L’Ascoli di Rozzi e i tre trofei anni 80

La Red Leaf Cup nel 1980, il Torneo di Capodanno l’anno dopo e la Mitropa Cup 1986: tre coppe misconosciute nel decennio d’oro dei marchigiani guidati dal presidente-padrone Costantino Rozzi.


«Nella vita non bisogna arrendersi mai. La rovina può arrivare sempre, anche in zona Cesarini. Nei momenti cioè in cui si allenta la presa. Ma perchè parliamo di successo, che in realtà non esiste? Il successo di un uomo è arrivare a fare le cose per le quali si sente portato, in cui può inventare, creare qualcosa»

Dopo aver sconfitto il Bohemians Praga nella finale della Mitropa Cup, il presidente Costantino Rozzi, indimenticabile massimo dirigente ascolano, parlò di “una tradizione che non s’interrompeva”, citando anche il Torneo di Capodanno 80/81 che l’Ascoli aveva vinto qualche anni prima battendo la Juventus. Nella decade che vide i marchigiani sempre in serie A, ad eccezione della stagione 85/86, la squadra mise in bacheca anche un terzo trofeo, la sconosciuta Red Leaf Cup, conquistata in Canada davanti a tanti emigrati italiani. Gli anni ‘80 furono per l’Ascoli l’età dell’oro.

1980: THE RED LEAF CUP

La stagione 1979-80 si era chiusa con il miglior risultato di sempre conquistato dall’Ascoli in serie A. Guidati da G.B. Fabbri, i marchigiani raggiunsero un clamoroso quinto posto, ad un passo dalla qualificazione in Coppa Uefa. Prima del rompete le righe, la società del presidente Rozzi fu invitata in Canada a rappresentare il calcio italiano nel torneo denominato The Red Leaf Cup (la “Coppa della Foglia Rossa”), organizzato dalla federazione canadese allo scopo di promuovere il calcio in Nord America.

I giocatori, reduci da una stagione molti impegnativa, manifestarono una certa ritrosia a partecipare. Costantino Rozzi li motivò, sottolineando il significato di un torneo del genere per gli emigrati italiani in Canada. Oltretutto, per l’Ascoli c’era la possibilità di accedere ad una vetrina internazionale. Il 22 giugno 1980, ad Hamilton, i bianconeri alzarono al cielo il trofeo che vide la partecipazione dei brasiliani del Botafogo, dei francesi del Nancy e degli scozzesi dei Rangers (battuti in finale per 2-0). Per l’Ascoli fu il sigillo in una stagione strepitosa.

Nel febbraio del 1980, la squadra di Fabbri era stata ricevuta, in udienza privata, da Papa Giovanni Paolo II. “Mi è dato in tal mondo di soddisfare un debito del mio venerato predecessore Paolo VI, – disse il Pontefice – il quale alcuni anni fa, all’inizio della vostra ascesa nel massimo campionato nazionale, ricevette un’analoga domanda, a cui, però, non poté dare positiva risposta per altri urgenti impegni di ministero. L’Ascoli Calcio sta sulla breccia per lo sforzo concorde dei tecnici e degli atleti – proseguì il Papa – ma anche per il fervore di una cittadinanza entusiasta e partecipe, arrivata all’onore di far parte delle compagini calcistiche di serie A e – quel che più conta – di misurarsi con esse in numerose competizioni. Non è poco davvero, se si pensa che la città, pur nobile e antica, è relativamente piccola per area e per numero di abitanti. Me ne congratulo di cuore!”.

1981: IL “CAPODANNO” A RIDOSSO DELL’ESTATE

Vincere il “Trofeo di Capodanno” disputando la finale a giugno, alle porte dell’estate. E’ quello che capitò all’Ascoli nel 1980. La Lega Calcio, di concerto con la Figc, organizzò questo torneo in occasione della sosta del campionato di serie A per l’impegno dell’Italia di Bearzot nella Copa de Oro, il Mundialito per Nazioni che si disputò in Uruguay dal 30 dicembre ’80 al 10 gennaio ‘81. Al “Torneo di Capodanno” parteciperanno tutte le compagini di serie A, suddivise in quattro gironi da quattro squadre. Le vincenti di ogni raggruppamento andavano in semifinale dopo aver giocato due incontri a testa, altra bizzarria regolamentare.

Figurina dell’Ascoli 1980/81

Il “torneo tappabuchi” si rivelò di una noia incredibile, del tutto privo d’interesse e con poche reti. Una deroga federale permise alle squadre di schierare due stranieri. Una opportunità sfruttata solo da Inter (che utilizzò lo jugoslavo Kovacevic, autore di un gol), Fiorentina (in campo con lo svedese Ronnberg) e Udinese (con l’austriaco Mirnegg, anch’egli andato a segno). L’intesa del secondo straniero con i nuovi compagni, del tutto inesistente, dimostrò l’inutilità di questo esperimento.

