Giuseppe Doldi: Jacky per sempre

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Dall’oratorio all’Inter e alle nazionali giovanili, trascinandosi un equivoco: «Non ero una punta, ma se ne accorse solo Vicini… Per me la parentesi è chiusa, il calcio lo guardo solo in tv, ora ho un’altra vita»

Paolo Sollier: il trequartista militante

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«Giocare a calcio o leggere i quotidiani sportivi era una cosa da cazzari. Peccato, perché alla fine il Sessantotto nel calcio è stato solo una questione di look»

Pietro Paolo Virdis: andante con gusto

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«L’allenatore è un mestiere bello e difficile. Forse ho sbagliato a non cominciare subito. Forse ho perso qualche coincidenza. Fa niente, la vita è lunga e io me la sono sempre goduta»

Ezio Vendrame: la poesia del calcio

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«Il calcio di oggi non esiste, è finto, è acrilico. Al mondo ci sono stati tre giocatori di calcio: Maradona, Zigoni e Meroni. In questo rigoroso ordine, non alfabetico»

Fabio Enzo: una vita sopra le righe

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«Non guadagnavo molto, ma spendevo tutto. Ero giovane, ero un calciatore di serie A e mi godevo la vita. Ogni volta che c’era la sosta, partivo per New York…..»

Luca Pellegrini: fronte del porto

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«A volte incontro tifosi che mi dicono: “Luca, tu non sei un capitano. Tu sei il capitano”. Ma questo non scrivetelo, non voglio passare per presuntuoso»

Giovanni Roccotelli: il pioniere della rabona

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«Calciavo con il collo del piede destro e piegavo al massimo la gamba sinistra, quella d’appoggio» «All’epoca c’era una sola sostituzione e in più ero il cambio di Claudio Sala: mannaggia a lui, non si faceva mai male…»

Egidio Calloni: il bomber imperfetto

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«Ero un giocatore normale e mi capitava di “ciabattare” sotto porta. L’errore più clamoroso? Preferisco ricordare il primo gol in A. Roma Milan 0-1 del ’74-75: segnai in rovesciata»

Sandro Vanello: la solitudine del numero 13

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«Oggi una riserva si scalda con movimenti meccanici, io non sapevo cosa fare: la panchina era una novità» «Forse avrei potuto diventare un giocatore da Inter, ma non ho mai considerato il pallone il mio futuro»

Roberto Anzolin: lo Jascin di Valdagno

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«Ai Mondiali del ’66 avrei dovuto giocare io. Quel diagonale del coreano io l’avrei parato. Sicuro. Ma è vero: io non mi vendevo molto bene… Per un errore di Zoff i giornali avevano sempre giustificazioni»

Renato Cappellini: l’umiltà del centravanti

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«All’Inter ad inizio stagione non partivo mai nell’undici titolare ma non mi abbattevo, lavoravo sodo e riuscivo a collezionare tante presenze da titolare. Non sono stato un campione, ma la mia è stata una carriera ricca di soddisfazioni»