Film: Cruijff, il Profeta del Gol

“Il profeta del gol”, un film-documentario del 1976 scritto e diretto da Sandro Ciotti: è il ritratto di Cruijff, indimenticato campione dell’Ajax e volto emblematico di quel “calcio totale” con cui il gioco del pallone ha visto aprirsi la sua era moderna.


Il periodo raccontato da Ciotti è il biennio 1972-74, momento di massimo splendore del mito di Cruijff, che lo porterà ad aggiudicarsi due dei tre Palloni d’oro vinti in carriera (1971, 1973, 1975). L’Ajax è allenata dal rumeno Stefan Kovacs e i lanceri, conquistata ogni tipo di competizione nazionale, si affacciano alla ribalta delle platee internazionali: per questo, un breve accenno… all’antefatto della storia.

GENESI DI UN MITO

Johan Cruijff (non ‘Cruiyff’ come riportato nel titolo ufficiale del film) nasce ad Amsterdam il 25 Aprile 1947, figlio di un fruttivendolo e di una casalinga. I primi calci al pallone non li tira sui campi di gioco, ma per le strade della capitale olandese, imparando lì i primi dribbling, i primi stop, segnando i suoi primi gol. A 10 anni entra a far parte delle giovanili dell’Ajax, dove segna caterve di gol mostrando un talento fuori dal comune. Sette anni più tardi, nel 1964, è pronto per debuttare da professionista in prima squadra, realizzando il suo primo gol all’esordio in campionato. Quando il buon giorno si vede dal mattino…

L’anno ‘zero’ del mito di Johan Cruijff è il 1965: l’Ajax si trova in una preoccupante situazione di classifica e l’allora allenatore dei lanceri, l’inglese Vic Buckingham, viene esonerato. L’incarico è affidato a Rinus Michels, trentottenne ex centravanti dell’Ajax e della Nazionale olandese, futuro padre di quel ‘calcio totale’ che oltre a portare l’Ajax alla ribalta internazionale, consentirà a Cruijff di esprimere tutte quelle straordinarie qualità che lo consegneranno alla leggenda della storia del calcio.

Al suo arrivo Michels rivoluziona la squadra, proponendo un modo totalmente nuovo di interpretare il calcio e introducendo i metodi di lavoro necessari a prepararvi atleticamente i calciatori. La tradizionale “divisione del lavoro” e dei compiti tattici tra difensori, centrocampisti ed attaccanti viene superata in una concezione in cui tutti giocatori partecipano (ognuno con il suo compito e le sue zone di competenza) sia alla parte offensiva che a quella difensiva del gioco, scambiandosi spesso di posizione e alternando un elegante e organizzato possesso di palla ora a rapide verticalizzazioni quasi sempre finalizzate in gol.

Un metodo di gioco che presuppone elevatissime doti, sia tecniche che atletiche dei calciatori: per questo Michels dirige allenamenti durissimi sia nella parte tattica che in quella fisica. Per poter coprire il campo nel modo richiesto dal ‘sergente di ferro’ olandese sono necessari gambe, polmoni e testa sempre lucida: per ottenerli ci si allena duramente tutti i giorni. Non c’è più una separazione tra difesa, centrocampo ed attacco: la linea difensiva è tenuta sempre molto alta, così da mantenere la squadra compatta e consentire ai giocatori di trovarsi spesso in superiorità numerica rispetto agli avversari, avendo così sempre in mano la conduzione del gioco.

Lo sviluppo delle situazioni difensive è altrettanto corale: tutti i dieci giocatori di movimento sono coinvolti nell’azione di difesa o marcando un uomo direttamente, o esercitando un forsennato pressing sui portatori di palla, o comunque modificando la propria posizione così da mantenere la disposizione della squadra sempre uniforme. La squadra si muove come un blocco unico. La vittoria non viene più ricercata tramite isolati virtuosismi dei seppur straordinari solisti a disposizione di Michels, ma tramite un costante dominio tattico ed atletico dell’avversario, in ogni momento della partita, in ogni angolo del campo da gioco.

