BIRI BIRI: Io sono leggenda

Spettacolare e imprevedibile, è stato il primo calciatore professionista del Gambia. Un attaccante che negli Anni 70 seppe farsi apprezzare anche nella Liga spagnola. A Siviglia c’è ancora un club di tifosi a lui dedicato

NEGLI Anni 70, come del resto oggi, era la Liga spagnola ad allineare i giocatori più spettacolari. Il calcio italiano viveva in una frustrante autarchia, l’Inghilterra apriva timidamente ai primi stranieri, la Germania faceva benissimo da sé, disponendo di una straordinaria generazione d’oro, mentre la Francia non aveva i mezzi e neppure l’appeal per assicurarsi gli assi del momento, che finivano quindi per lo più in Spagna.

Dove gli stadi si riempivano per vedere i tanti giocatori venuti dall’estero. Fuoriclasse quali Cruijff, Neeskens e Krankl del Barcellona; Netzer, Breitner e Stielike del Real Madrd; Rep, Bonhof, Keita e Kempes del Valencia; Luis Pereira e Leivinha dell’Atlético Madrid. Campioni come Morete del Las Palmas; Sotil del Barcellona; Heredia e Ayala dell’Atlètico Madrid; Jensen e Martinez del Real Madrid; “LoboDiarte e Amia del Saragozza; Mazurkiewicz del Granada; Wolff del Las Palmas; Caszely de-l’Espanol (come ancora era denominata la seconda squadra di Barcellona). E attrazioni come Biri Biri del Siviglia, un attaccante che non passava mai inosservato.

Alhaji Momodu Njie, detto Biri Biri, era originario del Gambia, stato dell’Africa Occidentale che trovava cittadinanza nella geografia del calcio esclusivamente grazie a lui. Del Gambia, piccolo paese anglofono Sull’Oceano Atlantico avvolto dal Senegal francofono, Biri Biri, nato nella capitale Banjul il 30 marzo 1948, è stato il primo calciatore a diventare professionista, e lo ha fatto in Danimarca con il B 1901 Nykøbing che, nel 1972 si era recato a Banjul per un periodo di ritiro. I dirigenti del club danese, impressionati dalle qualità di Biri Biri, attaccante agile e veloce, fisicamente ben strutturato (1,77 x 72), mobile e resistente, gli proposero un confratto.

L’affare si concretizzò e Biri Biri lasciò l’Africa, dove aveva giocato in patria con Black Diamonds, Phomtoms e Augustines e in Sierra Leone con il Mighty Blackpool. Un anno in Danimarca, quindi la Spagna con il Siviglia, all’epoca in seconda divisione.

Un acquisto quasi a scatola chiusa, per soffiarlo ai concittadini del Betis, cui era stato segnalato da José Ramos, un allenatore sivigliano che lavorava in Danimarca. Nel primo anno in Spagna le prestazioni di Biri Biri furono contraddittorie, al punto di tagliare in due la tifoseria: una parte lo amava, l’altra lo detestava. L’allenatore del Siviglia, l’austriaco Ernst Happel non aveva troppa fiducia in lui. Quando Biri Biri aveva la possibilità di scendere in campo cercava di mettersi in luce con giocate estemporanee che non sempre gli riuscivano: da ciò dipendeva l’atteggiamento dei tifosi nei suoi confronti. Quella del Siviglia è una tifoseria calda e passionale, sparsa per tutta la Spagna, e anche nei match in trasferta Biri Biri aveva i suoi estimatori.

Con Roque Olsen in panchina l’attaccante di Banjul ebbe la possibilià di giocare con continuità e nel 1974-75 risultò uno dei principali artefici del ritorno del Siviglia nella Liga. I tifosi erano tutti per lui e in suo onore fu fondato un club, il “Brigadas Norte Biri Biri”, che esiste anche oggi con la denomina zione di “Biris Norte”.

Classe, fantasia, eleganza, buona visione di gioco e qualche gol d’autore, unite a una dirompente simpatia, fecero in fretta del sempre sorridente Biri Biri il “rey negro” di Siviglia, un giocatore adorato dai tifosi e un po’ meno dai tecnici e dai dirigenti. Anarchia in campo, rendimento irregolare, facile preda delle provocazioni avversarie, fughe improvvise in Gambia, continui ritardi, difficoltà nell’accordarsi sull’ingaggio erano l’altra faccia di un giocatore spettacolare e imprevedibile.

Fin troppo imprevedibile, capace di perdere l’intera stagione 1976-77 per non avere ottenuto l’aumento di stipendio richiesto. Davanti all’immobilismo del Siviglia, Biri Biri si cercò un altro club. Voleva andarsene in Francia, al Marsiglia ma, per ragioni burocratiche di visto, passò per il Belgio, dove sostenne un provino con l’Anderlecht. Firmò un foglio, che secondo lui rappresentava l’assicurazione in caso di infortunio. Per il club belga era invece un vero e proprio contratto.

Indignato, Biri Biri lasciò Bruxelles e se ne andò a Londra, a trovare un fratello che lavorava lì, poi se ne tornò a Siviglia, sperando che la situazione si sbloccasse. Per tre giorni attese inutilmente che qualcuno si facesse vivo, quindi tornò a Banjul dove, insieme alla moglie, lavorò nel negozio di abbigliamento di loro proprietà. A pallone giocava quando ne aveva voglia nelle varie squadre cittadine: per lui, autentico idolo nazionale, un posto c’era sempre.

A Siviglia però c’era ancora una gran voglia di rivederlo con la maglia bianca bordata di rosso, e la stagione successiva, 1977-78, Biri Biri tornò in Andalusia, soddisfatto per l’aumento di stipendio. Senza di lui la squadra aveva perso incisività, con lui la ritrovò. A beneficiare dello scompiglio che Biri Biri creava nelle retroguardie fu il centravanti argentino Hétcor Horacio Scotta, che in quel torneo realizzò 16 reti.

Lasciata Siviglia, Biri Biri tornò nuovamente in Danimarca per giocare nell’Herfolge fino al 1981. Poi il rientro in Gambia, dove difese i colori del Walidan fino al 1987, quando all’età di 39 anni decise di ritirarsi.

In Gambia la figura di Biri Biri è diventata nel tempo una leggenda. Per i suoi connazionali è stato il miglior calciatore africano di sempre e Alhaji Boabou Sowe, che giocò con lui in nazionale, lo ritiene addirittura superiore a Maradona. Concetto ribadito anche da altri ex nazionali del Gambia. «Non ho mai visto nessuno con la sua abilità» ha dichiarato qualche anno fa ai microfoni della BBC Sport Omar Sallah, altro compagno nel Gambia di Biri Biri. Che nel 2000 il Presidente Yayah Jammeh ha decorato come il miglior calciatore di tutti i tempi del Gambia.

Dopo il ritiro dal calcio Biri Biri si dedicò alla politica e, sfruttando la popolarità che gli aveva dato il calcio diventò prima ministro quindi, fino al 1994, sindaco di Banjul. Muore dopo una lunga malattia il 19 luglio 2020 a Dakar, in Senegal.

Testo di Rossano Donnini