BOCHINI Ricardo: Spirito Independiente

Nel suo club, al quale ha legato l’intera carriera, il “Maestro” si è preso quelle soddisfazioni che in nazionale, chiuso prima da Kempes poi da Maradona, non aveva potuto cogliere

Roma, 28 novembre 1973. All’Olimpico si gioca un’insolita finale di Coppa Intercontinentale fra l’Independiente, vincitore della Libertadores, e la Juventus, che rimpiazza il rinunciatario Ajax, vincitore della Coppa Campioni proprio sui bianconeri. A dieci minuti dal termine, dopo che la Juve ha fallito un rigore con Cuccureddu, Ricardo Bochini, interno sinistro dell’Independiente, scambia sulla trequarti con Bertoni e punta decisamente verso la porta di Zoff, saltando i difensori bianconeri come birilli. Anche il portierone azzurro viene superato dall’irresistibile azione del diciannovenne argentino, che regala così l’intercontinentale ai rossi di Avellaneda. Nasce una stella, che per “colpa” di Mario Alberto Kempes prima e di Diego Armando Maradona poi, potrà brillare quasi esclusivamente con la maglia dell’Independiente, il club che ne ha contrassegnato tutta la carriera e dove ha lasciato un marchio indelebile.

La rete contro la Juventus, Intercontinentale 1973

Ricardo Enrique Bochini nasce il 25 gennaio 1954 a Zàrate, a circa 80 chilometri da Buenos Aires, in una famiglia umile e numerosa che comprendeva ben nove fratelli. Fin da bambino “Richard”, come veniva chiamato in famiglia, aveva in testa soltanto il pallone, con tanta voglia di sfondare nel mondo della pelota. Hugo Alberto, il maggiore dei suoi otto fratelli, ha raccontato che quando Enrique era ancora un “pibe” nessuno si immaginava che sarebbe potuto diventare un calciatore a causa delle gambe troppo magre. Tutti meno lui, il piccole ed esile Ricardo. «Una volta» ha aggiunto Hugo Alberto «mentre stavamo assistendo in televisione all’addio di Pelé rimasi sorpreso dalla sua sicurezza: il telecronista
si interrogava su quanto potessero valere le gambe di O Rei e mio fratello di colpo volse lo sguardo verso le sue chiedendoci quanto sarebbero potute valere in futuro
».

Il talento di Richard venne scoperto a Zàrate da Luis Citrulli che lo portò nella settima divisione del Belgrano di Zàrate. Da Zàrate a Buenos Aires il passo fu breve. Dopo tentativi fatti con il Boca e con il San Lorenzo, a Nito Veiga bastò soltanto un provino di pochi minuti per inserirlo nella grande famiglia dell’Independiente. L’esordio di Bochini in prima squadra avvenne il 25 giugno 1972, quando il tecnico Pedro Dellacha lo mise in campo per l’ultimo quarto d’ora nella sfida contro il River Plate, valida per il torneo Metropolitano, che i “Millonarios” si aggiudicarono 1-0.

Tarantini in tackle su Bochini

Stava sbocciando un campione che l’Independiente aveva coltivato nel proprio vivaio; un campione che si sarebbe fatto notare in fretta realizzando il primo gol nel “clasico” più sentito dai “Diablos rojos”, quello contro il Racing, altro club di Avellaneda. Malgrado la rete messa a segno da “El Bocha” al terzo minuto della ripresa il Racing s’impose 2-1.
Inizi negativi per un fuoriclasse che nella sua quasi ventennale carriera ha conquistato due titoli Nacional ( 1977 e 1978), un titolo Metropolitano (1983), un titolo di Primera Division (1988-89), due titoli Interamericani (1974 e 1975), quattro Coppe Libertadores (1973, 1974, 1975 e 1984), due Coppe Intercontinentali ( 1973 e 1984) e un titolo Mondiale, anche se soltanto da comprimario, a Mexico 86.

