Gianni Brera: Quando San Siro diventò Meazza

L’influenza mi fa dolere gli occhi nemmeno avessi l’indigestione addosso. L’aria è tutta un baluginare di puntini che i poeti e i caricaturisti vedono come stelle. Arrivo per tempo alla grande lapide ricoperta di un telo che il buon sindaco Tognoli si tirerà in testa fra gli applausi. Insulterei Paride Accetti che mi invita con Paolo Todeschini a farmi sotto. Il vecchio Mazzola, papiense, non abduano, mi ricorda che lui, Todeschini ed io giocavamo la palletta ai Boschetti. Le due figlie di Meazza attendono commosse.

Mazzola mi mostra una foto a colori della lapide e noto che la mia epigrafe è stata malconciata per necessità di impaginazione grafica: «Al nome di Giuseppe Meazza, espresso dal suo cuore generoso, la città di Milano intitola questo glorioso stadio tante volte illustrato dai suoi gesti di atleta». Scompare «al nome» e quell’«intitola» è quasi lezioso. Guarda a 60 anni cosa ti tocca. Arriva atterrita la presidentessa Renata e mi racconta che gli odiosi milanisti hanno sgozzato un mite ragazzo interista di 15 anni. La vedo con le stelle e la lancia di Armida. Mestamente rifletto che, impediti per tanti anni di esprimere la loro ribalda jattanza, i giovinotti guasti del nostro etnos tanto malandato realizzano il vilissimo transfert di menare le mani a nostro danno. Ma poiché lady Renata è fin troppo tifosa non mi impressiono più che tanto. La cinica tentazione è di spropositarle che un solo accoltellato dalle bieche masnade milaniste fa notizia contraria. Taccio. Nessun discorso. L’astio per Paride Accetti non deriva da altro che dall’ostinazione con cui rifiuta i pennoni con le bandiere al più bello stadio calcistico del mondo. Si è mai visto un transatlantico senza bandiere? E poi, «vedere» il vento ha notevole importanza tecnica: nella grande chiglia dello stadio il vento s’ingolfa e pirla così da ingannare sulla propria direzione e anche sulla propria intensità.

Continuo baluginare di puntini, greve gnagnera contro la quale debbo spingere con gambe legnose. Arrivo al mio posto sfondando compatte barriere di carne odiosa e vociante. Se mi lasciaste lavorare, ragazzini. Sono uscito di casa a dispetto del medico e della tenera coniuge («Sta coperto», si raccomanda; e io: «Dillo al tuo Milan, che se no becca»). Lo spettacolo dello stadio gremito – o gran virtù delli cronisti antiqui – è davvero impressionante. Originalità – se non altro – nell’avverbio. I poveri angelici accoltellati a nordest, i biechi leoni e britagisti rossoneri a sud-ovest, sopra la porta del freddo, che tocca all’Inter. Bordon costretto ad uscire di corsa dall’area, insopportabilmente invasa dal fumo dei razzi fumogeni rossi. L’episodio mi sembra emblematico: non avviene in sostanza che gli stessi tifosi rossoneri nascondono la porta dell’Inter ai loro benamati?

Agnolin prende atto (paga Felis Colomb) e dà inizio alla partita con minimo ritardo. Il Milan assume l’iniziativa, lascia spazi all’Inter, per la quale compie fervide incursioni Muraro, mal guardato da Morini. Un sapientissimo appoggio di Marini consente a Muraro la botta da gol al 5′: è diretta al sette: prodigiosamente vola Rigamonti e riesce a deviare! È una parata-gol di grande importanza immediata e mediata. Il Milan seguita a ruminare il suo forcing senza sbocchi possibili. Il gioco è tarato dalla broccaggine, che è quasi sempre causa di impotenza. Pochi, peraltro, gli affondi dell’Inter. Altobelli implacabilmente bloccato da Collovati. Muraro chiamato a lavorare e sbagliare molto, grani diàvol. De Vecchi inventa una difficile palla-gol per Antonelli al 17′: vive l’espace d’un soupir: Baresi I è anche lui febbricitante ma entra a pié rovente e scaglia via.

Questo episodio, che magari pochi hanno visto, è tutto il gioco offensivo del Milan, che stenta molto a quagliare e in effetti non può sorprendere che stenti. Capello si muove con caute gambette di cocker sotto il corpo d’un mastino napoletano. Dopo non più di mezz’ora, il gioco desinit in vaccam. Lunghe meline statiche, indisponenti. L’immensa folla ruggisce improperi. La mia coscienza ottimistica si turba. Oggi tuttavia non ho sufficiente vigore per andare oltre i ringhi a tutta dentiera. Baresi II entra a pié teso sul Béka arrivato dribbling dopo dribbling a minacciare il sinistro dalla linea di fondo: il bravissimo Agnolin non cerca fastidi e concede l’angolo: sarebbe un due calci in area: ma pensa te il casino, assiepare tutto il Milan a ridosso della propria porta: e far battere il free-kick da cinque metri dal palo di destra. Ci arrivava Lo Bello I, sadico mattatore del calcio. Agnolin ha buon senso e non s’inventa protagonista. Meno il torrone – ora mi accorgo – perché il mio taccuino è pieno zeppo di gesti insignificanti. Vedo giocare male quasi tutti: non vedo parare nulla.

