Camataru, il bomber del dittatore

Nel 1986-87 con la bellezza di 44 reti (ben 20 negli ultimi sei turni), il centravanti della Dinamo Bucarest conquistò la Scarpa d’oro. Grazie anche a qualche assist di Ceaușescu, che voleva un romeno ai vertici in Europa.

Un assist è sempre un assist, ma quando arriva da un dittatore c’è poco da scherzare. Bisogna fare gol per forza. A maggior ragione se i difensori avversari che dovrebbero impedirtelo sanno che se non ti aiutano passeranno dei guai seri. Ed è così che nel 1987 Rodion Camataru ha ricevuto la “Scarpa d’oro“, il riconoscimento che ancora oggi – sia pure con un regolamento che a differenza di allora tiene conto della reale difficoltà dei tornei, del resto segnare in Armenia o in Estonia e molto più facile che in Italia premia il bomber più prolifico nei campionati europei.

E in quanto a realizzazioni, “Cami” nella massima serie rumena 1986-87 stabilisce un autentico record con la casacca della Dinamo Bucarest: quarantaquattro gol, di cui addirittura venti nelle ultime sei giornate (tre al Corvinul Hunedoara, tre all’Otelul Galati, due al Flacara Morenti, quattro allo Sportul Studentesc, addirittura cinque allo Jiul Petrosani e tre, nell’ultimo turno, al Rapid Bucarest).

E’ uno sconcertante film sul calcio che si commenta da solo e che ha un regista esigentissimo con gli attori: Nicolae Ceaușescu, il “Conducător”, l’uomo che tutto decide in Romania e che con lo sport cerca di dare lustro al suo Paese.

Camataru non è certo un giocatore scarso, peraltro. Cresciuto nel Progresul Strehaia, a sedici anni e mezzo, nel novembre del 1974, già esordisce in A con l’Universitatea di Craiova, che decide di puntare su di lui intravedendo caratteristiche fisiche (è alto 190 cm) da ariete e una confidenza con la porta avversaria che cresce di anno in anno e gli consente di trascinare i “Leoni Blu” alla conquista degli scudetti del 1980 e del 1981, siglando in entrambi i tornei 23 reti. Arriva anche la prima convocazione in Nazionale, ma non tutto è rose e fiori, anzi subisce qualche critica di troppo ed è tentato dal non accettare più chiamate, ma Mircea Lucescu, allora giovane Ct, gli fa fare marcia indietro e lui lo ripaga siglando un gol fondamentale nel successo di Stoccolma con la Svezia e contribuendo quindi alla qualificazione – ai danni anche di una pessima Italia post trionfo spagnolo – agli Europei del 1984.

Rodion vuole andare a giocare all’estero, si fa avanti il Kaiserslautern, la trattativa arriva fino ai quartieri alti del Governo rumeno, ma Ceaușescu blocca tutto: è la Dinamo Bucarest, la squadra del Ministero dell’interno, la formazione ideale per l’attaccante, che vi approda nell’estate del 1986. «I miei nuovi dirigenti» racconterà il giocatore «mi promisero che un giorno mi avrebbero concesso di mettermi alla prova in un campionato straniero, per questo ho accettato».

Lo scudetto va alla Steaua, lui deve accontentarsi della “Scarpa d’oro” più contestata della storia, soprattutto da Toni Polster, l’attaccante dell’Austria Vienna che si ferma a 39 reti e si piazza secondo alle sue spalle. «Non ho pregato nessuno di farmi fare gol» aggiungerà Camataru anni più tardi, dopo il crollo del regime del “Conducător” e la sua fucilazione «riconosco che potrebbe essere stata una decisione di partito ad ammorbidire i miei avversari o, chissà, la volontà della Dinamo di vincere comunque qualcosa e quindi attivarsi in tal senso. Ma chi mi dice in che condizioni Polster ha segnato i suoi gol quando eravamo testa a testa? Erano partite vere? Io so solo che lui non si è complimentato con me ma che a Montecarlo, dove sono stato premiato, nessuno mi ha rimproverato nulla».

Nei due campionati successivi, l’attaccante rumeno segna meno (17 gol nella stagione 1987-88 e 15 in quella successiva, che, non diremmo sorprendentemente, vede due suoi connazionali, Dorin Mateut, suo compagno di squadra, e Marcel Coras, del Victoria Bucarest, classificarsi ai primi due posti della “Scarpa d’oro” con 43 e 36 gol), ma può finalmente coronare il suo sogno di cambiare campionato, anche se a muoversi per lui non sono propriamente delle big.

L’offerta dei turchi del Fenerbahce pare buona, quella degli spagnoli del Logrones pure, ma alla fine a spuntarla sono i belgi dello Charleroi, che evidentemente sono i più convincenti con la dirigenza della Dinamo. Non fa però più sfracelli l’ormai trentunenne “Cami”, che deve anche sopportare l’umiliazione di un campionato del mondo da spettatore: a Italia 90 il commissario tecnico Emerich Jenei non gli concede neppure un minuto nelle quattro partite disputate. Dopo lo Charleroi arriva l’Olanda, con l’Heerenveen, dove Camataru viene trattato come un re per sua stessa ammissione. Ma il bomber di Strehaia è ormai stanco e nel 1993, a trentacinque anni, appende al chiodo le scarpe. Tranne quella d’oro, che con buona pace di Polster fa bella mostra nel suo salotto di casa.