Proprio quel successo è il cruccio della sua carriera. Bochini, che nel frattempo era diventato il “Maestro”, non è mai riuscito a sentire suo quel trionfo, avendo giocato solamente tre minuti nella semifinale col Belgio. Non ha fatto polemiche, dimostrando di avere classe anche fuori dal campo. Ha rispettato le scelte di Carlos Bilardo pur non condividendole perché lui amava un altro tipo di calcio, decisamente più offensivo e spettacolare. Si era allenato con grande professionalità aspettando il suo turno, che praticamente non è mai arrivato, ma con l’onestà che lo ha sempre contraddistinto ha ammesso quello era stato soprattutto il Mondiale di Diego Armando Maradona, non certo il suo.

Bochini affronta il difensore del Liverpool Alan Hansen nella finale dell’Intercontinentale 1984

I suoi mondiali li vinse con l’lndependiente, il club della sua vita, cui ha dato tutto e da cui ha ricevuto indietro tutto, soprattutto attraverso l’affetto della gente che lo ha adorato. Così il momento magico della sua carriera resta legato alla Coppa Intercontinentale 1973, a quel gol entusiasmante che sarebbe piaciuto segnare anche a Maradona. Il quale, come idolo della giovinezza ha avuto proprio “El Bocha”.

Nel corso della carriera con l’Independiente, conclusasi il 5 maggio del 1991 (IndependienteEstudiantes 1-1 ), Bochini ha giocato 634 match di campionato, firmando 97 gol e altre 102 presenze (con 10 reti) le ha accumulate fra Coppe e nazionale. Solo in 28 occasioni ha fatto parte della Selecciòn con tre Ct: una con Omar Sivori (a La Paz, il 23 settembre 1973, Bolivia-Argentina 0-1, valida per le qualificazioni a Germania 74), 18 con César Luis Menotti; 9 con Carlos Bilardo (l’ultima il 26 giugno 1986 a Città del Messico: Argentina-Belgio 2-0). Una storia, quella con la “albiceleste” durata ben 12 anni, 9 mesi e due giorni, con una lunga pausa fra il 1979 e il 1984.

Ma la grandezza di “El Bocha” va ben oltre il valore dei numeri. Lui appartiene alla letteratura del calcio argentino, tant’è che i lanci che mettono l’attaccante davanti al portiere avversario sono stati ribattezzati “Pases Bochinescos”.

Maradona, da sempre grande estimatore di Bochini

Bochini è stato un giocatore differente per come leggeva e concepiva il gioco; aveva una visione totale di ogni partita, un notevole senso geometrico e una spiccata personalità da vero leader. Il “Maestro” è stato amato dai tifosi perché offriva loro spettacolo puro. Ma nel corso della sua lunga carriera ha anche saputo adeguarsi e trasformarsi. Infatti, pur essendo un grande amante del dribbling, il pezzo forte del suo repertorio, con la maturità ha imparato a sfruttare questa sua arma micidiale solo quando era possibile; se capiva che era troppo rischiosa la sostituiva con il gioco di prima.

Non aveva la dinamite nei piedi e non era bravo di testa, sfavorito anche dalla taglia atletica ( 1,68 x 64), ma la sua genialità sopperiva a qualsiasi carenza. È stato unico e inimitabile nella storia dell’Independiente, ma lo hanno amato e rispettato persino gli avversari. Alla sua festa di addio ha partecipato un oceano di persone. L’allora presidente argentino Raul Alfonsin si è sentito in obbligo di fargli una telefonata di scuse per non aver potuto presenziare all’evento.

La sua pelata e le sue gambe magre appartengono alla leggenda; con modestia e semplicità Bochini ha costruito la sua fama, diventando un simbolo dell’Independiente e un eroe nazionale. Gli argentini ancora lo ringraziano per l’allegria che ha saputo regalare.

Testo di Andrea Colacione