Una maldinata di Bini consente ad Antonelli il guizzo d’un possibile gol: spara in corsa accentrandosi da destra: il tiro è forte, subdolo, poco alto: Bordon ci vola sopra da grande portiere qual è e devia (10′). È appena comparso Collovati dalle sue parti per incornare su angolo: l’impatto è splendido, ahi, di poche dita alto sulla traversa. Bini vuol farsi ammonire gettando palla dopo che gli è stata negata la rimessa dall’out: Agnolin non vede, bravo figlio. Oriali tenta il tiro da fuori e ne cava qualcosa che potrebb’essere un passaggio-gol per Altobelli, zompato a deviare con fervida ciabatta: la sua ciccata è solenne (15′).

Scema di molto il ritmo e si vede Capello uscir fuori dall’anonimo corricchiare di prìa. De Vecchi tiene assiduamente el Béka ma non riesce ad impedirgli un prontissimo lancio in contropiede: vi è sopra Altobelli e la gente urla: dall’area di rigore esce a passi di lupo Rigamonti e neanche si sogna di opporre il piede per tentare il tackle, come usava Albertosi: lui è decisamente portiere, non pedatore: dunque si mette di traverso e frana su Altobelli cogliendo palla e stringendola forte all’addome. Clamoroso fallo di mani che Rigamonti, qui poco astuto, peggiora portandosi palla in area: l’avesse lanciata via, l’Inter non avrebbe rubato due-tre metri nel posarla a terra per la punizione (18′). Memento.

Tocca el Béka per Muraro (oh noiosissimo schema) dopo indugi ammorbanti. Muraro altro non può che tirare addosso a chi gli corre incontro: lo schiva a metà, colpisce altri in barriera: la palla schizza a destra dove con maligna pinna la sciupa goffamente Marini. Annoto marcature variate in centrocampo: gratuito zelo.
A voi che vi frega!? Il Milan è in angolo al 20′ per mera goffaggine di Bini (se succed?) nel controllare il cross di Buriani. Non ne esce nulla. Piuttosto, l’accorto Caso fa correre Muraro che ha perso l’ispirazione e gli ridà palla: Caso non riesce a voltarsi per tirare: Maldera irrompe a muso duro. El Béka s’infogna in molti dribblings uno più disperato dell’altro: arriva all’estrema destra, allargandosi, e di là esala un crossetto che pare un sospiro impotente. Esempio di nota-menatorrone: «24′: Oriali a Muraro a Baresi I a Muraro cross: via Maldera». Poco prima era avvenuta la stessa cosa a Novellino: cross per Mozzini.
Che stufida, ohi: e non è finita. Romano con molta eleganza tocca su Baresi I (il quale gioca nell’Inter). Capello cerca Antonelli nel folto e lo trova in fuori gioco. Una lunga rimessa di Bordon (sui sessanta metri) consente a De Vecchi di lanciare Novellino incornando avanti: il guardalinee sbandiera fuori gioco.

Inter troppo sbilanciata, annoto al 27′: ma il buon vecchio Milan ahimé, è tanto bolso. Una presa alta di Capello a ghermire il lancio di Caso verso punte invisibili. Bini, in disimpegno, serve un avversario: deve scalciare via Baresi I, bravo figlio. Lunghe e statiche meline del Milan verso il 30′. Marini in angolo. Batte Buriani e Collovati di testa rifinisce per Novellino, che manca la possibile rovesciata. Un istante dopo, al 31′ Capello stende Oriali a dieci metri dal vertice destro (rispetto al Milan). Giacomini ne approfitta per metter fuori Novellino e in pace la coscienza, che gli rimorde (?), per aver escluso Chiodi. Eccolo, ora, il fulmine di guerra! E intanto el Béka batte la punizione cercando Altobelli sulla sinistra dell’area: Altobelli supera Collovati nello stacco e incorna al centro, dove si vede Muraro pirlare su se medesimo, non saprei dire se spinto da Morini o dallo zelo tattico: fatto è che dietro di lui spunta il Piper Oriali, il quale batte di piatto destro e infila Rigamonti disperatamente allungatosi nel tuffo. Lo stadio, che è interista dal sindaco agli altri sette decimi degli 80.000, esplode in un boato orribile, che a me dà stordimento e pena. Io avevo scommesso parole e sentimenti sul pari, per tutti conveniente.

Adesso il Milan con il groppo in gola cerca di rimontare e tutto avanti si lancia e su punizione di De Vecchi rientrano a cannocchiale le tozze gambotte di Capello impegnato a incornare (né vi riesce). Maldera esplode tritolo e veleno su punizione e non centra la porta. Ipse Maldera lancia Antonelli a sinistra: controlla in tutta eleganza il magnifico valtellino ed evita in dribbling Canuti e Bini accorsi al tackle: il suo destro, molto angolato, quasi dal fondo, rimbomba sull’esterno del primo palo. È il 37′! Dustin corricchia via senza far lazzi di sdegno nel confronto degli dei. Allo stesso modo Ettore, vista recuperata dalla dea nemica l’asta di Achille, sentì nel suo cuore che tutto era perduto.

In effetti, le ultime immagini sono disperate. La sciamannata pinna di Marini vibra su un pallone che sorvola in ascesa i popolari. Il diligente e arcigno De Vecchi entra duro sul Béka che sicuramente lo insulta. Mehari Buriani, povero figlio, crossa da destra in corsa per nessuno. De Vecchi chiama Romano al tiro, che gli vien forte: vola Canuti e incorna bravamente a deviare. L’ultimo tiro, peraltro abortito, è di Muraro, ispirato da Caso. Il 185° derby di Milano è finito. Ah, perché non son io co’ miei pastori.

Gianni Brera
Il Giornale – 03 marzo 1980