Italia-CCCP: fedeli alla linea

L’Urss l’abbiamo trovata relativamente tardi, il primo match è del 1963, l’abbiamo anche battuta in due amichevoli, ma nelle circostanze ufficiali ci ha quasi regolarmente castigato.


IL REPROBO PASCUTTI

Siamo appunto nel 1963, la Nazionale italiana sta conoscendo una lusinghiera fioritura di gioco e di risultati, sotto la mano di Fabbri, che l’ha ereditata dall’infausta spedizione cilena, finita in rissa e pernacchie. Ampio rinnovamento, anche tattico, via libera a giovani talenti. L’esordio di Fabbri è stata una vittoria al Prater di Vienna, firmata da una doppietta di Ezio Pascutti.

Il primo impegno ufficiale sono gli Europei del 1964, seconda edizione del torneo continentale. Campione in carica è l’Urss e proprio i sovietici costituiscono il durissimo ostacolo sulla strada della qualificazione. Il 13 ottobre lo stadio Lenin ha centomila spettatori. L’arbitro è un polacco, Bonasiuk, che non appare un mostro di obiettività. Dopo pochi minuti il terzino Dubinski, tenete a mente il nome, sfregia con una scarpata al volto Sormani, che rientra in campo con un berretto di lana sopra le bende. Al 22’ il poderoso centravanti Ponedelnik forza la cerniera GuarneriSalvadore e porta in vantaggio i sovietici.

Mosca, 13 ottobre 1963: Gianni Rivera nell’area sovietica

Un minuto dopo Pascutti parte come una freccia in contropiede, Dubinski lo insegue e lo abbatte da dietro. Pascutti non è quel che si dice un modello di pazienza. Si rialza, va incontro al russo e gli agita i pugni sotto il naso. Quello crolla come folgorato da un diretto di Cassius Clay, il polacco ovviamente espelle Pascutti. E qui si apre una caccia alle streghe, perché la Federazione non vede l’ora di additare alla pubblica opinione il comodissimo capro espiatorio (l’Urss finisce col vincere per 2-0), squalifica Pascutti e lo bolla con parole di fuoco, sicché l’attaccante del Bologna conoscerà un lungo calvario, schernito per anni su tutti i campi d’Italia per quella colpa che ha sempre giurato di non aver commesso.

Al ritorno, a Roma il 10 novembre, i sovietici presentano in porta il grande Jascin e il ragno nero sventa un rigore calciato da Sandrino Mazzola. Ci penserà Rivera, a un minuto dal termine, a firmare un inutile pareggio, che non evita l’eliminazione.

Mazzola si fa parare il rigore da Jascin nella sfida all’Olimpico terminata 1-1

PER FABBRI ALTRO K.O.

Edmondo Fabbri, infilata una prodigiosa serie positiva, si affaccia con grandi speranze ai Mondiali del 1966. Nel girone eliminatorio, oltre alla nefasta Corea, c’è ancora l’Urss, che gli azzurri affrontano nel secondo incontro, dopo aver battuto il Cile ed essersi apparentemente già garantiti il passaggio ai quarti. Il 16 luglio a Sunderland Fabbri esclude di formazione Rivera e Barison per inserire Lodetti e (toh chi si rivede) Pascutti. La partita profuma di pareggio concordato. Ma al 57’ Cislenko anticipa Facchetti e con un diagonale non irresistibile sorprende Albertosi coperto. Jascin cala la saracinesca, l’Italia si spacca in polemiche e veleni e va incontro alla fatal Corea.

Fabbri chiude ovviamente la sua parentesi e viene sostituito inizialmente da una strana coppia, formata da Helenio Herrera, il mago dell’Inter, e da Ferruccio Valcareggi, il secondo di Fabbri, uscito dai ranghi federali e appoggiato dal presidente Franchi, a sua volta subentrato a Pasquale.

Mondiali 1966: Voronin contrastato da Burgnich e Lodetti

Il duo si presenta proprio con un’amichevole contro l’Urss, il 1° novembre di quello stesso 1966 a Milano. E in una partita che conta poco e niente, arriva finalmente il primo successo italiano, merito di un gol dello stopper Guarneri. Di lì a poco, Herrera si tirerà da parte e «Uccio» Valcareggi inizierà la sua lunga e felice gestione azzurra in solitario.

