Berlusconi e l’Inter: La storia del corteggiamento nerazzurro

Prima di diventare il presidente che rivoluzionò il Milan, Silvio Berlusconi corteggiò più volte l’Inter. Dal 1972 al 1983, tre tentativi di acquisto falliti che avrebbero potuto cambiare per sempre il destino del calcio italiano.

Nell’autunno del 1972, i corridoi del palazzo di giustizia di Milano fecero da sfondo a un incontro che avrebbe potuto cambiare la storia del calcio italiano. Da una parte c’era il mitico avvocato Peppino Prisco, storica figura dell’Inter, dall’altra un giovane imprenditore di 36 anni: Silvio Berlusconi. L’incontro non fu casuale. Il senatore socialista Agostino Viviani, amico di Prisco e anch’egli avvocato, fece da intermediario, presentando Berlusconi come “un giovane brillante con delle belle idee“. La riunione si tenne alle 13:30, e bastarono pochi minuti al futuro magnate per impressionare l’avvocato interista.

Berlusconi parlò di una visione rivoluzionaria: immaginava già la fine del monopolio RAI e prospettava l’idea di abbinare alla squadra un canale televisivo, con la vendita della pubblicità. Era un concetto innovativo per l’epoca, quando la televisione privata era ancora agli albori.

L’entusiasmo di Prisco fu tale che, tornato a casa quella sera, confidò al figlio Luigi Maria di aver incontrato l’uomo che avrebbe potuto riportare l’Inter ai vertici. Curiosamente, nella sua eccitazione, Prisco storpiò il cognome del giovane imprenditore, chiamandolo “Bernasconi” – un’abitudine, quella di confondere i cognomi, che il figlio ricorda come tipica del padre.

Questo primo incontro segnò l’inizio di un corteggiamento che sarebbe durato anni, rivelando un lato poco conosciuto della storia del calcio italiano: il desiderio di Berlusconi di acquisire l’Inter, molto prima del suo ingresso nel Milan.

Peppino Prisco (1921-2001)

Il rifiuto di Fraizzoli: “Troppo giovane”

Dopo l’incontro iniziale con Prisco, Berlusconi ottenne l’opportunità di presentarsi al presidente dell’Inter, Ivanoe Fraizzoli. L’incontro si rivelò tanto breve quanto memorabile, culminando in uno scambio che sarebbe diventato parte della storia non scritta del calcio italiano.

Fraizzoli, noto per il suo stile diretto e la sua mentalità “vecchia scuola”, accolse il giovane imprenditore con una domanda in dialetto milanese: “Lù l’è milanes?” (Lei è milanese?). Dopo la risposta affermativa di Berlusconi, seguì l’inevitabile domanda sull’età. La risposta “trentasei anni” fu sufficiente per Fraizzoli per chiudere la conversazione con un secco “Tropp giuvin. Se vedum fra des ann” (Troppo giovane. Ci vediamo fra dieci anni).

Il timing dell’incontro non poteva essere peggiore. L’Inter attraversava un periodo turbolento: i tifosi erano profondamente insoddisfatti della recente campagna acquisti, dove il club aveva mancato l’acquisto di Chiarugi (finito al Milan) e si era dovuto accontentare di Massa e del trio atalantino MoroMagistrelliDoldi, considerati poi dei “bidoni”.

Fraizzoli stesso mostrava segni di stanchezza nella gestione del club. Già da un anno lanciava segnali di insofferenza, lamentando la difficoltà di trovare un successore adeguato. Il 18 giugno aveva pubblicamente dichiarato: “Se c’è qualcuno che vuole rilevare la società, si faccia avanti“. Paradossalmente, quando qualcuno si fece avanti, la sua risposta fu un netto rifiuto basato sull’età.

Fraizzoli con la moglie, Lady Renata

Chi era Berlusconi nel 1972?

Nel 1972, quando si presentò negli uffici dell’Inter, Silvio Berlusconi era già un imprenditore edile di successo, anche se ancora lontano dalla figura di spicco che sarebbe diventato. Il suo percorso nel settore immobiliare era iniziato nel 1963, quando aveva colto con acume le opportunità offerte dal boom economico italiano.

Il suo primo grande progetto fu la costruzione del quartiere residenziale di Brugherio, a nord di Milano, un complesso abitativo pensato per 4.000 persone. Per questa impresa aveva fondato la Edilnord, società di costruzioni di cui era amministratore. Come ricordava Giovanni Botta, uno dei suoi soci dell’epoca, Berlusconi dimostrava già allora le caratteristiche che lo avrebbero contraddistinto: “Pareva nato nell’edilizia e si capiva che avrebbe fatto tanta strada“.

