico, Simoes dall’Arabia Saudita, c’è chi ha preso l’aereo dagli Stati Uniti. Quanto ho sofferto nel non poter partecipare a quella cena. Purtroppo ero in missione ufficiale in Mozambico. Ma con il cuore ero a tavola con loro“.

I ricordi affiorano. Coloriti di aggettivi. “I miei compagni di squadra mi chiamavano abono de familia. L’assegno che a quei tempi lo Stato passava alle famiglie più povere. I miei gol garantivano infatti premi a volontà e soldi per tutta la squadra. Potevo forse mandare in rovina i miei amici?“.
E’ stato un vero mecenate visto che di reti ne ha segnate ben 313. Eusebio è nato campione. E la prima pagina della sua storia è in quella coppa dei Campioni che la “pantera nera” indica, felice.
Finale ad Amsterdam: Puskas segna tre reti, il Benfica rimonta. Sul 3 a 3 ci viene assegnato un rigore. Prendo il pallone e dico: “Calcio io”. In Mozambico la mia specialità era calciare i rigori spiazzando i portieri. Qualche compagno mi guarda perplesso. Normale, avevo appena venti anni. Coluna mi chiede: “Te la senti?”. Ed io rispondo: “è gol”. Ed infatti: portiere da una parte, pallone dall’altra. Normale. Ed il quinto gol lo realizzo con una bomba da venticinque metri. 5 a 3 per il Benfica. La finale più divertente nella storia della coppa dei Campioni“.

Mario Coluna, ben 677 presenze con la maglia del Benfica

Lo sguardo torna sulla vecchia fotografia.Germano era un grande difensore, Coluna era la mente, Simoes una micidiale ala sinistra. Noi avevamo due schemi di base: il cross di Simoes per la testa di Aguas o di Torres e le mie incursioni centrali. Il mio Benfica meritava di vincere quattro coppe dei Campioni consecutive. Ma contro Milan ed Inter siamo stati vittime di ingiustizie. I rossoneri di Rocco erano una squadra dura. Coluna fu costretto ad uscire per un fallo cattivo. Ed a quei tempi non c’erano le sostituzioni. E contro l’Inter rimanemmo senza portiere. Perdemmo. Ma eravamo più forti“.
Eusebio vive felice cullato dalla sua storia. “L’Italia, bella l’Italia. Quando avevo venti anni fui avvicinato dai dirigenti della Juventus. Mi offrirono tanti soldi da lasciarmi senza parole. Era tutto fatto, ma Salazar disse di no“. Il dittatore portoghese intervenne di persona per bloccare la stella del Benfica. Le frontiere erano chiuse. Per tutti. “Poi si fece avanti l’Inter. Avevo 24 anni e, dopo un incontro ad Appiano Gentile, con il presidente Moratti ed Italo Allodi firmai un contratto triennale. Io avrei guadagnato più o meno trecento milioni di lire. Una cifra favolosa. All’ultimo momento però la federazione italiana chiuse le frontiere. Tutta colpa della disfatta contro la Corea. Stracciai il contratto“.

Il destino ha voluto così. Il destino ha voluto che Eusebio Da Silva Ferreira, nato a Lauren o Marques (ora Maputo) capitale del Mozambico, diventasse il simbolo di uno dei club più prestigiosi del mondo. E’ inseguito ogni giorno da ragazzini in cerca di autografi e posa per i turisti accanto alla statua che gli hanno dedicato davanti all’ingresso dello stadio Da Luz: Eusebio è il mito, è la speranza di veder rinascire un Benfica forte, invincibile come quello degli anni Sessanta. “Un Benfica che trascinava dodicimila persone agli allenamenti. Le partitelle tra di noi erano più emozionanti delle partite di campionato. Perchè noi eravamo troppo forti. Con questa maglia ho vinto 10 scudetti, 5 coppe di Portogallo, 1 Pallone d’Oro. La mia partita più bella? Un Benfica – Real Madrid, coppa Campioni ’64 – 65. Vincemmo 5 – 1 e io segnai 2 gol. Non si puo’ giocare meglio al calcio“. Quella notte, raccontano, applaudirono anche le stelle.