Nasce così quell’Ajax che in otto anni sarà capace di vincere sei scudetti, quattro coppe d’Olanda, tre Coppe dei Campioni (disputando quattro finali) e una Coppa Intercontinentale, ma che soprattutto diffonderà il verbo di una nuova interpretazione del gioco del calcio: l’Ajax del calcio totale di Michels, dei terzini Krol e Suurbier, di Neskeens, delle velocissime e tecniche ali Rep e Keizer, ma soprattutto l’Ajax di Johann Cruijff, che di quel ‘calcio totale’ è passato alla storia come ‘il profeta’.

Se Michels, prima alla guida dell’Ajax e poi della nazionale olandese, è stato il teorico, il filosofo del calcio totale, Johan Cruijff ne è stato indubbiamente l’interprete perfetto. Una delle principali caratteristiche del calcio totale era infatti proprio questa: richiedere ai suoi interpreti una totale dedizione tattica e atletica, riuscendo però a non soffocarne le doti individuali, ma al contrario esaltandole. Non a caso molti dei più grandi calciatori della storia del calcio olandese nacquero da quell’Ajax: da Krol a Neskeens, da Haan a Keizer fino alla vetta più alta, al mito di Johan Cruijff.

A differenza di molti campioni della storia del calcio, Cruijff non presentava le doti tipiche di un attaccante, o quelle di un centrocampista o di un difensore. Il suo stile era per così dire composto dall’unione di tutte e tre: avendo interpretato nella prima metà della carriera il ruolo del cosiddetto ‘centravanti di manovra’, Cruijff era dotato di uno scatto fulminante, di un’abilità nel dribbling fuori dal comune, di un tiro tanto potente quanto preciso. Allo stesso tempo però la sua visione di gioco era quella dei grandi registi (ruolo che ricoprì nella seconda parte di carriera), accompagnata da una straordinaria capacità di, quel gioco, leggerlo in anticipo, così da poter svolgere in maniera eccellente anche i compiti difensivi e di impostazione.

Il tutto era reso unico dall’unione di un’eleganza fuori dal comune, di capacità atletiche eccezionali (nonostante quei piedi ‘piatti’ che gli valsero il soprannome di “Papero d’oro”) e di una ‘razionalità’ che gli consentiva di risolvere le diverse situazioni di gioco trovando sempre soluzioni imprevedibili. Un giocatore davvero ‘totale’, capace di trovarsi al centro di ogni manovra e al tempo stesso di segnare 204 gol in 276 partite con la maglia dell’Ajax e 33 gol in 48 presenze con quella arancione della nazionale olandese, Cruijff, eguagliato nella storia del calcio solo da Michel Platini e Marco Van Basten, in carriera si aggiudicò ben 3 Palloni d’oro (1971,1973,1975), vincendo con le maglie dell’Ajax e del Barcellona 10 scudetti (9 in Olanda, 1 in Spagna), 3 Coppe dei Campioni e una Coppa Intercontinentale.

IL FILM

L’elemento forte del film non è di certo la parte storico-biografica: apparte alcune sequenza iniziali in cui la voce di Ciotti ricostruisce rapidamente l’infanzia del “piccolo Giovannino” (Ciotti dixit), Il profeta del gol non vuole essere né una ricostruzione biografica, né un resoconto storico o tantomeno statistico. Quello di Ciotti è piuttosto un racconto, nello stile di quelli con cui un padre descrive al figlio i suoi ‘campioni di gioventù’. Un racconto appassionato, fatto dell’amore si per il calcio, ma soprattutto per quella magia e quel fascino che le sue storie e i suoi personaggi portano con sè e che Sandro Ciotti ha sempre saputo raccontare con tanta intelligenza ed ironia.
Si raccontano alcune partite chiave della carriera di Cruijff (la finale di Coppa dei Campioni del 1971 contro l’Inter di Herrera, Facchetti e Mazzola; le sfide tra l’Olanda e la nostra Nazionale; la finale della Coppa del Mondo 1974 tra i tulipani e la Germania Ovest di Breitner e Muller) utilizzando bellissime riprese sia delle azioni gioco che del tifo sugli spalti, tante interviste ai più illustri rappresentanti del nostro calcio di fine anni 70 (da Rivera a Mazzola, da Valcareggi a Bulgarelli, Chinaglia, De Sisti, Ciccio Cordova, e altri).