Nel 1968, Berlusconi aveva fatto il suo secondo grande passo nel settore immobiliare, acquistando terreni nel comune di Segrate per la costruzione di Milano 2. La sua gestione dei progetti era già allora caratterizzata da un forte controllo personale: si occupava dei permessi, appaltava i lavori, selezionava i progettisti e dettava precise linee guida per ogni costruzione.

Quindi, quando si presentò a Prisco e Fraizzoli, Berlusconi era un imprenditore trentaseienne ancora sconosciuto ai più, ma già dotato di una notevole intraprendenza e di una mente vulcanica. Come ricorda Luigi Maria Prisco, era “soprattutto uno con le palle“, qualità che suo padre particolarmente apprezzava. La televisione, che sarebbe diventata il suo impero con Canale 5 e Fininvest, era ancora nel futuro, anche se già presente nei suoi progetti.

Silvio Berlusconi

La passione per il calcio: dalle origini al sogno nerazzurro

Prima di diventare il magnate che avrebbe rivoluzionato il calcio italiano, Berlusconi aveva già avuto un’interessante esperienza nel mondo del pallone attraverso la squadra Torrescalla-Edilnord, nei primi anni ’60. Nonostante lui stesso si definisse un giocatore “scarsino”, vantando come unico colpo un dribbling “alla Carapellese”, il suo ruolo dirigenziale mostrava già i semi del futuro impero calcistico.

La squadra nasceva dalla fusione tra il collegio Torrescalla dell’Opus Dei e lo sponsor Edilnord. La selezione dei giocatori avvenne in modo innovativo per l’epoca, attraverso un annuncio sulla Gazzetta dello Sport. Come ricorda Massimo Nava, all’epoca portiere della squadra, si presentarono un centinaio di aspiranti, tutti accompagnati dai genitori. L’organizzazione era già sorprendentemente professionale: ogni giocatore riceveva due maglie (una estiva e una invernale), pantaloncini e scarpe, un lusso per quegli anni.

In squadra giocava anche Paolo Berlusconi, fratello di Silvio, descritto come un attaccante centrale particolarmente efficace nel gioco aereo. L’allenatore era Marcello Dell’Utri, noto per la sua intransigenza verso le parolacce in campo. Berlusconi stesso si presentava alle partite in Maserati, indossando un caratteristico cappotto nero con collo di pelliccia.

Già all’epoca, secondo le testimonianze di ex giocatori come Guido Zucconi, Berlusconi non nascondeva la sua fede milanista. In un’occasione, dopo aver riportato a casa Nava nella sua Maserati, gli confidò: “Sai, io adesso ho questa squadretta, ma vedrai quando sarò il presidente del Milan”

Il Mundialito: un ponte tra Berlusconi e l’Inter

Nel 1981, un torneo estivo divenne il punto di incontro tra Berlusconi e l’Inter, rivelando la capacità dell’imprenditore di vedere opportunità dove altri vedevano solo problemi. L’idea nacque da Sandro Mazzola, che propose di organizzare una competizione internazionale chiamata Mundialito Club per attirare pubblico allo stadio anche nel periodo estivo.

Mazzola ottenne il via libera da Fraizzoli, a condizione di trovare i finanziamenti necessari. Il primo tentativo con la RAI, per una richiesta di 40 milioni per i diritti televisivi, si concluse con un rifiuto. Fu a questo punto che Mazzola pensò a Berlusconi.

L’incontro avvenne nella sede di via Rovani. Come ricorda Mazzola, Berlusconi comprese immediatamente il potenziale dell’iniziativa: “Dopo un minuto che parlavo, mi fermò e mi disse: ‘Ho già capito tutto, io anticipo i soldi, poi dividiamo gli utili‘”. Il risultato fu straordinario: dopo la prima edizione, Inter e Fininvest si divisero 500 milioni di guadagno.

Per gestire l’organizzazione del torneo, Berlusconi aveva acquistato due piani di un immobile in Foro Bonaparte, strategicamente vicino alla sede dell’Inter. I suoi uomini della comunicazione, Taveggia e Susini (quest’ultimo sarebbe diventato team manager nerazzurro), lavoravano a stretto contatto con i dirigenti interisti.

Berlusconi partecipava personalmente alle riunioni organizzative, mostrando un genuino interesse per il calcio e spesso chiedeva a Mazzola informazioni sui giocatori, rivelando la sua crescente passione per questo sport.