L’allenatore: Bela Guttmann

Sulla panchina del Benfica due volte campione d’Europa c’era il tecnico ungherese Bela Guttmann. Nato a Budapest nel 1900, è morto nel 1981. Era stato centrocampista, giocando anche (4 presenze e 1 gol) nella nazionale. Inizio’ ad allenare in Olanda, nel Twente, guidando poi Ujpest, Dinamo Bucarest, Vasas, Kispest, Honved. In Italia ha allenato il Padova (’48 – 49), la Triestina (’51 – 52) e il Milan (’53 – 54 e ’54 – 55). Nel 1959 il passaggio al Benfica, che con Guttmann strappò al Real Madrid il trono d’Europa, vincendo la Coppa Campioni nel 1961 e nel 1962.

Squadra di fenomeni, troppo facile ricordare Eusebio, Mario Coluna, Costa Pereira, Jose Aguas e Mario Simoes. La scoperta di Eusebio fu da romanzo, come tutta la vita di Guttmann: mentre era dal suo parrucchiere a Lisbona, sentì parlare di questo Eusebio da un altro cliente, un allenatore-mediatore brasiliano che aveva osservato questo fenomeno in Mozambico. Tempo una settimana ed Eusebio fu del Benfica.Dopo la seconda Coppa Campioni (nella prima Eusebio ancora non c’era) litigò con il presidente del Benfica, per motivi di soldi e anche perchè non gli era andato giù il modo in cui si era persa l’Intercontinentale 1961, con il Penarol, dopo una trasferta disorganizzatissima. Andò ad allenare proprio il Penarol, poi fu chiamato dalla nazionale austriaca, poi tornò nel 1965 al Benfica, poi andò in Svizzera, al Servette, poi in Grecia al Panathinaikos, prima di un clamoroso ritorno in Portogallo, al Porto. Un allenatore non si giudica solo dalle vittorie, che comunque sono state tante, in dieci nazioni, ma da come ha plasmato il materiale umano a sua disposizione: e Guttmann ha migliorato la somma dei valori individuali quasi di ogni gruppo avuto a disposizione. Tanti club ma anche tante nazionali, prima di ritirarsi, nel 1974

Il dettaglio delle due Finali di Coppa vinte dal Benfica

30 maggio 1961 – Stadio Wankdorf, Berna, Svizzera
Benfica 3 – Barcellona 2
Reti: 20′ Kocsis (BA), 30′ Aguas, 32′ aut. Ramallets., 55′ Coluna, 75′ Czibor (BA)
Benfica: Alberto da Costa Pereira; Mario Rodrigues João, Germano Luis de Figueiredo, Angelo Martins, José Antonio Neto, Fernando da Conceição Cruz, “José Augusto” Pinto de Almeida, Joaquim Guimarães Santana, José Pinto Carvalho dos Santos “Águas” (c), Mário Esteves Coluna, Domiciano Barrocal Gomes Cavém. Allenatore: Béla Guttmann;
Barcellona: António Ramallets (c); Alfonso “Foncho” Rodriguez, Enrique Gensana, Sigfrido Gracia, Martín Vergés, Jesús Garay, Ladislao Kubala, Sándor Kocsis, “Evaristo” de Macedo Filho, Luis Suárez, Zoltán Czibor. Allenatore: Enrique Orizaola
Arbitro: Gottfried Dienst (Svizzera)

2 maggio 1962 – Stadio Olimpico, Amsterdam – Olanda
Benfica 5 – Real Madrid 3
Reti: José Pinto Carvalho dos Santos “Águas” 25, Domiciano Barrocal Gomes Cavém 34, Mário Esteves Coluna 51,
“Eusébio” da Silva Ferreira 63 rig. 68; Ferenc Puskás 17, 23, 38
Benfica: Alberto da Costa Pereira; Mario Rodrigues João, Germano Luis de Figueiredo, Angelo Martins, Domiciano
Barrocal Gomes Cavém, Fernando da Conceição Cruz, “José Augusto” Pinto de Almeida, “Eusébio” da Silva Ferreira, José Pinto Carvalho dos Santos “Águas” (c), Mário Esteves Coluna, António José Simões. Allenatore: Béla Guttmann
Real Madrid: José Araquistáin; Pedro Casado, José Santamaría, Vicente Miera, Rafaél ” Felo” Bautista, Enrique Perez “Pachín”, Justo Tejada, Luís del Sol, Alfredo di Stéfano, Ferenc Puskás, Francisco Gento (c). Allenatore: Miguel Múnoz;
Arbitro: Leopold “Leo” Horn (Olanda)