Nel primo girone, l’Ascoli ebbe la meglio su Avellino, Catanzaro e Napoli, qualificandosi per la semifinale dove avrebbe trovato la Fiorentina che aveva eliminato Roma, Pistoiese e Perugia. Le altre due semifinaliste furono la Juventus (che mise in riga Cagliari, Udinese e Como) ed il Bologna, primo nel quarto gruppo, comprendente anche Inter, Torino e Brescia.

Ascoli-Fiorentina venne risolta dai gol di Trevisanello e Scanziani, per i gigliati segnò Sacchetti. I marchigiani staccarono così il biglietto per la finale dove avrebbero trovato la Juventus, vittoriosa ai rigori contro il Bologna di Radice, rivelazione del campionato di A. Bettega firmò il tiro decisivo, spiazzando il portiere felsineo Boschin.

L’atto conclusivo del Trofeo di Capodanno si giocò ad Ascoli sei mesi dopo, il 14 giugno 1981. Il campionato era andato in archivio da un pezzo, con la Juventus scudetatta per la diciannovesima volta. Salvatosi all’ultima giornata, pareggiando in casa contro il Brescia, l’Ascoli sperava nel successo contro i campioni d’Italia per concludere nel modo migliore la stagione.

“Trofeo di Capodanno a giugno: che scherzo è?” si chiesero in tanti. Anche la finale richiamò pochi spettatori in tribuna: poco più di novemila i presenti, un centinaio i tifosi juventini. Il presidente della Lega, Righetti, commentò deluso: “E’ sempre più difficile riempire gli spazi morti della stagione”. L’incasso fu devoluto in beneficenza ai terremotati della Campania e della Basilicata (poco meno di 40 milioni di lire). Trapattoni chiese ai suoi di “onorare lo scudetto”. I presupposti per vedere una bella partita c’erano tutti. Nonostante il calcio d’inizio alle ore 19, il caldo soffocante si fece sentire, condizionando i ventidue in campo. Nella Juventus si misero in evidenza Brady (il migliore dei suoi) e Bettega.

Tutte le emozioni si concentrarono nella ripresa. Dopo un’occasione juventina, sventata dal portiere ascolano Pulici, la squadra di Carletto Mazzone, sospinta dal tifo del pubblico di casa, passò in vantaggio in avvio di ripresa grazie a Trevisanello, abile a sfruttare un rimpallo sulla trequarti bianconera, partire in velocità, superare Scirea e battere Dino Zoff dopo uno scambio con Moro. Venti minuti più tardi, la Juventus pareggiava con Tardelli che di testa insaccava su cross di Gentile, in acrobatico anticipo sul portiere marchigiano.

La squadra di Trapattoni ebbe un’improvvisa fiammata, sfiorando il secondo gol con Cabrini, su ottimo assist di Causio. A sei minuti dalla fine, l’arbitro Tonolini assegnava un rigore, giudicato piuttosto “generoso”, a favore degli ascolani, dopo un contatto Causio-Perico in area. Dal dischetto, Adelio Moro siglava il gol del 2-1. L’ultima fiammata fu di marca juventina ma Anzi vino quasi sulla linea di porta evitò il pareggio.

La finale fu partita vera. L’Ascoli si presentò con Pulici, Anzivino, Boldini, Bellotto, Gasparini, Perico, Trevisanello, Moro, Anastasi, Scanziani, Torrisi. Sull’altro versante, Trapattoni rispose con Zoff, Gentile, Cabrini, Furino, Brio, Scirea, Marocchino, Tardelli, Bettega, Brady e Fanna. Capitan Moro, ceduto al neopromosso Milan poche settimane dopo, alzò in aria il “Trofeo di Capodanno”, conquistato a ridosso dell’estate, davanti allo sparuto pubblico dello stadio “Del Duca”. Il Guerin Sportivo augurò ai vincitori un… buon anno. “Meglio tardi che mai” titolò il settimanale, allora guidato dalla coppia Cucci-Bortolotti.

Deludenti furono gli incassi del Torneo di Capodanno: per le diciotto partite (finale esclusa) gli introiti totali superarono appena i trecento milioni di lire, con poco meno di 79 mila presenze. L’eccezione fu la semifinale Bologna-Juventus, l’unico incontro che si disputò davanti ad un pubblico da serie A. Isolato raggio di luce del torneo in un mare di oscurità. La Federazione promise addirittura un regalo di 50 milioni di lire a squadra per “mancato guadagno”. Fu il sigillo ufficiale attestante il fallimento di una manifestazione che non ebbe seguito e che nessuno rimpianse.

