Giuseppe Doldi: Jacky per sempre
Dall’oratorio all’Inter e alle nazionali giovanili, trascinandosi un equivoco: «Non ero una punta, ma se ne accorse solo Vicini… Per me la parentesi è chiusa, il calcio lo guardo solo in tv, ora ho un’altra vita»
Dall’oratorio all’Inter e alle nazionali giovanili, trascinandosi un equivoco: «Non ero una punta, ma se ne accorse solo Vicini… Per me la parentesi è chiusa, il calcio lo guardo solo in tv, ora ho un’altra vita»
Protagonista della «fatal Verona», finì al Milan ma non sfondò: «Se tornassi indietro, magari mi farei pestare un po’ meno i piedi»
«Non trovavano la mia figurina, ma in campo, bene o male, c’ero. Dicevano che non avrei fatto strada con questo cognome. Non l’ho cambiato…»
«Giocare a calcio o leggere i quotidiani sportivi era una cosa da cazzari. Peccato, perché alla fine il Sessantotto nel calcio è stato solo una questione di look»
«Prima mi divertivo, con Herrera sono diventato un vero professionista. Ho esordito in Nazionale contro il Brasile di Pelè, e ho fatto un solo gol in azzurro, a Jascin. Il massimo»
«L’allenatore è un mestiere bello e difficile. Forse ho sbagliato a non cominciare subito. Forse ho perso qualche coincidenza. Fa niente, la vita è lunga e io me la sono sempre goduta»
«Il calcio di oggi non esiste, è finto, è acrilico. Al mondo ci sono stati tre giocatori di calcio: Maradona, Zigoni e Meroni. In questo rigoroso ordine, non alfabetico»
«Non guadagnavo molto, ma spendevo tutto. Ero giovane, ero un calciatore di serie A e mi godevo la vita. Ogni volta che c’era la sosta, partivo per New York…..»
«Sono stato un portiere anomalo. Ricordo ciò che disse Italo Allodi, il manager che mi portò al Napoli: “L’importante è parare, non conta come”»
«A volte incontro tifosi che mi dicono: “Luca, tu non sei un capitano. Tu sei il capitano”. Ma questo non scrivetelo, non voglio passare per presuntuoso»
«Calciavo con il collo del piede destro e piegavo al massimo la gamba sinistra, quella d’appoggio» «All’epoca c’era una sola sostituzione e in più ero il cambio di Claudio Sala: mannaggia a lui, non si faceva mai male…»
«Ero un giocatore normale e mi capitava di “ciabattare” sotto porta. L’errore più clamoroso? Preferisco ricordare il primo gol in A. Roma Milan 0-1 del ’74-75: segnai in rovesciata»
«Oggi una riserva si scalda con movimenti meccanici, io non sapevo cosa fare: la panchina era una novità» «Forse avrei potuto diventare un giocatore da Inter, ma non ho mai considerato il pallone il mio futuro»
«Ai Mondiali del ’66 avrei dovuto giocare io. Quel diagonale del coreano io l’avrei parato. Sicuro. Ma è vero: io non mi vendevo molto bene… Per un errore di Zoff i giornali avevano sempre giustificazioni»
«All’Inter ad inizio stagione non partivo mai nell’undici titolare ma non mi abbattevo, lavoravo sodo e riuscivo a collezionare tante presenze da titolare. Non sono stato un campione, ma la mia è stata una carriera ricca di soddisfazioni»
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