LA MONETA DI FACCHETTI

È proprio Valcareggi che conduce l’Italia al primo titolo, dopo i Mondiali di Pozzo. L’europeo del 1968, vinto in doppia finale sulla Jugoslavia, ha però un emozionante prologo. L’Italia, nella semifinale di Napoli, trova ancora l’Urss sulla propria strada. È una buona Nazionale sovietica, con Logofet, Banishevski, il futuro CT Bishovets che gioca mezzala, il capitano Scesternev, gran difensore. La partita, in uno stadio San Paolo pieno come un uovo, è bloccata dalla reciproca paura. Centoventi minuti non spostano lo zero a zero di partenza.

L’arbitro tedesco Tschenscher deve ricorrere al sorteggio (i rigori non sono stati ancora …inventati). Facchetti, il nostro capitano, è sicuro della sua buona stella. Ma la moneta, al primo lancio, cade di taglio, infilandosi in una fessura dello spogliatoio del San Paolo. Al secondo tentativo, le urla degli azzurri, che si precipitano in campo con le braccia alzate, anticipano l’esito favorevole all’Italia.

IL PUGNO DI CHINAGLIA

Si torna a Mosca l’8 giugno del 1975. Alla guida della Nazionale, uscita dal disastro dei Mondiali 1974 in Germania, c’è Fulvio Bernardini, impegnato in una totale opera di rinnovamento. L’ormai mitico «Dottor Pedata» è stato appositamente chiamato dalla Federazione affinché, con il suo indubbio carisma, possa gestire la sparizione dei senatori reduci da Messico 70. La partita, amichevole ma non troppo, suggerisce esperimenti, fra i quali un inedito attacco con due centravanti puri, Savoldi e Chinaglia.

Il match è fiacco, i sovietici lo vincono per 1-0 con un gol nella ripresa di Konkov, il loro uomo migliore è Oleg Blokhin. Al ritorno in albergo, un gruppetto di tifosi italiani contesta vivacemente i nostri giocatori, accusandoli di scarso impegno. Il più agitato ha la cattiva idea di avvicinarsi minacciosamente a Giorgio Chinaglia, che lo stende di brutto. È destino che le partite di Mosca finiscano a cazzotti.

Due fasi della sfida amichevole del giugno 1975

5 VOLTE AZEGLIO

Passano ben 13 anni prima che le maglie targate CCCP incrocino gli Azzurri. Tocca ad Azeglio Vicini assaggiare l’undici allenato da Lobanovski in un amichevole a Bari, il 20 febbraio 1988. E’ un trionfo, un 4-1 illustrato da una sensazionale doppietta di Luca Vialli, per il quale si coniano audaci paralleli con Riva. Ma qualche mese dopo, quando la partita conta, a Stoccarda per le semifinali degli Europei 88, la musica cambia. Si gioca sotto il diluvio, nel primo tempo l’Italia si mangia qualche gol facile, nella ripresa in due minuti (60’ e 62’) Litovchenko e Protasov ci rimandano a casa. Fine dell’avventura, iniziata con il pareggio di fronte ai tedeschi e le vittorie su Spagna e Danimarca.

Ripeschiamo l’Urss per le qualificazioni a Euro 1992. Il 3 novembre 1990 a Roma è uno 0-0 molto deludente, al di là delle menomazioni che affliggono la nostra Nazionale. Ancora i sovietici il 16 giugno 1991 a Stoccolma, finale del trofeo Scania. Furoreggia Lentini, l’Italia chiude 1-1 dopo 120 minuti (reti di Korneev e Giannini) e si afferma ai rigori grazie all’errore di Mostovoj.

L’ultima sfida con l’Orso sovietico, prima del disfacimento dell’Impero, risale all’ottobre 1991 quando allo stadio Lenin di Mosca l’Italia di Vicini impatta 0-0 nel match di ritorno valido per le qualificazioni a Euro 92. Fu anche l’ultima panchina di Azeglio, da tempo i rotta con il presidente Matarrese: da lì a poco sarà sostituito da Arrigo Sacchi.

DataCompetizionePartitaRis
13.10.1963Qualificazioni EuropeiURSS-Italia2-0
10.11.1963Qualificazioni EuropeiItalia-URSS1-1
16.07.1966Campionati MondialiURSS-Italia1-0
01.11.1966AmichevoleItalia-URSS1-0
05.06.1968Campionati EuropeiItalia-URSS0-0
08.06.1975AmichevoleURSS-Italia1-0
20.02.1988AmichevoleItalia-URSS4-1
22.06.1988Campionati EuropeiItalia-URSS0-2
03.11.1990Qualificazioni EuropeiItalia-URSS0-0
16.06.1991AmichevoleItalia-URSS1-1
12.10.1991Qualificazioni EuropeiURSS-Italia0-0