I tentativi successivi

Dopo il rifiuto del 1972, Berlusconi mantenne un costante interesse per l’Inter. I rapporti con l’ambiente nerazzurro rimasero cordiali, tanto che sul finire degli anni ’70 fu anche ospite a pranzo a casa Fraizzoli, dove i due si scambiavano battute sulla possibile acquisizione del club.

Il momento più concreto arrivò nell’estate del 1983, quando Fraizzoli attraversò una profonda crisi emotiva dopo la partenza di due giocatori simbolo: Bordon e Oriali. Il presidente, che li considerava come figli, visse il loro trasferimento alla Sampdoria e alla Fiorentina come un tradimento personale, effetto della nuova Legge 91 sullo svincolo che aveva sottovalutato.

Berlusconi, vedendo l’opportunità, tornò alla carica. Questa volta erano passati i famosi “dieci anni” richiesti da Fraizzoli, ma emerse un nuovo ostacolo: l’appartenenza di Berlusconi alla Loggia P2 creava perplessità nel presidente nerazzurro.

Nonostante ciò, attraverso la mediazione di Sandro Mazzola, si arrivò molto vicini a un accordo. Inizialmente, Fraizzoli propose di cedere il 50% delle quote. Quando Berlusconi accettò, la proposta fu modificata al 48%, quota che l’imprenditore accettò nuovamente. Tuttavia, all’ultimo momento, Fraizzoli si tirò indietro, temendo di perdere il controllo effettivo della società.

Si vociferava che Berlusconi fosse particolarmente interessato al simbolo dell’Inter, il biscione, vedendovi un potenziale collegamento con il suo impero televisivo (“Corri a casa in tutta fretta, c’è il biscione che ti aspetta” era lo slogan Fininvest), ma questa rimase solo una suggestiva ipotesi.

La svolta rossonera

Il 1986 segnò una svolta decisiva nella storia del calcio italiano quando Berlusconi, dopo i tentativi falliti con l’Inter, acquisì il Milan. Il club rossonero si trovava in una situazione drammatica, sull’orlo del fallimento, e l’arrivo dell’imprenditore milanese rappresentò una vera e propria rinascita.

L’ingresso di Berlusconi nel Milan fu teatrale e memorabile, caratteristico del suo stile. La discesa in elicottero all’Arena Civica divenne un’immagine iconica, simbolo di una nuova era nel calcio italiano. L’incontro con i giornalisti nella villa di Arcore segnò l’inizio di una rivoluzione sia sportiva che mediatica.

Prima di acquisire il Milan, Berlusconi aveva tentato anche di entrare nel mondo del basket. Sandro Gamba, all’epoca CT della Nazionale, rivela che nel 1984 fu contattato da Cesare Cadeo, in veste di “messaggero” del Cavaliere, per sondare la possibilità di acquistare l’Olimpia Milano dai Gabetti. Anche questa trattativa fallì per questioni economiche, ma dimostrava la chiara intenzione di Berlusconi di creare una polisportiva.

La trasformazione più significativa riguardò Adriano Galliani, che da editore televisivo divenne il braccio destro di Berlusconi nel Milan. In un’intervista del 1989 a Epoca, Galliani affermò che l’acquisto del Milan fu “soltanto un atto d’amore” e che non avrebbero mai acquistato l’Inter anche se fosse stata in vendita. Una dichiarazione che, alla luce dei precedenti tentativi di Berlusconi con l’Inter, assume oggi un significato particolare.

Sliding Doors

Nelle pieghe del tempo esistono momenti che, come porte scorrevoli, si aprono e si chiudono definendo il corso della storia. Nel calcio italiano, pochi “e se” sono intriganti quanto quello che lega Silvio Berlusconi all’Inter: furono almeno tre i momenti cruciali che avrebbero potuto riscrivere completamente la storia del calcio italiano.

Il primo: un “troppo giovane” pronunciato da Fraizzoli nel 1972. Il secondo: dei pranzi a fine anni ’70 sempre a casa Fraizzoli dove tra battute si nascondevano verità. Il terzo: quella trattativa del 1983 per il 48% delle quote, sfumata all’ultimo respiro.

In un universo parallelo, forse, il biscione nerazzurro e quello televisivo si sono fusi in un’unica dinastia. Le parole di Galliani nel 1989 – “mai avremmo comprato l’Inter” – suonano come una cortina fumogena su una verità più complessa: Berlusconi vide nell’Inter, prima ancora che nel Milan, il veicolo perfetto per le sue ambizioni nel calcio.

Ma la storia, come le sliding doors, a volte sceglie lei il binario. E forse, in questo intricato gioco di possibilità e destini alternati, la realtà che conosciamo era l’unica possibile.