Piergiorgio Negrisolo: le occasioni perdute

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«Liedholm fu quello che mi lusingò maggiormente. Diceva che non c’era nessuno come me nel gioco senza palla. Ero bravo tatticamente e mi piaceva costruire il gioco, ma mi mancava la velocità»

Roberto Vieri: il primo emigrante

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«E pensare che Christian era un brocco. Non credevo in lui ma ora lo ammiro. Del Piero sì che sembra mio figlio» «Bernardini: un grandissimo. Ma me le dava tutte vinte. Chissà, se avessi trovato uno più severo»

Giuseppe Tomasini: lo scudetto nel distributore

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«Avevamo Manlio Scopigno, un allenatore particolare. Niente ritiri per le partite in casa. Ci ritrovavamo alle 10 del mattino al ristorante Il Corallo. Ciascuno era padrone di vivere come gli pareva»

Paolo Faccin: il piccolo Riva di Liedholm

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«In quella Roma tante diversità, ma Liedholm sapeva evitare le situazioni imbarazzanti. Con noi giovani era straordinario. Finito l’allenamento con i titolari si fermava a farci lezione»

Massimo Piloni: professione dodicesimo

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«Boniperti, il presidente dei presidenti, dichiarò ai giornalisti: il portiere del nostro domani sarà Piloni. Invece, ingaggiò Zoff e la mia carriera finì dritta in un imbuto…»

Franco Nanni: generoso ma con stile

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«Iniziai con la Juve. Che soddisfazione quando Boniperti mi disse che sul mio conto si sbagliò» «Ci esclusero dalla Coppa Campioni per una squalifica precedente perché non avevamo nessun peso»

Gianfranco Bedin: l’orgoglio del mediano

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«Il mio compito era quello di marcare l’avversario più forte, gente come Rivera, Eusebio, Pelè, Sivori…» «Ho amato e amo il calcio, per me è stato fondamentale per la crescita interiore l’educazione e il rispetto»

Valerio Spadoni: la vita è un fumetto

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«Rimpiango di aver giocato in una Roma minore, dove i buoni giocatori arrivavano solo a fine carriera, ma in un certo senso lo scudetto dell’83 è anche figlio di quelle stagioni sciagurate, e di tutti quegli errori»

Paolo Conti: il Baffo, portiere per caso

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«Ero un autodidatta, ho saltato le giovanili, venivo dalla strada e fino ai 18 anni ho giocato da centravanti. Al mondo del calcio ero solo in prestito, avrei potuto smettere quando volevo, senza l’angoscia del fallimento»

Claudio Borghi: il genio incompreso

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«Quanti litigi con Sacchi, meglio Capello per me: mi parlava tanto, credeva in me. Forse, se fosse rimasto al Milan, la mia storia sarebbe stata diversa»

Renato Copparoni: il portiere romantico

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«Il calcio mi ha dato tanto, ho giocato con campioni come Riva, Domenghini, Nené, Greatti, Cera, con Pulici, Graziani e Claudio Sala, il poeta del gol, con con Elkiaer, Di Gennaro e Verza»