Per Adelio Moro fu il miglior congedo dal pubblico ascolano dopo cinque anni giocati ad alto livello. Era arrivato ad Ascoli, nel novembre ’76, come rinforzo del mercato di riparazione, proveniente dal Verona che ebbe in cambio Logozzo. In panchina trovò Riccomini. Dopo un inizio in sordina, Moro diventò un punto fermo della squadra marchigiana. Mister Mimmo Renna, nella stagione seguente, lo responsabilizzò con la fascia di capitano, trovandogli una nuova collocazione in campo, più idonea alle sue caratteristiche. Nell’annata che sancì il ritorno in A dell’Ascoli, con un andamento da record, Moro fu uno dei protagonisti, facendosi valere anche nel massimo campionato.

1986: LA CONQUISTA DELLA MITROPA CUP

L’esordio in panchina di Ilario Castagner, che aveva preso il posto dell’esonerato Sensibile, coincise con la conquista della Mitropa Cup da parte dell’Ascoli. L’edizione 1986/87 della Coppa dell’Europa Centrale, un tempo trofeo internazionale tra i più prestigiosi, si era ridotto ad un quadrangolare, disputato ad Ascoli tra il 14 e il 16 novembre ’86. In semifinale, gli ascolani superarono 2-1 gli jugoslavi dello Spartak Subotica. Castagner osservò i suoi giocatori dalla tribuna, accanto al presidente Rozzi. In panchina andò il suo vice, Giannattasio.

Nel primo tempo, Greco (16’) e Iachini (43′) fissarono il risultato sul 2-0, sfruttando i buchi che spuntarono nell’approssimativo gioco a zona dello Spartak. Nella ripresa, l’Ascoli calò di ritmo e gli avversari ridussero le distanze con Nyari, sfiorando nel finale il clamoroso pareggio. Tra i padroni di casa si misero in evidenza i giovani Agostini, Iachini e Scarafoni. Castagner, nei commenti del dopo partita, si disse soddisfatto.

Le assenze di Brady, Perrone, Destro, Barbuti e Vincenzi non impedirono all’Ascoli di staccare il pass per la finale contro i cecoslovacchi del Bohemians Praga che avevano eliminato gli ungheresi del Vasas Budapest con un netto 3-1. In finale l’Ascoli si schierò con Pazzagli, Benedetti, Cimmino, Iachini, Trifunovic, Dell’Oglio, Bonomi, Pusceddu, Scarafoni, Greco, Barbuti.

La finale di Mitropa Cup fu risolta da un calcio di rigore, per un presunto fallo di mano dello stopper Jymich, a quattro minuti dal termine, trasformato da Bonomi con un tiro forte. Sugli spalti meno di 5000 spettatori assistettero al trionfo dell’Ascoli. I cecoslovacchi contestarono in modo veemente la decisione dell’arbitro che mostrò il cartellino rosso al difensore Zelenski per eccessive proteste. Tra i protagonisti della finale vi fu il portiere Pazzagli, autore di alcune prodezze che negarono il gol al Bohemians.

Figurine dell’Ascoli 1986/87

L’elemento di maggior spicco del Bohemians era il centrocampista Pavel Chaloupka, protagonista dello scudetto conquistato dalla squadra di Praga nel 1983, impreziosito anche dal titolo di capocannoniere. Nel girone di qualificazione ad Euro 84, Chaloupka segnò anche un gol all’Italia, nella partita contro la Cecoslovacchia disputata a Milano e conclusasi 2-2.

Il tandem offensivo cecoslovacco Valek-Micinec mise in crisi la retroguardia bianconera che schierava Trifunovic (ottima la sua prova) nel ruolo di libero, con Benedetti e Cimmino in marcatura sulle punte avversarie. Al posto di Brady (che non fece in tempo a rientrare dall’Irlanda) Greco occupò la posizione centrale, ben supportato da Iachini e Bonomi, infaticabili cursori. In attacco, Barbuti, che alla prima giornata di campionato aveva “uccellato” il Milan con un pallonetto che beffò Giovanni Galli a San Siro, fu schierato con il nazionale under 21 Scarafoni.

Nella ripresa, l’Ascoli reagì bene costringendo il portiere avversario ad una deviazione su tiro di Dell’Oglio dal limite. Sul capovolgimento di fronte, Pazzagli respinse un’altra conclusione di Valek, ben servito in profondità da Micinec. «Risultato importante – commentò alla fine Castagner – soprattutto perché fa morale. Abbiamo vinto contro una grossa squadra grazie ad un secondo tempo davvero buono. Adesso però dobbiamo pensare al campionato dove tutto sarà più difficile». L’Ascoli, infatti, navigava in acque perigliose. A fine stagione, tuttavia, arrivò la salvezza che diede alla Mitropa Cup, conquistata sei mesi prima, un sapore ancora più dolce.

Rozzi a spasso con la Mitropa Cup 1986/87

Testo di: SERGIO TACCONE, Autore di “Un biscione piccolo piccolo – 1993/94, l’Inter quasi in B vince la Coppa Uefa” (Limina, 2010) e di “Quando il Milan era un piccolo diavolo – 1980-83″ (Limina, 2009)