Ma il racconto è quasi destoricizzato. Ogni partita è raccontata nella sua unicità, nel suo essere un momento irripetibile e pieno di attimi da raccontare: e nell’elemento del racconto, nello stile, nel gusto con cui questi momenti vengono raccontati sta la bellezza del film di Ciotti. Le immagini delle azioni di Cruijff analizzate spesso con moviole e fermo immagine, sono accompagnate dalle musiche originali di ispirazione jazzistica del grande Bruno Martino: imperdibili le sequenze in cui proprio una colonna sonora stile “Motown” ed un montaggio ritmato, originale ed ironico trasforma le riprese del “cigno” e compagni all’arrivo al campo di allenamento, in una sigla simile a quelle dei telefilm polizieschi anni 70 in stile Stursky & Hutch.

Il racconto della figura di Cruijff consegnatoci da Ciotti è a tratti, come detto, destoricizzato, deconte- stualizzato, ma al contempo condotto con la grande ironia ed emotività con cui Ciotti contraddistingueva ogni suo articolo, ogni suo servizio. Alla sua voce roca e al suo linguaggio sempre a metà tra cronaca e poesia (padrino di Ciotti fu nientemeno che il grande poeta romano Trilussa, grande amico di Gino Ciotti, padre di Sandro e giornalista de Il Settebello) si alterna il racconto in prima persona dello stesso Cruijff, davvero a suo agio davanti alla macchina da presa e aiutato dal suggestivo doppiaggio del mitico Ferruccio Amendola.

Ciotti lo filma, oltre che nelle tante e bellissime riprese delle sequenze di gioco, durante gli intensissimi allenamenti nel Vondelpark di Amsterdam, in un tenero e pittoresco quadretto familiare con prole e consorte, nel salotto della casa di Barcellona (dove si trasferirà a giocare nel ’73). In questo modo il ritratto di Cruijff si costruisce gradualmente, in modo equilibrato, riuscendo così, altrettanto gradualmente, a raggiungere una credibilità ed un’autenticità che risultano essere l’elemento chiave del film.

Di certo, in questo il “personaggio” Cruijff aiuta moltissimo: campione straordinario in campo, ragazzo equilibrato e semplice nel privato, contraddice il classico binomio “genio e sregolatezza”, sembrando riuscire perfettamente a scindere il primo dalla seconda.
Tutte di Ciotti invece sono la sensibilità e l’intelligenza nel trovare la chiave giusta per raccontarlo, riuscendo tanto a descriverne il funambolico gesto tecnico con belle, acute e minuziose analisi alla moviola, quanto a raccontarne la quotidianità con le testimonianze dei suoi avversari (Oriali, diretto e malcapitato marcatore di Cruijff nella Finale di Coppa Campioni del 1971, Mazzola, Rivera e Pierino Prati) o semplicemente di suoi celebri colleghi-ammiratori (da Valcareggi a Chinaglia, da Bulgarelli a Picchio De Sisti).

Il profeta del gol, anticipando tra l’altro la formula narrativa di Sfide (il programma tv in onda sulla Rai dal 1999), è un ritratto bello, coinvolgente, efficace nel disegnare la figura di Cruijff, riuscendo ad accostare quellautenticità e quella credibilità di cui abbiamo parlato, ad elementi più specificatamente narrativi tanto “semplici” quanto raffinati ed efficaci – dalleloquio fluido e straordinariamente comunicativo di Ciotti (che sa tanto di domeniche pomeriggio passate con la radiolina all’orecchio, di quegli “scusa Ameri, scusa Ameri” e di Tutto il calcio minuto per minuto!), alle belle composizioni originali di Bruno Martino, che a cavallo tra il jazz e la grande tradizione dei compositori italiani ‘di cinema’ alla Trovajoli e alla Piccioni, ne costruiscono la colonna sonora.

Testo di Luca Santarelli

LA SCHEDA DEL FILM

TitoloIl Profeta del Gol
RegiaSandro Ciotti
Durata110′
PaeseItalia
Anno1976
MusicheBruno Martino
MontaggioGiorgio Pelliccia
CastJohan Cruijff, Giacinto Facchetti, Sandro Mazzola, Gianni Rivera, Francesco Rocca, Franco Cordova, Antonio Juliano