Cruijff e quel no ai mondiali per colpa dei banditi

Perchè Johann Cruijff non partecipò ai Mondiali argentini del 1978? Molti pensano ancora oggi che con il Papero d’Oro in campo l’Olanda avrebbe vinto… Ecco finalmente svelato il mistero.

E’ stato per trent’anni uno dei grandi misteri del football internazionale: perché Johan Cruijff, l’attaccante olandese simbolo del calcio totale, considerato il più forte calciatore europeo di tutti i tempi e il terzo del mondo dopo Pelè e Maradona, decise di non partecipare con la nazionale del suo paese ai mondiali del 1978 in Argentina?

Com’è noto, l’Olanda giunse in finale ma venne sconfitta, 3-1 ai supplementari, dai padroni di casa. E molti pensano ancora oggi che con Cruijff in campo l’Olanda avrebbe vinto. Invece perse, come aveva perduto, con Cruijff, quattro anni prima, ai mondiali del ’74 in Germania Occidentale, anche allora contro i padroni di casa. Una delle squadre più belle mai viste negli stadi del pallone non ha più avuto, in seguito, un’ altra occasione per vincere un mondiale.

Nel 1978 l’assenza di Cruijff venne attribuita a varie cause: contrasti personali con la federcalcio olandese sugli sponsor della nazionale, un gesto contro la giunta militare di estrema destra che governava l’Argentina, indebita influenza di sua moglie, Danny Coster. Lui non si era mai pronunciato pubblicamente sull’ argomento, fino ad ora, trent’anni dopo i fatti, quando ha dato finalmente la sua versione in un’ intervista a una radio catalana. Ed ecco la soluzione del mistero: «Non andai in Olanda perché qualche mese prima subii un tentativo di rapimento che cambiò per sempre la mia visione della vita, e del ruolo che in essa ha il calcio».

L’episodio risale alla fine del 1977, quando Cruijff giocava e viveva a Barcellona. Era in quel momento uno dei campioni più popolari del mondo, tre volte eletto miglior giocatore europeo, tre volte vincitore della Coppa dei Campioni con la maglia dell’ Ajax, inclusa la storica finale del 1972 contro l’Inter, un 2-0 in cui lui segnò entrambi i gol, ricordato come il momento in cui il «calcio totale» si impose sul difensivismo all’ italiana.

Il trasferimento in Spagna, nel 1973, era stato uno dei più costosi per quei tempi e attirò a quanto pare l’ attenzione della criminalità. Una sera, vari rapinatori armati penetrarono nella villa di Cruijff, legarono lui e i suoi familiari, e pretesero un riscatto. «Forse non sapete che io ebbi problemi verso la fine della mia carriera qui», ha detto testualmente il giocatore a Catalunya Radio. «Qualcuno mi puntò un fucile alla testa, legò me e mia moglie, davanti ai nostri tre bambini, nella nostra casa di Barcellona».

Cruijff riuscì a liberarsi, il rapimento fallì, ma da quel giorno la vita non gli sembrò più la stessa. «I miei figli andavano a scuola accompagnati dalla polizia», racconta nell’ intervista. «Poliziotti dormirono nella nostra casa per tre o quattro mesi. Io andavo alle partite con le guardie del corpo. Queste cose cambiano il tuo punto di vista su molte cose. Ci sono momenti in cui altri valori prendono il sopravvento. Volevamo mettere fine a quella situazione, fare una vita diversa. Pensai fosse venuto il momento di lasciare il calcio e per questo decisi di non giocare ai mondiali in Argentina».

In realtà poi Cruijff non lasciò definitivamente il calcio: ma lasciò il Barcellona e la Spagna, andando a giocare per tre anni negli Stati Uniti, dove forse si sentiva più sicuro, prima nei Los Angeles Atzec, quindi nei Washington Diplomats, per tornare poi nel 1981 in Olanda, dove giocò altre tre stagioni, nell’Ajax e nel Fejenoord, prima di ritirarsi.

Nel calcio è ritornato come allenatore, all’Ajax e al Barcellona, di nuovo con successi, culminati nella conquista della Coppa dei Campioni nel 1992 con il Barca, e tuttora, a sessant’anni suonati, rimane in contatto come consulente con i due club a cui è stato più legato nel corso della sua carriera. Gli è mancato un solo trofeo, il Mondiale, e forse avrebbe conquistato anche quello, se un tentativo di sequestro, negli anni Settanta del terrorismo in cui i rapimenti erano diventati una crudele industria, non si fosse messo di mezzo. Il suo portavoce, Joan Patsi, interpellato dal Guardian, conferma che il rapimento fu all’origine della decisione di non andare ai mondiali, citando però anche un’ altra ragione: «Johan non si sentiva al massimo della forma, mentre devi essere al 100 per cento per giocare ai mondiali». Trent’anni dopo, in ogni caso, il mistero è risolto.